Una manovra in chiaroscuro che se, da un lato, conferma alcune misure in continuità con quelle del precedente governo, dall’altro depotenzia alcune delle politiche e degli strumenti di Industria 4.0, che avevano dato ottimi risultati. Misure che andrebbero, invece, confermate ampliandone il perimetro, continuando a garantire strumenti, come il credito di imposta per gli investimenti al sud, che hanno contribuito contribuito alla ripresa di impianti e attrezzature.
Sono questi alcuni dei punti chiave, per quello che riguarda le tematiche dell’innovazione, dell’audizione di Vincenzo Boccia, Presidente di Confindustria, alle commissioni congiunte Bilancio di Camera e Senato. Un incontro nel quale il rappresentante degli industriali ha riferito sulla legge di bilancio evidenziando tutte le criticità. In questo articolo ci soffermiamo sulla parte centrale della relazione di Boccia, legata agli investimenti privati e alle misure di incentivo per l’industria.
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Continuità per Industria 4.0: una richiesta ascoltata solo in parte
“Sembra venir meno – spiega Boccia – il riferimento rappresentato dal Piano Industria 4.0, che di fatto viene depotenziato, nonostante sia stato, negli ultimi anni, una chiave di ammodernamento del nostro sistema produttivo, agendo su fattori trasversali di competitività e non su singoli settori, e premiando le imprese che investono secondo criteri automatici, senza intermediazioni politico-burocratiche”.
Nella sua relazione il Presidente ha voluto ricordare i risultati raggiunti negli ultimi anni, dal 2013 al 2017, che hanno portato a un +11% di investimenti privati in macchinari e attrezzature e a un +56% in ricerca e sviluppo. “Abbiamo chiesto di dare continuità alle politiche e agli strumenti del Piano Industria 4.0 – ha spiegato – chiarendone l’applicabilità anche ai servizi in cloud e a quelli di cybersecurity, così come è essenziale garantire stabilità nel tempo al credito d’imposta per gli investimenti al Sud, che ha contribuito alla ripresa degli acquisti di impianti e attrezzature, con istanze accolte per oltre 2 miliardi, investimenti attivati per 6,5 e crediti già compensati per oltre 1,5”.
“Apprezziamo la scelta del Governo di aver dato, seppur solo in parte, continuità al Piano Industria 4.0 che resta un progetto strategico per il Paese. In particolare, riteniamo positiva la proroga di un anno delle agevolazioni relative agli investimenti in beni materiali ed immateriali di Industria 4.0 e il meccanismo di decalage in funzione del volume degli investimenti, che risponde alla logica di incentivare maggiormente gli investimenti delle PMI.
Tuttavia “manca ancora una visione giuridica e regolatoria ampia, che tenga in considerazione le nuove modalità di produzione e la sempre più rapida evoluzione tecnologica dei macchinari. Ad esempio, i beni ad elevata tecnologia elencati nell’allegato A alla Legge di Bilancio 2017 sono, ormai, comunemente adoperati dalle nostre imprese, mentre le tabelle dei coefficienti di ammortamento “fiscali”, che risalgono al 1988, non ne tengono conto”.
Inoltre, sostiene Boccia, “se da un lato si stanziano risorse per lo sviluppo delle tecnologie di Intelligenza Artificiale, Blockchain e IoT, oltre che per la partecipazione ai progetti europei sulla microelettronica, nessun cenno è dedicato ai Compentence Center (che del Piano 4.0 rappresentano un tassello essenziale) e al ruolo di quella Cabina di Regia che, attraverso il confronto tra attori pubblici e privati, ha svolto e può ancora svolgere un ruolo determinante nel processo di rinnovamento del nostro sistema produttivo”.
Bene la conferma dell’iperammortamento
Per quanto riguarda l’iperammortamento, la proroga dell’incentivo per le acquisizioni di beni materiali nuovi destinati alla trasformazione tecnologica e digitale in chiave Industria 4.0, seppur con alcune rilevanti differenze, soddisfa Confindustria.
In luogo della sola maggiorazione attualmente vigente, pari al 150%, si introduce una differenziazione dell’agevolazione inversamente proporzionale al volume degli investimenti effettuati. Secondo la nuova disciplina, la maggiorazione del costo di acquisizione si applicherà nella misura del 150% per investimenti fino a 2,5 milioni di euro, per poi decrescere al 100% per gli investimenti compresi tra 2,5 e 10 milioni di euro e al 50 per cento per investimenti compresi tra i 10 e i 20 milioni. Nessuna maggiorazione, invece, per gli investimenti eccedenti i 20 milioni di euro.
Mancano gli incentivi al software in Cloud
Nel piano 4.0, però, non manca qualche incongruenza. Ad esempio l’incentivo sui beni immateriali, di fatto, non si presta ad essere applicato a modalità di utilizzo dei software differenti dall’acquisto in licenza d’uso. “Pur essendo inclusi nelle norme vigenti, restano fuori dall’agevolazione i modelli di distribuzione e di utilizzo di software più moderni come il Software as a Service, che fa leva sullo sviluppo del cloud computing consentendo l’accesso in remoto al software da parte delle imprese a fronte di un canone di utilizzo”.
La fine del super-ammortamento potrebbe scoraggiare anche l’innovazione 4.0
Per il Presidente di Confindustria quindi desta preoccupazione la mancata proroga del super-ammortamento che ha costituito un apprezzabile “paracadute” anche per le imprese che, pur avendo effettuato consistenti investimenti in beni 4.0 non hanno potuto fruire della maggiorazione del 150%, perché non avevano completato il processo di trasformazione digitale dei loro impianti produttivi e non hanno realizzato l’interconnessione. “Non possiamo escludere che la mancata proroga di questo incentivo “alternativo”, pur se ridotto, possa scoraggiare le PMI dall’effettuare investimenti in beni 4.0 nell’incertezza di riuscire a completare il processo di interconnessione, condizione per fruire dell’iper-ammortamento”, ha detto.
La mini-Ires è troppo complessa
Il venir meno del super-ammortamento non è compensato dalla controversa agevolazione della mini-Ires per gli utili reinvestiti in beni strumentali e assunzioni. “Evidenziamo, in proposito, che la cosiddetta mini-Ires potrebbe avere un impatto tra lo 0,6% e l’1% del costo dei beni acquistati, contro il 7,2% del superammortamento al 30%”, sottolinea Boccia.
Un errore non prorogare il credito d’imposta per la Formazione 4.0
In relazione al credito d’imposta formazione 4.0,”è evidente che la diffusione delle competenze digitali in azienda è la variabile chiave per ampliare i benefici di 4.0, anche quando la stagione degli incentivi agli acquisti dovrà considerarsi chiusa. Per questo, segnaliamo che se la priorità è ampliare il numero di imprese che innovano, specie PMI, dotandole delle competenze necessarie alla definizione di progetti 4.0 e facendo delle risorse umane la leva strategica per vincere la sfida digitale, occorre estendere la durata di questo incentivo per almeno 2 anni”.
“Rileviamo che il ritardo nell’emanazione del decreto attuativo e l’assenza, a oggi, di chiarimenti ufficiali da parte dell’Amministrazione finanziaria sul suo utilizzo ha di fatto precluso alle imprese il ricorso a questo incentivo, in vigore per il solo 2018: si renderebbe pertanto opportuna la proroga della misura, almeno per due anni. Peraltro, nella consapevolezza del carattere strategico dell’incentivo, siamo fermamente contrari ad eventuali ipotesi di confluenza dell’agevolazione per la formazione nel regime della “mini-Ires”, che risulta particolarmente complicato”.
Credito d’imposta Ricerca e Sviluppo
Vengono apportate consistenti modifiche alla disciplina del credito di imposta per ricerca e sviluppo.
In particolare la manovra interviene, in senso peggiorativo, sulla aliquota del credito di imposta R&S, attualmente fissata al 50% degli investimenti incrementali rispetto al triennio 2012-2014, portandola al 25% per alcune tipologie di spesa. L’aliquota del 50% resta applicabile solo agli investimenti relativi a personale dipendente e contratti con università ed enti di ricerca, start-up e PMI innovative. Inoltre, è ridotto da 20 a 10 milioni, per ciascun beneficiario, l’importo massimo annuale di credito spettante.
Valutata positivamente, invece, l’inclusione, tra gli investimenti agevolabili, anche di materiali e prodotti analoghi utilizzati nell’attività di ricerca, precedentemente esclusi dal perimetro dell’incentivo. Tuttavia, tali miglioramenti non sono idonei ad assorbire i tagli disposti all’incentivo, che ha dato ottimi risultati in termini di aumenti degli investimenti privati (+56% negli anni 2013-2017).
L’Innovation Manager
Secondo Boccia “è positiva l’introduzione di un contributo in forma di voucher per consentire alle imprese, specie più piccole e anche se unite da un contratto di rete, di avvalersi di temporary manager che le supportino nei processi di digitalizzazione e riorganizzazione”. Tuttavia, “per rendere davvero efficace la misura, ampliando la platea delle imprese beneficiarie, lo stanziamento di 25 milioni di euro andrebbe almeno raddoppiato”.
Ulteriori interventi per l’innovazione tecnologica
La manovra prevede uno stanziamento per la partecipazione italiana al Progetto di Interesse Comune Europeo (IPCEI) sulla microelettronica, con una dotazione di 50 milioni di euro per il 2019 e 2020, di 60 milioni il 2021 e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024. “La misura è positiva – commenta Boccia – in quanto si tratta di un progetto che coinvolge la filiera delle imprese italiane e che inserisce l’Italia nei grandi progetti che si stanno definendo a livello europeo”.
Per obiettivi di politica economica e industriale, anche connessi al programma Industria 4.0, viene istituito un fondo per finanziare progetti di R&I e Trasferimento tecnologico sui temi dell’Intelligenza Artificiale, blockchain e Internet of things: 15 milioni all’anno nel 2019, 2020 e 2021. Il Fondo ha lo scopo di perseguire obiettivi di politica economica ed industriale, connessi anche al programma Industria 4.0, nonché di accrescere la competitività e la produttività del sistema economico.
Sugli stessi temi (sviluppo del Wi-Fi e tecnologie emergenti), si ricorda che il CIPE, nella seduta del 25 ottobre 2018, ha assegnato 100 milioni di euro. Inoltre, il Fondo può essere integrato con risorse private ed è sottoposto alla vigilanza del Mise. Si ritiene necessario che nell’attività di gestione del Fondo venga assicurato un forte collegamento con il MIUR, anche al fine di garantirne efficienza ed efficacia.