Un vero e proprio bagno di realismo che, in una campagna elettorale iniziata sotto i peggiori auspici del populismo, rappresenta – strano a dirlo – una boccata d’aria. È questo che emerge dalla lettura dall’articolo firmato congiuntamente dal Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda e da Marco Bentivogli, il Segretario della Fim Cisl, pubblicato oggi sul Sole 24 Ore. Una proposta di Piano per l’Italia che ha suscitato il plauso del Ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan, del Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, di Confindustria, di parte del mondo sindacale e delle forze politiche.
Calenda-Bentivogli è una “strana coppia” che poi tanto strana non è: i due hanno avuto ben più di un’occasione per conoscersi nel corso di questi anni, non ultimo in occasione della penosa vicenda Ilva, nella quale hanno mostrato caparbietà e determinazione alla ricerca di una soluzione che fosse nell’interesse dei lavoratori e del Paese. Non stupisce quindi l’emergere di affinità elettive tra due persone che, pur nei distinti ruoli che ricoprivano, hanno sempre manifestato una certa inclinazione al “fare”. Il nome di Calenda resterà negli anni legato a quel piano Industria 4.0 – poi impresa 4.0 – che ha ridato fiato agli investimenti in beni strumentali. Marco Bentivogli, invece, lo ha dimostrato in mille battaglie contro il neo-luddismo e le tecno-fobie. Ne hanno avuto una prova anche i lettori di questa testata che hanno potuto leggerne il pensiero nel corso di una recente intervista.
Una “ricetta” basata su competenze, impresa e lavoro
“L’unica strada percorribile è quella di continuare a muoversi lungo il “sentiero stretto” percorso in questa legislatura ovvero riduzione del deficit, aumento di Pil e inflazione”. È la prima scottante verità che Calenda-Bentivogli sbattono in faccia al lettore nelle prime righe del loro intervento. Ma come? Contro la facile retorica dell’abolire, i due pensano che “la parola d’ordine debba essere “costruire” un futuro fondato su tre pilastri: Competenze, Impresa, Lavoro”.
Occorre, spiegano, “una politica industriale e del lavoro non retorica” che parta da quanto di buono è stato fatto in questi anni per fronteggiare le “fragilità” del Paese.
Per le PMI bisogna rifinanziare il Fondo Centrale di Garanzia e sostenere lo sviluppo di competenze 4.0, investendo sugli ITS, sul rafforzamento dei Competence Center e rendendo strutturale il credito di imposta alla formazione 4.0.
Per l’occupazione occorre un nuovo “patto per la fabbrica” basato sulla contrattazione territoriale. Non mancano poi i riferimenti ai necessari interventi strutturali: dal tema della Strategia Energetica Nazionale, della Banda Larga, fino al supporto all’internazionalizzazione.
“Non esiste sviluppo, reddito e benessere senza investimenti, imprese e lavoro“, chiosano i due. Buona lettura!