Come cambia l’approccio al mercato delle aziende manifatturiere? A parlare di servitizzazione e dei nuovi paradigmi nel rapporto cliente-fornitore, in una delle tavole rotonde dell’Industry 4.0 360 Summit, sono stati Federico Adrodegari, dell’Università degli Studi di Brescia, Stefano Butti di Servitly, Jacopo Cassina di Holonix e Giorgio Torresani di Accenture.
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I servizi ampliano l’offerta verso il cliente
L’impresa intelligente, come evidenziato da Federico Adrodegari, non è solo fatta di tecnologie avanzate e macchinari connessi ma implica una allargamento degli orizzonti. Non a caso il laboratorio nel quale lavora il professor Adrodegari si chiama RISE – Research and innovation for smarter enterprise, nel quale la parola smart implica digitalizzazione, sostenibilità e servitizzazione. Si tratta di temi che sono trattati da 20 anni, insieme ad altre università, e che hanno subito un grande impulso grazie all’evoluzione del digitale.
I servizi erano considerati come un male necessario perché si era concentrati più sulla transazione del prodotto che sui servizi ma le cose sono molto cambiate: “la servitizzazione appare come come soluzione alle difficoltà nei margini e negli approvvigionamenti causati da crisi globali e competizione sempre più accesa. Si avverte uno spostamento dalla transazione alla relazione con il cliente, con un orizzonte che si allarga dalla vendita alla gestione del ciclo di vita del prodotto. Il cliente è ormai una risorsa perché dà feedback e dati utili: il servizio offre quindi modelli di business basati su un ventaglio di offerte molto più ampio, che si sposta dal supporto al prodotto al supporto al cliente e ai suoi processi produttivi”.
L’esplosione tecnologica al fianco della servitizzazione
Nel corso della tavola rotonda è emerso che la digitalizzazione non è per forza abbinata alla servitizzazione: Adrodegari ha a questo proposito ricordato che proposte di prodotto-servizio risalgono agli anni ‘60 del secolo scorso. È indiscutibile però che il digitale e l’industria 4.0 stiano democratizzando la servitizzazione “avvicinandola anche alle piccole aziende. Esse abilitano l’innovazione e migliorano l’efficienza, arrivando per esempio alla Predictive maintenance. Tecnologie quali IoT, Cloud, realtà aumentata e virtuale abilitano la servitizzazione digitale consentendo di ripensare la manutenzione, come dimostrato nel periodo della pandemia”.
Si è anche messo in evidenza come la servitizzazione migliori anche la Circular economy: i servizi di manutenzione, eventualmente predittiva, ottimizzano per esempio l’uso delle risorse e prolungano la vita del prodotto. Modelli As a Service, Pay per X e simili rivoluzionano l’offerta delle aziende e portano a un ripensamento dei prodotti per renderli manutenibili con più facilità. Questo anche perché la ridefinizione dei modelli prevede noleggio, vendita in più cicli e la gestione del fine vita, che diventa anch’essa servizio.
Il cambio del punto di vista
La connettività e i dati sono stati visti dall’end user del macchinario, nell’ottica dell’Industria 4.0, come portatori di vantaggi ma dal punto di vista del costruttore della macchina stessa queste tecnologie si possono trasformare in servizi a valore aggiunto. L’idea è rendere più efficiente la fabbrica di altri, non la propria: Servitly, come espresso da Stefano Butti, nasce con l’obiettivo di sfruttare le tecnologie IoT, i dati e le informazioni che si ricavano dal punto di vista del costruttore della macchina.
Il software che permette di fare questo non è lo stesso che viene invece viene utilizzato dall’end user: il manufacturer ha bisogno di informazioni più complete. Secondo Butti “ occorre ripensare proprio il ruolo dei costruttori delle macchine. Gli OEM hanno oggi una grande opportunità, quella di combinare i dati delle macchine che hanno venduto con il loro Know-how, prima ancora di evocare il machine learning, per trasformarlo in automatismi, software e tutto quello che in informatica chiamiamo ‘sistema esperto’”.
Questa può essere una nuova fonte di competitività perché “il tema fondamentale è quello di differenziarsi: è uno sforzo che stiamo cercando di compiere con i nostri partner e clienti ancor prima di una nostra eventuale offerta. Monitorare una macchina non è più un fattore competitivo: che cosa vi distingue dai vostri competitor? Servitly sta cercando di dare una tecnologia abilitante che però non sia la stessa per tutti: ogni manufacturer può mettere il suo know-how, aggiungendo conoscenza e sapienza in una combinazione che poi può fare la differenza sul mercato”.
I principi in base ai quali la servitizzazione sta evolvendo
La servitizzazione è quindi al centro di cambiamenti non solo dal punto di vista di chi se ne avvale ma anche di chi la implementa: in questo senso essa si configura contemporaneamente come causa ed effetto della mutazione. La trasformazione portata dalla servitizzazione ha molto di culturale: il service management è sempre esistito (per scelta e/o necessità) ma era orientato prevalentemente alla gestione/conservazione/performance degli asset.
Oggi chi propone la servitizzazione, secondo Giorgio Torresani, “non è più autoreferenziato ma pensa al business outcome del suo cliente. Possiamo individuare tre ‘assi’ lungo i quali essa si sta sviluppando, con il primo che prevede ‘Everithing as a service’, un’espansione dei servizi – con il filo conduttore del business del cliente visto in maniera olistica – che possono anche arrivare all’integrazione con macchine non prodotte da me. C’è poi la qualità, che va vista anche in ottica end-to-end, la crescita dei talenti, compresi quelli in forza al cliente, e poi le operations, per le quali si è valutato anche un ‘cambio formato’ che aumenti flessibilità e personalizzabilità dei prodotti.
I dati e l’ecosistema
Il secondo asse riguarda la relazione con il cliente, che per esempio può passare dalla vendita alla disponibilità di un bene. Una tendenza importante è quella che vede “il tipo di scambio non necessariamente di tipo classico – macchina per denaro – ma dato per dato: ci sono già contratti impostati nel senso del ‘io ti do un bene che genera dei dati, questi dati migliorano i miei e i tuoi processi’. Il terzo versante è quello dell’ecosistema: il rapporto non può più essere biunivoco cliente – fornitore ma si estende ad altri soggetti perché nessuno può far tutto, occorre instaurare una ‘piattaforma’ di servizi (e anche degli oggetti che fanno parte) che possa interagire con quello che è un ecosistema. È comunque importante che l’OEM proponga non un semplice abbonamento ma, per l’appunto, un ecosistema, del quale sarà l’orchestratore, che dà più valore e quindi non appare come un aumento di prezzo”.
L’importanza della collaborazione
Il concetto dell’ecosistema non è astratto ma è già stato implementato in casi reali e dei concetti sono apparsi evidenti, il più importante dei quali è probabilmente il fatto che occorre aprirsi a una contaminazione di idee e progetti. Lo stanno capendo aziende di settori, dimensioni e nazionalità differenti, che sempre più tendono a creare delle alleanze focalizzate sull’innovazione e orientate a garantire benefici che arrivino a tutti gli attori coinvolti. Ne ha parlato Jacopo Cassina, CEO di Holonix, una spinoff del Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano.
La servitizzazione è servita per esempio a Ferrari: una piattaforma sviluppata nell’ambito di Horizon 2020 è stata utilizzata dai suoi ingegneri per sviluppare l’esperienza utente e migliorare il design dell’auto. L’obiettivo era sviluppare un’offerta arricchita sia nel prodotto sia nel servizio e, spiegano da Maranello, il continuo scambio di dati tra le vetture dei clienti e il design e l’ingegnerizzazione sta dando una panoramica inedita e utile a migliorare le performance. Il passaggio è “dai servizi punto-a-punto alla data economy. Le soluzioni che offriamo implementano servizi data driven e strutturati e sono veloci e con un ridotto investimento iniziale. Un suggerimento che ci sentiamo di dare è non aspettare di avere un progetto superdettagliato ma provare e ‘sporcarsi le mani’: i miglioramenti arriveranno con l’esperienza. Abbiamo capito l’importanza di una servitizzazione creata sui dati e l’offerta di servizi basati su esperienze raccolte sul campo”.
Precursori e inseguitori
I business as-a-service si stanno diffondendo in molti settori: il brand di elettrodomestici Haier, per esempio, sta pubblicizzando lavatrici pay per wash. Si stratta di precursori mentre gli inseguitori nascono magari sotto la spinta dell’emulazione ma poi pensano di affiancarsi e sorpassare chi si è mosso per primo.
Stefano Butti crede nei software e fa l’esempio di quelli “ERP e CRM: nati da un’intuizione si sono poi trovati quasi a dettare le regole. Un buon software può generare servizi validi più di quanto non fosse immaginato dalle aziende al momento della sua adozione. Servitly sta lavorando a un sistema che integri tutto, per esempio i dati dalle macchine che arrivino all’OEM per suggerire e implementare nuovi servizi. Riteniamo che esso possa aiutare le aziende a concentrarsi sul valore aggiunto, creando consapevolezza senza le difficoltà dell’elaborazione dei dati. Il passaggio verso i servizi richiede ‘coraggio’ e questo può arrivare dai dati: una volta connesse le macchine ci si rende conto di come sia possibile avere una visione d’assieme e questo dà tranquillità. Il tutto va, ancora una volta, inquadrato nel concetto di ecosistema già enunciato”.
I nuovi paradigmi della servitizzazione
Una nuova prospettiva aperta dalla servitizzazione è la gestione del ciclo di vita delle macchine, che possono rimanere attive per 15/20 anni e più. Poter essere proattivi in questo lungo periodo è possibile solo avendo i dati e digitalizzando tutti gli aspetti del comportamento di quell’oggetto.
Viene spontaneo pensare ai Digital Twin ma secondo Giorgio Torresani “questo non basta perché il macchinario in questione è inserito in un processo, portando così al Digital Thread, che è a sua volta inserito in un ambito più grande. La servitizzazione sarà così un potente boost per il metaverso industriale che non è quello dei social network ma che si connota in senso collaborativo e simulativo, potendo quindi prevedere eventi futuri”. Una capability in questo senso sarà fondamentale per rimanere sul mercato e occorrerà il coraggio di capire che la digitalizzazione della parte ingegneristica è parallela all’integrazione della parte ingegneristica con il resto del mondo”.
Dai dati all’ecosistema
Uno dei tanti ecosistemi citati può essere quello dei dati: in Europa si parla molto di ecosistemi di imprese e di dati, abilitatori della data Economy un aspetto molto importante della quale sono i Data Space. Si tratta di ambienti virtuali basati su standard che permettono lo scambio di dati in modo organizzato, conservandone la sovranità, ossia gestendo il fatto che ognuno rimane proprietario del proprio dato. Si tratta di un ambiente ideale per sviluppare servizi perché, come già visto, è difficile fare tutto in casa e quindi occorre utilizzare le competenze di tutto un ecosistema. Il risultato, come detto da Jacopo Cassina, è “un Marketplace dei dati dove chi può fare dei servizi basati su di essi li può acquisire e gestire previa approvazione di chi li produce. I fattori chiave sono gli standard, in Europa ma anche a livello mondiale, e quello emergente in Europa è International Data Space, con Holonix che ne fa parte sin dalla sua emanazione 7 anni fa”.
Si potranno così lanciare scambi di dati fra gli utilizzatori, i produttori di macchine, quelli dei componenti e i fornitori di servizi. Attualmente sono 14 le aziende che stanno collaborando a questo Data Space, che è in fase di prima demo. UCIMU è l’Authority di controllo mentre Holonix affianca le aziende per guidarle nell’ingresso del database, nell’acquisizione dei dati e nella gestione complessiva.
Servitizzazione e sostenibilità, c’è un legame?
Il mondo della servitizzazione è quindi multiforme e flessibile, interessando molti aspetti della ‘vita aziendale’. Il passo successivo può essere l’interrogarsi sull’esistenza di un link fra questa evoluzione tecnologica e produttiva e la sempre più pressante esigenza di aumentare la sostenibilità, in senso esteso, dell’attività aziendale.
Stefano Butti, per esempio, ritiene che la servitizzazione debba “veicolare nuovo valore, non può essere solo il passaggio da una vendita a un noleggio. In questo quadro la sostenibilità può portare valore aggiunto perché ha cura delle macchine e aumenta l’efficienza complessiva”. Giorgio Torresani ribalta il concetto e parla di “sostenibilità per la servitizzazione. Abbiamo assistito a un picco nella servitisation seguito da un periodo di rallentamento: l’attuale ripresa di questa tematica è da imputare proprio al suo ruolo nella sostenibilità. Basta pensare al fatto che circa il 95% delle emissioni viene prodotto durante il funzionamento della macchina ed quindi inutile cercare miglioramenti nella fase costruttiva della macchina stessa. L’economia circolare allunga poi il ciclo di vita delle macchine: il produttore preferirebbe venderne di nuove ma, vista la sempre minore praticabilità di questo modello, la servitizzazione, compreso il fine vita, è la via per fronteggiare questa sfida di mercato”.
Sostenibilità è anche massimizzazione del rendimento
Sustainability è una parola che va presa in senso esteso perché la minimizzazione dell’impatto ambientale implica una riduzione delle ‘perdite interne’ in termini di (costosi) sprechi di materiali ed energia: questa ottimizzazione vede nella servitizzazione un fattore abilitante. Jacopo Cassina porta l’esempio dell’iniziativa “Data for Zero: il dato generato dalla macchina in opera viene usato dal produttore per creare degli algoritmi di AI in grado di supportare gli operatori oppure fornire dati direttamente al PLC di controllo. Lo scopo è raggiungere lo stato zero defect, eliminando quindi i pezzi scartati: questo è un interessante servizio offerto dal produttore del macchinario che taglia i costi dell’end user e migliora la sostenibilità economica e ambientale del processo”.
Un altro esempio si riferisce al Level Up ed è focalizzato sulla relazione tra il produttore di macchinari e gli utilizzatori nella gestione del revamping delle macchine industriali. Vengono usate “sia soluzioni tecnologieche sia protocolli che guidino alle scelte di revamping ottimali. I vantaggi sono notevoli per il produttore, che vende un servizio e fidelizza il cliente, mentre l’utilizzatore risparmia rispetto all’acquisto di una macchina nuova; anche la sostenibilità ovviamente ne guadagna”.
Questi esempi sono un assaggio delle soluzioni che avranno sempre più importanza in un futuro che probabilmente vedrà una crescente importanza del revamping e del second hand market e quindi saperlo gestire con protocolli e tecnologie sarà fondamentale.
L’audio in podcast
Qui di seguito l’audio della sessione in podcast