Anno 2039: l’Italia naviga nel benessere, c’è piena occupazione e la nuova generazione è grata a quelli che, vent’anni prima, hanno gettato le basi per un avvenire roseo. Inizia così, con un video surreale e forte, l’assemblea 2019 di Confindustria. “Abbiamo voluto iniziare con un video che parla dell’Italia che troverà fra vent’anni un bambino che nasce oggi, 22 maggio 2019. Quell’Italia dipenderà dalle scelte che faremo noi, adesso. Dalle politiche economiche che avremo avviato e dai cambiamenti culturali che tutta la società italiana – istituzioni pubbliche, cittadini, imprese – avrà deciso di promuovere”, esordisce subito dopo il presidente, un ispirato Vincenzo Boccia. “Noi vogliamo essere il futuro che immaginiamo”, dice.
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L’orgoglio e l’affondo
La prima parte del discorso di Boccia è l’orgoglio di essere Italia. “Siamo uno dei pochi paesi al mondo che sa fare tutto, produce tutto: possiamo vantare una manifattura – seconda in Europa e settima al mondo per valore aggiunto – con l’offerta tra le più diversificate, che si posiziona, da almeno un decennio, tra i migliori esportatori, dove l’andamento della produttività, se letto con la dovuta attenzione, restituisce un quadro meno pessimista di quanto non venga comunemente dipinto. Le statistiche ci dicono, anche, che l’industria italiana è la più virtuosa d’Europa, superando quella tedesca quanto a minor utilizzo di input energetici, minor impiego di materia, minore intensità di emissioni di Co2, minore produzione di rifiuti e loro maggior recupero. Siamo campioni dell’economia circolare. Per l’industria italiana la sostenibilità è un fattore di competitività: le imprese sono un alleato strategico per vincere le sfide ambientali e sociali sia in Italia che in Europa”.
Ma Boccia non nasconde le preoccupazioni per i giovani, per quei ragazzi che, tra vent’anni, ci ringrazieranno o ci malediranno. “Creiamo le condizioni per un grande piano di inclusione giovani che offra loro possibilità di crescita professionale adeguata alle competenze”, dice. E parte l’affondo: “Queste competenze vanno però costruite: è grave che in un Paese manifatturiero come l’Italia, dove ancora è alta la distanza tra domanda e offerta di lavoro, gli Istituti Tecnici Superiori non siano sufficientemente promossi e finanziati. Se la Germania forma 800 mila tecnici l’anno e noi 10 mila, non saremo mai quel Paese che immaginiamo tra 20 anni. E l’università è sparita totalmente dal dibattito pubblico, come se questo non riguardasse la crescita e la tenuta economico-sociale del Paese”.
Ecco perché serve la “politica dei fini”. “Dalla politica dei fattori ci siamo mossi verso la politica dei fini, che abbiamo sintetizzato nel documento presentato a febbraio dello scorso anno alle Assise di Verona. Più lavoro, più crescita e meno debito pubblico restano gli obiettivi che una sana politica economica deve saper perseguire. Con gli ultimi due, più crescita e meno debito, come precondizioni per raggiungere il primo: più lavoro, a partire dai giovani, la vera priorità nazionale ed europea”.
Il rapporto con il Governo
Sui rapporti degli industriali con il Governo, mai stati così altalenanti come in questa legislatura, Boccia mette i paletti, rimarcando come in Viale dell’Astronomia si giudichino i fatti e non pregiudizialmente le idee. Un esempio? “Oggi su Decreto Crescita e Sblocca cantieri diciamo che siamo sulla strada giusta. Abbiamo compreso tutti che la questione sociale e la questione economica e della crescita vanno affrontate insieme, che non c’è un tempo per l’una e un tempo per l’altra, ma che la crescita diventa lo strumento per la riduzione e l’eliminazione dei divari tra persone e tra territori”.
Poi la frase che fa scattare il primo lungo applauso della platea: “Le nostre idee sono solide, radicate, trasparenti. Se gli attori della politica convergono, noi lo riconosciamo. Quando se ne allontanano, lo sottolineiamo. Perché non siamo né maggioranza, né opposizione. Né popolari, né socialisti o populisti. Siamo Italiani, siamo imprenditori, siamo Confindustria”.
Lo scenario internazionale non aiuta
Negli ultimi mesi lo scenario geopolitico internazionale sta cambiando e questo sta avendo impatti sull’economia: “Ci sono turbolenze e incertezze che non aiutano a fare scelte di investimento di lungo periodo. Il rallentamento dell’economia dell’Eurozona, in particolare, non ci sta favorendo. La frenata della Germania, il nostro primo mercato di sbocco, ha un impatto diretto e rilevante per molti settori e territori. Guardando ad esempio alle tre grandi regioni del nord – Veneto, Lombardia e Piemonte – circa il 25 per cento del valore aggiunto manifatturiero è esportato in Germania: un bene su quattro di quelli prodotti. È evidente che non possiamo gioire di un rallentamento tedesco, anzi. La politica commerciale americana ha determinato nel 2018 un calo degli scambi internazionali e rischia di segnare negativamente anche questo 2019”.
Tutto questo, affonda Boccia, si inserisce in un contesto di crescita piatta. “Il Paese non riparte con lo slancio dovuto, necessario, che è alla nostra portata, che ci meritiamo”.
Parte delle colpe sono, naturalmente, della Politica: “Le parole di chi governa non sono mai neutre: influenzano le decisioni di investitori, imprenditori, famiglie. Le parole che producono sfiducia sono contro l’interesse nazionale”.
Crescita e stabilità per l’Europa che verrà
Mancano pochi giorni a domenica 26 maggio, il giorno delle elezioni per il Parlamento Europeo. “L’Europa è un gigante economico” dice Boccia. “In un futuro non molto lontano, tuttavia, nessun singolo Paese d’Europa farà più parte delle prime economie del mondo, mentre l’Europa unita sarà ancora tra i protagonisti delle scelte politiche ed economiche che influiranno sulla vita delle nostre popolazioni. Il gigante economico, che come Unione già siamo, deve assumere la forza del gigante politico per fronteggiare le sfide che verranno”.
All’Europa si deve applicare lo stesso schema concettuale che vale anche per l’Italia. Uno schema che Boccia chiama “politica dei fini, per un’Europa luogo ideale per i giovani e il lavoro, che punti alla piena occupazione, che metta al centro l’attività d’impresa, attraverso investimenti sulla competitività e su una massiccia dotazione infrastrutturale transnazionale. Se condividiamo questi obiettivi occorre cambiare paradigma di pensiero, individuare le misure necessarie, le risorse e poi intervenire sui saldi di bilancio. E non, invece, intervenire sui saldi prescindendo dagli effetti sull’economia reale. Questo vuol dire trasformare il Patto di Stabilità e Crescita in Patto di Crescita e Stabilità. Perché solo attraverso la crescita è possibile garantire stabilità”.
La visione degli industriali quindi è chiara: “Per noi la via è una sola: un’Europa più coesa e forte che possa competere alla pari con giganti come Cina e Stati Uniti”. Questa Europa serve all’Italia. “E se qualcuno pensa il contrario deve dimostrare che esiste un modo credibile di difendere l’interesse nazionale italiano in un contesto diverso”.
Boccia: “Puntiamo a un debito a tassi spagnoli e a una crescita a tassi francesi”
Sulla politica economica Boccia è realista: “Dobbiamo dirci con franchezza che non ci sono scelte semplici o indolori con la prossima legge di bilancio. Se l’Italia volesse rispettare alla lettera le regole europee previste dal Patto di Stabilità e Crescita, dovrebbe fare una manovra strutturale per il 2020 da almeno 32 miliardi di euro: una manovra imponente, con effetti recessivi. Non è ancora chiaro come evitare l’aumento dell’Iva e introdurre la flat tax, come afferma di voler fare il Governo”.
E allora? “Servono responsabilità e ragionevolezza. È necessario individuare un mix di interventi che riduca deficit e debito rassicurando i mercati finanziari senza compromettere la crescita. Farlo è cruciale: se il rendimento dei titoli di Stato italiani si abbassasse al livello di quelli spagnoli (circa 150 punti base in meno) già il prossimo anno si potrebbero risparmiare 5 miliardi di euro in spesa per interessi. Se la crescita raggiungesse il livello francese, ecco che il debito pubblico scenderebbe automaticamente. Tassi spagnoli e crescita francese sono obiettivi a portata di mano per la prossima Manovra di bilancio. Costruiamo insieme un piano triennale – credibile e ambizioso allo stesso tempo – che ci permetta di trattare con i partner europei un aggiustamento graduale, serio e strutturale, affiancato a misure per sostenere la difficile fase congiunturale. Affrontiamo in modo non ideologico il nodo risorse, mettiamo il debito pubblico su un sentiero discendente e la crescita su un sentiero ascendente”.
Le proposte concrete
Boccia poi mette giù una serie di proposte concrete eccone alcune:
- raddoppiare in tre anni il numero degli ITS.
- tagliare i tempi della giustizia, investendo sulle persone, sulle tecnologie, sull’organizzazione.
- lavorare con Cassa Depositi e Prestiti per consentire alle Pubbliche Amministrazioni di pagare i debiti verso le imprese
- avviare una spending review di legislatura con meccanismi premiali per i funzionari che generano efficienza
- rendere strutturale il credito imposta per gli investimenti al Sud.
E poi c’è il nodo dell’equità: “Eliminiamo il dumping contrattuale con una legge sulla rappresentanza per individuare con certezza quale sia il contratto collettivo da prendere a riferimento per la retribuzione giusta. Per le imprese virtuose che applicano un contratto collettivo nazionale di riferimento prevediamo la detassazione e la decontribuzione totale dei premi di risultato stipulati dalla contrattazione aziendale”.
Infine “accettiamo la sfida della sostenibilità, investendo ancora di più sull’economia circolare e sull’efficienza energetica, mobilitando risorse pubbliche e private e puntando su una tassazione premiale a sostegno di questi investimenti”.