Quattro mosse, per sostenere lo sviluppo e l’economia del Paese. A indicare la strada da seguire a un’Italia che resta fanalino di coda nell’Unione Europea per crescita del Prodotto interno lordo (stimata per il 2018 dal governo a +1,2%) sono gli imprenditori e industriali italiani. Che, da sempre, vorrebbero competere sui mercati internazionali con alle spalle una situazione interna più favorevole. Lo hanno fatto in una nota del Centro Studi di Confindustria, che ha individuato, e propone, “quattro direzioni essenziali per la politica economica italiana, che possano impattare positivamente sul Pil e sulle scelte degli investitori”.
Ecco le mosse da realizzare, secondo gli industriali:
- rafforzare le misure di sostegno alle imprese, per intervenire su investimenti, costo del lavoro e formazione;
- realizzare un grande piano per le infrastrutture materiali e immateriali, con progetti e risorse dedicati;
- avviare una riforma fiscale per imprese e famiglie;
- realizzare anche, e finalmente, una revisione efficace della spesa pubblica, l’ormai mitica Spending Review.
Il Centro Studi di Confindustria in pratica presenta così un piano strategico per riempire di energia nuova il motore economico del Paese, piano che coincide poi anche con le richieste e i “desideri” che gli industriali sperano di vedere accolti, almeno in parte, nella Manovra del governo per il 2019.
“Le azioni individuate, nel loro insieme, tendono principalmente a stimolare gli investimenti, sia pubblici sia privati”, rilevano gli analisti di Confindustria. “Questo tipo di misure, infatti, può stimolare meglio la crescita anche sul medio termine e contribuire all’aumento della sostenibilità dei conti pubblici. Misure che vanno pensate non singolarmente, ma tutte insieme, tenendo conto delle ricadute che ciascuna può avere sulle altre e, quindi, sull’economia italiana”.
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Centro Studi di Confindustria: “Serve una svolta, ecco come”
Lo scenario nazionale e internazionale, del resto, genera più di una preoccupazione per il futuro. Innanzitutto, si assottiglia la crescita dell’Italia: il Centro Studi Confindustria stima una crescita del Pil italiano in rallentamento all’1,1% nel 2018, e allo 0,9% nel 2019, rispetto all’1,6% registrato nel 2017.
E sono molti i fattori che stanno influenzando negativamente la performance dell’economia: l’euro forte che rende meno convenienti i prodotti europei; il rallentamento della crescita in diverse economie del Vecchio continente; l’incertezza legata alla politica commerciale americana; le turbolenze su importanti Paesi emergenti e di sbocco per l’Export italiano, come Turchia e Argentina. Ma anche il progressivo aumento dei tassi di interesse come conseguenza della fine del programma di acquisto straordinario di Titoli di Stato da parte della Banca Centrale Europea, guidata da Mario Draghi.
E sulla nuova manovra di bilancio del governo Lega-Cinque Stelle interventi, effetti e conseguenze sono – secondo il Centro Studi Confindustria, più che mai controversi e per molti aspetti ancora imponderabili. Un’opinione non del tutto isolata: finora infatti i conti e i progetti contenuti nella prossima legge di bilancio hanno incassato una fitta serie di veti e riserve, da quelli di Bruxelles fino a quelli arrivati anche ieri da Banca d’Italia, Istat e Ufficio parlamentare di Bilancio, che alla Manovra rimproverano scarsa chiarezza delle prospettive e coperture traballanti.
“La crescita rallenta, le tensioni nazionali e internazionali possono portarci verso un quadro peggiore. La politica economica italiana deve essere orientata a invertire questa tendenza, ed è possibile farlo”, rimarcano gli industriali. “Si possono fare manovre moderatamente espansive, in questo e nei prossimi anni, attraverso azioni chiare per la crescita: nuove infrastrutture, sostegno all’internazionalizzazione e all’innovazione delle imprese. E poi è tempo per una profonda riforma fiscale, ma va accompagnata da una Spending Review di Legislatura”.
Sostenere imprese e innovazione
Per gli industriali non c’è scelta: bisogna continuare a sostenere l’innovazione tecnologica e l’internazionalizzazione. E sottolineano: “il forte coinvolgimento delle imprese verso il Piano Nazionale Industria 4.0 e il Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy è un importante segnale in vista della prossima Legge di bilancio, che dovrà fornire risposte su continuazione e potenziamento di questi strumenti, su un orizzonte pluriennale. Sia la sfida digitale sia quella dell’internazionalizzazione richiedono anche per il futuro un impegno a supporto delle imprese”.
C’è poi la nota dolente degli investimenti. L’Italia ha accumulato, dall’inizio della crisi nel 2008, un notevole ritardo di investimenti, pubblici e privati. Gli investimenti pubblici in infrastrutture nel Paese sono scesi ad appena 16 miliardi di euro nel 2017, da 29 nel 2009, un calo molto più marcato di quello del Pil.
“Il Paese deve avviare subito un significativo piano di investimenti in infrastrutture materiali e immateriali, oltre che in capitale umano e ricerca”, è il monito degli imprenditori delle fabbriche, che fanno notare: “un grande piano di investimenti ha più senso ora che i tassi di interesse sono ancora bassi. Un piano con progetti e risorse ben definiti potrebbe essere accolto con favore dai mercati e dall’Ue, contribuendo a contenere lo Spread sovrano e, quindi, il costo degli stessi investimenti”.
Secondo il Centro Studi di Confindustria, bisogna concentrarsi sulla realizzazione di reti di trasporto, di telecomunicazione, energetiche, sulla logistica, selezionando attentamente i progetti in base a efficacia e ritorni economici. Si può iniziare da: miglioramento dei collegamenti ferroviari di porti e aeroporti; completamento di banda ultralarga e comunicazioni mobili 5G; grandi opere come Tav e Tap.
Due modi per trovare più soldi
Per fare tutto ciò, sono cruciali le risorse pubbliche. Oltre agli spazi che si possono creare in Bilancio con la Spending Review, si individuano due possibilità di finanziamento: una Golden Rule europea straordinaria e temporanea, operativa da subito, vale a dire un principio di reciprocità che consenta ai vari Paesi maggiore flessibilità sui vincoli di Bilancio, e un’attenuazione della linea dell’Austerity, tanto cara alla Germania. E l’emissione di Eurobond per la crescita, più di lungo termine. Oltre a ciò, si potrebbero recuperare risorse dal bilancio europeo, riallocando parte dei fondi di coesione, europei e nazionali, su investimenti prioritari per la competitività. Si devono poi mobilitare risorse private, anche in partnership con lo Stato.
E vanno sciolti i nodi della macchina pubblica, per aumentare l’impatto degli investimenti in infrastrutture sulla crescita: “bisogna ridurre il potere di veto delle Regioni sui grandi investimenti” propongono gli industriali, “migliorare le procedure amministrative, proseguendo sulla strada della riforma Madia; creare una Commissione per monitorare il completamento delle opere”.
Le tasse da cambiare
Il sistema fiscale italiano presenta molte criticità: elevata pressione fiscale; elevato carico fiscale sul lavoro e basso sui consumi; alta evasione fiscale e contributiva; complessità del sistema impositivo.
Gli industriali italiani promuovono quindi l’avvio di un’ampia riforma, partendo dall’Irpef, l’imposta sul reddito personale, “la tassa che più di tutte presenta rilevanti criticità. In particolare, l’irrazionalità del suo sistema impositivo”.
Secondo le stime di Confindustria, poi, è molto improbabile che il passaggio a una “quasi-Flat Tax”, come quella prospettata dal governo Conte, “si autofinanzi con le entrare della maggiore crescita indotta”. Anche per questo, “una riforma fiscale deve essere ben definita e annunciata fin dall’inizio, ma necessariamente attuata con gradualità”. E, per finanziare la conseguente perdita di gettito, “è necessario recuperare risorse da una seria Spending Review e dalla riduzione dell’evasione fiscale”.
La Spending Review nell’oroscopo del Paese
Visti i tanti obiettivi di politica economica che il Paese deve inseguire, e le risorse scarse a disposizione per raggiungerli, per i capitani dell’Industria “la revisione della spesa pubblica è una priorità”. Ma, secondo gli industriali, una vera revisione della spesa pubblica deve avere due obiettivi: “più efficienza dei servizi pubblici, e la diminuzione dei servizi offerti dal settore pubblico, laddove possano efficacemente essere forniti dal mercato”. Quindi, privatizzare.
E la Roadmap per il successo della Spending Review è: fissare chiari obiettivi politici; individuare obiettivi pluriennali per le amministrazioni centrali e decentrate; avere un forte coinvolgimento delle amministrazioni di spesa; imporre l’adozione del modello di Spending Review agli enti territoriali. Ma anche, individuare sistemi per incentivare le amministrazioni virtuose, e assicurare trasparenza, in modo che cittadini e imprese possano valutare azioni e risultati.
La ricetta degli industriali, per curare la bassa pressione dell’economia italiana prima che diventi collasso, è pronta. Ora si può iniziare a scommettere su quanti e quali di questi “quattro punti” dalla lista dei desideri passeranno in quella degli obiettivi raggiunti.