Un’impresa ogni due, per la precisione il 48,7% tra quelle operanti nei comparti industria e servizi con oltre 10 addetti, ha introdotto innovazioni nel periodo 2014-2016: una quota in aumento di 4 punti percentuali rispetto agli anni 2012-2014. A renderlo noto il report dell’Istat “Innovazione delle imprese” che ha fatto il punto della situazione per gli anni 2014-2016 con un inchiesta, svolta nel periodo luglio-novembre 2017 e basata su 21.127 risposte validate.
Secondo i dati la propensione innovativa è in netta ripresa fra le piccole e medie imprese, con un aumento di 4,3 punti percentuali per le prime e 3,4 punti per le seconde, mentre è in lieve calo nelle grandi imprese che, con l’81,8% scendono di 1,5 punti percentuali, per effetto di un ridimensionamento nei servizi passato dal 76,9% al 72,2%.
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L’industria è capofila, per tre imprese su quattro innovazione di prodotto o processo
Ad avere la maggiore propensione verso l’innovazione è l’industria, che aumenta il proprio “peso” di 7 punti rispetto al triennio precedente posizionandosi al 57,1%. L’innovazione è un aspetto centrale nelle scelte strategiche aziendali per la stragrande maggioranza delle grandi imprese industriali (91,8%).
Nel periodo analizzato dall’Istat, tre quarti delle imprese innovatrici (73,3%) hanno introdotto innovazioni di prodotto o processo mentre il 21,8% ha effettuato soltanto forme di innovazione più “soft” con attività organizzative e di marketing, non collegate alle tecnologie, mentre un restante 4,9% ha proseguito attività innovative non ancora portate a termine entro il 2016.
Si conferma anche la tendenza all’innovazione integrata, sopratutto nelle grandi imprese, con un il 53,2% delle aziende con attività innovative che ha sviluppato nuovi prodotti e, contestualmente, innovazioni organizzative o di marketing; il 50,2% delle imprese innovatrici in senso stretto ha innovato sia i prodotti sia i processi produttivi.
Elettronica e chimica guidano la classifica delle imprese più innovative
Le imprese più innovative si ritrovano nei settore dell’elettronica, della chimica e farmaceutica (3 su 4 innovano nel chimico e farmaceutico e oltre il 90% nell’elettronica), ma anche nei settori della produzione di apparecchiature elettriche, macchinari e mezzi di trasporto e in quelli più tradizionali, come alimentari e bevande, nella gomma e materie plastiche, nella carta e stampa e nella metallurgia.
I settori del legno, della lavorazione di minerali non metalliferi e gli articoli in pelle esprimono minore propensione ad innovare, sebbene in alcuni casi (+7,6 punti percentuali nel settore della pelle) si registri una sensibile ripresa degli investimenti in innovazione. Un altro settore tradizionale che ha manifestato un importante recupero è l’abbigliamento e articoli di pelle con un tasso di innovazione pari al 45,9%.
Anche a livello settoriale, si rilevano comportamenti fortemente differenziati: i settori dove si registra la più alta percentuale di imprese con innovazioni di prodotto e processo (oltre due terzi delle innovatrici) sono la fabbricazione di autoveicoli nell’industria e le assicurazioni nei servizi.
Più orientati alla sola innovazione di processo (oltre il 40% delle innovatrici) sono i settori ad elevate economie di scala (fornitura di acqua e gestione dei rifiuti, fabbricazione di coke) e quelli maturi (metallurgia e produzione di prodotti in metallo), mentre tra i settori che scelgono più frequentemente di investire in nuovi prodotti senza innovare i processi vi sono quelli a più alta intensità di conoscenza (R&S, elettronica e informatica).
Aumenta la spesa per l’innovazione
Secondo i dati raccolti dall’Istat, nel 2016 la spesa per le attività innovative di prodotto o di processo è stata in media di 7.800 euro per addetto, in sensibile crescita rispetto al 2014, quando era a 6.200 euro. Una crescita che interessa tutti i settori, a partire dall’industria, che si conferma al primo posto con 9.600 euro per addetto contro gli 8.000 del 2014, ai servizi (6.000 euro contro i precedenti 4.300) e, infine, alle costruzioni (4.900 euro per addetto contro i 2.800 del 2014).
Nel 2016 le imprese con almeno 10 addetti hanno investito complessivamente 30,6 miliardi di euro per l’innovazione. In dettaglio, nell’industria i valori di spesa più elevati si registrano nella fabbricazione di altri mezzi di trasporto (34.800 euro), nell’industria farmaceutica (22.400 euro) e nella fabbricazione di autoveicoli (18.700 euro). Nei servizi, invece, la maggiore spesa per addetto è sostenuta dalla Ricerca e Sviluppo (69.700 euro), dalle telecomunicazioni (26.100 euro) e dalla produzione di software e informatica (14.700 euro)
Crescono gli investimenti in ricerca e sviluppo, aumenta l’accesso agli incentivi
Nel 2016, nei processi di innovazione delle imprese cresce la componente di ricerca e sviluppo e, in generale, degli investimenti in capitale intangibile con un aumento di 6,7 punti.
Il 31,7% delle imprese innovatrici in senso stretto ha dichiarato di aver beneficiato di incentivi pubblici nel triennio 2014-2016, in sensibile aumento rispetto al periodo precedente (+8,1 punti percentuali). Il settore che più frequentemente utilizza il supporto pubblico è l’industria: le imprese beneficiarie sono il 39,1% contro il 23,3% nelle costruzioni e il 20,5% nei servizi
In calo lo sviluppo di nuovi prodotti e diminuisce la cooperazione tra imprese
Una quota consistente di imprese (37,8% delle innovatrici), ma con una tendenza alla diminuzione (-2,2 punti percentuali rispetto al 2012-2014), sviluppa prodotti ‘nuovi per il mercato’. Ancora più marcato è il calo di imprese innovatrici che hanno introdotto prodotti ‘nuovi per il mercato internazionale’ (14,5% e -4,8 punti percentuali rispetto al 2012-2014).
Si riduce la propensione alla cooperazione nei processi di innovazione: nel triennio 2014-2016 il 13,6% delle imprese innovatrici in senso stretto ha stipulato accordi di cooperazione per l’innovazione contro il 19,8% del periodo precedente. Resta contenuta, ma stabile nel tempo, la quota di imprese che cooperano con partner stranieri (4,3%).