Nord Italia, le imprese chiedono di riaprire, ma dicono no alla logica dei codici Ateco

I rappresentanti regionali di Confindustria Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto chiedono di programmare un piano di aperture delle imprese superando la logica dei Codici Ateco e di utilizzare come “criterio guida” il principio della sicurezza dei lavoratori applicando il Protocollo sottoscritto coi sindacati.

Pubblicato il 08 Apr 2020

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Programmare un piano di aperture delle imprese superando la logica dei Codici Ateco e utilizzare come “criterio guida” il principio della sicurezza dei lavoratori: è la proposta delle rappresentanze regionali di Confindustria Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto, contenuta in un documento inviato alle istituzioni e parti sociali.

Sottolineando che la crisi sanitaria è il primo nemico con cui combattere, gli industriali chiedono di poter riaprire in sicurezza le proprie aziende affinché la “profonda crisi economica non si trasformi in depressione”, costringendo molte attività a non riaprire più. Le quattro principali regioni del Nord rappresentano il 45% del Pil italiano e prolungare il lockdown, si legge nella lettera, “significa continuare a non produrre, perdere clienti e relazioni internazionali, non fatturare”, portando diverse aziende a non poter pagare gli stipendi del prossimo mese.

Per questo motivo gli industriali del Nord Italia chiedono di mettere in pratica la cosiddetta “fase 2” della risposta all’emergenza Covid-19, costruendo un’agenda condivisa “per una apertura ordinata e in piena sicurezza” delle aziende. Un percorso diviso in tappe che dovrà essere costantemente concordato tra Pubblica Amministrazione, associazioni di rappresentanza delle imprese e sindacati, e che adotti come principio fondamentale per la riapertura il rispetto delle norme in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, così come indicato dal Protocollo per la sicurezza dei lavoratori siglato coi sindacati. “Occorre uscire dalla logica dei codici Ateco”, si legge nella lettera, ovvero il sistema attraverso cui il Governo ha permesso (con il DPCM 22 marzo e successive modifiche) alle attività produttive essenziali di rimanere aperte. “È una logica non più sostenibile e non corretta rispetto agli obiettivi di sanità pubblica e di sostenibilità economica”.

Le richieste degli industriali del Nord Italia

Per mettere le imprese nelle condizioni di attuare il Protocollo di sicurezza, i rappresentanti di Confindustria Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto avanzano alcune richieste al Governo.

Si chiede infatti di:

  • Mettere le imprese nelle condizioni di reperire tutti i dispositivi di protezione individuale (come guanti e mascherine) e garantire il loro approvvigionamento mediante un agevole percorso di fornitura che passi da un flusso costante e prioritario nelle procedure doganali
  • Velocizzare il percorso di autorizzazioni da parte dell’Istituto Superiore di Sanità per i dispositivi prodotti in deroga alle normative sanitarie, ma che dimostrino requisiti di protezione soddisfacenti
  • Mettere in campo un pacchetto di misure di finanziamento a fondo perduto che supportino gli investimenti delle imprese nella sicurezza basato su alcune linee d’azione fondamentali: adozione di protocolli di sanificazione degli ambienti di lavoro; ripensamento degli spazi lavorativi per ridurre al minimo i contatti tra le persone; nuova mobilità da e per i luoghi di lavoro e all’interno dei siti produttivi; ricorso allo smart working

Per condividere le decisioni da prendere, i rappresentanti regionali di Confindustria propongono una collaborazione tra istituzioni, imprese e sindacati nel gestire l’operatività delle imprese senza creare “pericolose situazioni di contrasto”, anche a livello territoriale e regionale.

Infine, si propone di collaborare con i Servizi Sanitari per attuare nelle imprese le attività di screening preventivo “sulle quali si attendono decisioni tempestive e univoche delle autorità competenti: con l’ausilio fondamentale di test sierologici validati o con programmi coordinati di tamponi sul territorio”.

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Francesco Bruno

Giornalista professionista, laureato in Lettere all'Università Cattolica di Milano, dove ha completato gli studi con un master in giornalismo. Appassionato di sport e tecnologia, compie i primi passi presso AdnKronos e Mediaset. Oggi collabora con Dazn e Innovation Post.

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