In Italia la qualità del prodotto è sempre stata fatta innanzitutto da artigiani e PMI, che sono alla base del successo anche delle grandi imprese del Made in Italy, dalla moda al design alla meccanica.
Ma mentre in passato – e per decenni – questo successo è stato determinato da una forte dose di competenze specifiche e di “fiuto” imprenditoriale, con minore rilevanza della tecnologia, la sfida che ora le imprese e il Paese devono vincere è quella di mettere insieme capitale umano adeguato e strumenti innovativi. Perché l’imprenditorialità e l’innovazione si devono guidare, ma per farlo è fondamentale che le PMI colgano le opportunità offerte dal digitale.
Il seminario ‘Imprenditorialità, innovazione ed ecosistemi locali di sviluppo’, organizzato a Milano dall’Ocse e la sua piattaforma internazionale di formazione Eecole (Entrepreneurship Education Collaboration and Engagement), in collaborazione con Apa Confartigianato Milano, Monza e Brianza, e con la Fondazione Germozzi Onlus, ha analizzato queste tematiche dopo aver fatto tappa a New York, una culla per le startup innovative ma al tempo stesso una metropoli piena di negozi con le saracinesche abbassate, e prima del prossimo appuntamento a Toronto, che negli ultimi anni è diventata un esempio di sviluppo innovativo.
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Competenze e capitale umano fanno la differenza
“Competenze e capitale umano possono e devono fare la differenza sul territorio e nei territori”, rimarca Paolo Manfredi, responsabile per la Transizione digitale di Confartigianato Imprese, e direttore del Digital innovation hub Milano, Monza e Brianza di Confartigianato.
Che sottolinea: “per creare innovazione e nuovo sviluppo, il problema e la questione ‘numero uno’ da affrontare è il capitale umano”, mentre “si sta creando una frattura generazionale, economica e sociale che va ricomposta, lavorando sul capitale umano, ricostruendo le condizioni perché questo valore non sia sprecato, e realizzando eco-sistemi di sviluppo locale”.
Da anni si parla molto di eco-sistemi, di fare eco-sistemi, ma non è un concetto astratto o inflazionato, tutt’altro: è la necessità e il vantaggio di mettere insieme risorse, capacità, competenze, progetti, a livello locale e territoriale, per dare un risultato maggiore, a volte molto maggiore, di quanto sarebbe agendo in maniera scollegata e ognuno per conto proprio. Come l’imprenditoria e la manifattura italiane hanno fatto per tanti anni in passato, ma erano altri tempi, un’altra epoca, sotto tutti i punti di vista.
Nuovi eco-sistemi imprenditoriali
E su nuovi ‘eco-sistemi imprenditoriali’ vuole puntare anche l’Ocse (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), che arriva a riunire 38 Paesi, ormai non più solo quelli più sviluppati e industrializzati, ma anche molti altri con un recente passato meno importante dal punto di vista economico e produttivo.
L’Ocse ha creato la piattaforma internazionale Eecole per promuovere le nuove competenze imprenditoriali. Ma “non ci sono più Best practice da copiare e imitare, non abbiamo più le risposte del passato, per cui è necessaria una mobilitazione generale”, rileva Raffaele Trapasso, dirigente di Eecole Ocse. L’imprenditorialità e il successo imprenditoriale “non sono più basati sulla competizione pura”, fa notare il manager italiano che lavora a Parigi, “ma su politiche e azioni miste che comprendono anche collaborazione, condivisione, sostenibilità, integrazione”, di risorse, metodi e obiettivi.
L’imprenditore è il risultato di un territorio
Trapasso sottolinea: “l’imprenditore non è più l’eroe shumpeteriano, che porta il nuovo e soppianta il vecchio con le sue capacità dirompenti, ma è, o può essere, sempre più l’espressione e il risultato di un sistema, di un movimento di crescita e innovazione, di un territorio”. È il frutto di un territorio e delle politiche e azioni che vengono fatte in quel territorio. Ecco la nuova importanza dell’eco-sistema, perché “l’imprenditorialità si può guidare, e va guidata”, all’interno di un contesto adeguato, organizzato, coordinato; bisogna “trasformare l’imprenditorialità in una politica di eco-sistema”.
In questo quadro, Milano e la Lombardia hanno le condizioni e le carte in regola “per essere il fulcro di un sistema territoriale innovativo e proficuo che va da Torino a Venezia, che comprende una fascia molto più ampia di territorio, capitale umano, risorse”, spiega il manager di Eecole Ocse: “Milano e l’intera regione lombarda sono un luogo dove si possono sperimentare attività e progetti di eco-sistema, a patto che si esca da un ambito ristretto per arrivare a comprendere un’area molto più vasta”, ma al tempo stesso, “anziché pensare per settori di attività, bisogna pensare per filiere e per catene di fornitura”.
Prendere decisioni e agire subito
Con che tempi? “Subito”, sprona Stefano Micelli, docente dell’Università Ca’ Foscari a Venezia e fondatore dello spin-off Upskill 4.0: “il confronto è utile e proficuo, ma non abbiamo più il tempo per conversare e basta, dobbiamo prendere decisioni e agire, c’è un’urgenza straordinaria, bisogna fare subito, adesso”.
Come fare? Occorre “ripensare il rapporto tra innovazione e formazione, va ripensato, ma al rialzo, non al ribasso; bisogna sovrapporre i due processi con metodologie di apprendimento attivo, come ad esempio il design thinking”, spiega Micelli, e poi “bisogna combinare forme di intelligenza diverse e complementari, come quella umana e quella artificiale; occorre promuovere l’incontro tra generazioni diverse, in modo che ognuno possa dare il proprio contributo”.
Attivare molti progetti sui territori
Il docente universitario e imprenditore, nonché consulente per istituzioni e grandi imprese, mette anche in evidenza: “ampi segmenti del tessuto delle PMI italiane sono lasciati senza un adeguato sostegno”, mentre per innovare e formare adeguatamente “occorre coinvolgere molti attori e operatori nelle trasformazioni in atto, tra cui Università, scuole professionali, ITS, business school”, con la necessità di “operare su grandi numeri, su decine di migliaia di progetti, a un costo che è una frazione minima del valore mosso dal PNRR”.
E a proposito di PNRR, “ne occorrerebbe uno dedicato alle PMI, all’artigianato, ai territori”, che per decenni sono stati il motore dell’economia, del lavoro e dell’imprenditorialità del Paese, e ora in scenari e prospettive molto diversi dal passato devono necessariamente unire e valorizzare le competenze artigianali e del territorio con quelle del Digitale e dell’innovazione.
La piattaforma per la formazione Eecole dell’Ocse
L’Ocse ha creato la piattaforma internazionale Eecole per promuovere le competenze imprenditoriali, con cui s’intende “la capacità degli individui di trasformare idee in prodotti e servizi sostenibili e di gestire il cambiamento, indipendentemente dalla titolarità delle organizzazioni in cui gli essi operano”, spiega Trapasso.
Tra gli obiettivi di Eecole c’è innanzitutto la democratizzazione e diffusione delle competenze imprenditoriali come elemento fondamentale per accelerare i processi di innovazione a tutti i livelli. Al momento, l’educazione imprenditoriale è spesso immaginata per start-upper in tecnologia avanzate e digitali. L’idea è quella di connettere ricerca di base e innovazione attraverso l’imprenditorialità.
Upskill 4.0, lo spin-off di Ca’ Foscari
Upskill 4.0 è uno spin-off di Università Ca’ Foscari Venezia, costituito come startup innovativa e come società benefit. Punta a favorire la creazione di ecosistemi dell’innovazione a partire dalla valorizzazione del mondo della formazione tecnica superiore e del saper fare delle imprese italiane.
Con l’utilizzo della metodologia del design thinking, studenti e imprese intraprendono percorsi di sperimentazione sui temi di Industria 4.0, mettendo in campo un nuovo approccio ai contesti d’uso della tecnologia attraverso il potenziamento delle soft skill e metodologie di apprendimento attivo. Della compagine sociale di Upskill 4.0 fanno parte numerosi ITS distribuiti su tutto il territorio nazionale e il socio finanziario UniCredit con una quota di minoranza. Nel solo triennio 2019-2022, Upskill 4.0 ha realizzato 12 progetti territoriali, ha coinvolto oltre 70 aziende e 300 studenti ITS di tutta Italia.