“Ridateci il superammortamento!”. Se non dovesse cambiare, il meccanismo della cosiddetta mini Ires, così come è stato configurato nella bozza del disegno di legge di bilancio, sarebbe letteralmente un bluff che rischia di far rimpiangere il buon vecchio superammortamento, anche nella sua misura ridotta al 130%. Vediamo perché con un esempio su un nuovo investimento di 100.000 euro in un bene ammortizzabile in 4, 5 o 8 anni.
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La mini Ires
La normativa prevista nella bozza del disegno di legge di bilancio prevede che:
“A decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 il reddito complessivo netto dichiarato dalle società e dagli enti indicati nell’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, può essere assoggettato all’aliquota di cui all’articolo 77 del medesimo testo unico, ridotta di nove punti percentuali, per la parte corrispondente agli utili del periodo d’imposta precedente, conseguiti nell’esercizio di attività commerciali, accantonati a riserve diverse da quelle non disponibili, nei limiti dell’importo corrispondente alla somma: a) degli investimenti effettuati in beni strumentali materiali nuovi di cui all’articolo 102 del citato testo unico; b) del costo del personale dipendente assunto con contratto a tempo determinato o indeterminato”.
Successivamente si spiega che
“Per ciascun periodo d’imposta l’ammontare degli investimenti è determinato in base all’importo degli ammortamenti dei beni strumentali materiali nuovi deducibili a norma dell’articolo 102 del testo unico delle imposte sui redditi, nei limiti dell’incremento del costo complessivo fiscalmente riconosciuto di tutti i beni strumentali materiali ad eccezione di quelli di cui al periodo precedente, assunto al lordo delle quote di ammortamento dei beni strumentali materiali nuovi dedotte nell’esercizio, rispetto al costo complessivo fiscalmente riconosciuto di tutti i beni strumentali materiali ad eccezione di quelli di cui al periodo precedente, assunto al netto delle relative quote di ammortamento dedotte, del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018″
L’esempio: benefici nell’ordine dell’1%
Nel caso quindi di nuovi investimenti per 100.000 euro, per esempio un macchinario con coefficiente di ammortamento al 25%, il risparmio è del 9% (applicazione dell’Ires al 15% invece che al 24%) ma solo sulla quota di ammortamento del primo anno, che come è noto è pari al 50% della normale quota di ammortamento. I 100.000 euro vanno infatti ammortizzati per 12.500 euro il primo anno, 25.000 euro per tutti gli anni dal secondo al quarto e per 12.500 per il quinto anno. Il beneficio diventa quindi il 9% di 12.500 euro, 1.125 euro, pari all’1,1% del costo dell’investimento.
Se il coefficiente di ammortamento fosse il 20%, il beneficio sarebbe appena di 900 euro, pari allo 0,9% del valore dell’investimento. E se il coefficiente di ammortamento fosse il 12,5%, il beneficio sarebbe 562,50 euro, pari allo 0,56%.
Si noti quindi che si tratta di benefici che spettano soltanto se si aumenta il costo complessivo fiscalmente riconosciuto di tutti i beni strumentali (e quindi il vantaggio diminuisce in caso di cessioni di beni strumentali ancora in ammortamento). Inoltre l’incentivo vale soltanto per il primo anno di ammortamento e il suo valore come percentuale dell’investimento diminuisce all’aumentare del periodo di ammortamento del bene.
Il superammortamento valeva (sempre) il 7,2%
L’attuale superammortamento, che era diminuito nel 2018 dal 140% al 130%, resta in ogni caso molto più conveniente.
Nel caso dell’esempio, con il coefficiente al 25% c’è un risparmio di 900 euro il primo anno, 1.800 euro all’anno per tre anni e altri 900 euro il quinto anno, arrivando a incidere complessivamente per il 7,2% sul costo dell’investimento.
Nel caso del coefficiente al 20% il risparmio è 720 euro il primo anno, 1.440 dal secondo al quinto e 720 al sesto per un totale sempre pari a 7.200 euro.
Il beneficio complessivo è quindi sempre maggiore e non dipende dalla lunghezza dell’ammortamento.