L’ultima bozza del decreto dignità, che è passata in serata al vaglio del Consiglio dei Ministri, si presenta profondamente rinnovata rispetto a quella di cui vi abbiamo dato conto negli scorsi giorni. Cambia, in particolare, il testo dell’articolo 6 relativo al “recupero del beneficio dell’iper ammortamento in caso di cessione o delocalizzazione degli investimenti”.
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La nuova “condizione” territoriale
Il “nuovo” articolo 6 si apre stabilendo, al comma 1, una esplicita nuova “condizione” alla normativa sull’iperammortamento introdotta con la legge di bilancio 2016 e successive modificazioni e recita così:
L’iper ammortamento di cui al comma 9 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 e successive proroghe, spetta a condizione che i beni agevolabili siano destinati a strutture produttive situate nel territorio dello Stato.
Chi delocalizza restituisce l’incentivo, ma niente interessi
La prima versione della bozza appariva particolarmente punitiva. Lì si prevedeva che chi cedesse i beni agevolati o li trasferisse in strutture situate all’estero dovesse restituire i benefici fiscali riconosciuti per un importo “pari alle maggiorazioni delle quote di ammortamento complessivamente dedotte nei precedenti periodi d’imposta, senza applicazione di sanzioni, oltre gli interessi dovuti”.
La nuova versione dell’articolo 6 tiene ferma la revoca del beneficio goduto, ma non prevede più l’obbligo di corrispondere gli interessi. Il testo del comma 2 recita infatti così:
Se nel corso del periodo di fruizione della maggiorazione del costo i beni agevolati vengono ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all’estero, anche se appartenenti alla stessa impresa, si procede al recupero dei benefici fiscali riconosciuti. Il recupero avviene attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile del periodo d’imposta in cui si verifica la cessione a titolo oneroso o la delocalizzazione degli investimenti agevolati per un importo pari alle maggiorazioni delle quote di ammortamento complessivamente dedotte nei precedenti periodi d’imposta, senza applicazione di sanzioni e interessi.
Regole nuove già da quest’anno
Le nuove regole valgono già dal 2018. Lo prevede esplicitamente il terzo comma, che prevede che la “condizione” di destinare i beni a strutture produttive residenti in Italia scatti già dall’attuale periodo d’imposta. Il meccanismo del recupero del beneficio, per ovvie ragioni, non potrà essere retroattivo e varrà quindi per delocalizzazioni e cessioni avvenute dal giorno successivo all’entrata in vigore del decreto.
In deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, la disposizione del comma 1 si applica al periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto legge. Il recupero dei benefici fiscali previsto dal comma 2 si applica alle operazioni di cessione o di delocalizzazione dei beni agevolati effettuate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto legge
Eccezione confermata per le sostituzioni
Il nuovo testo del decreto conferma che la “sanzione” della revoca del beneficio non si applicherà al caso di cessione del bene con sostituzione con uno di valore pari o superiore, anche in caso di delocalizzazione. Cambia però la lettera del provvedimento che, al quarto comma, ora prevede quanto segue:
Le disposizioni dei commi 2 e 3 non si applicano nel caso in cui ricorrano le condizioni per l’applicazione delle disposizioni introdotte dall’articolo 1, commi 35 e 36, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, che devono, pertanto, intendersi estese anche alla fattispecie della delocalizzazione dei beni agevolati.