Nell’anno 2020 nasceva il nuovo Piano Transizione 4.0, che sostituiva il vecchio Piano Impresa 4.0 (a sua volta erede del primo Piano Industria 4.0) introducendo il sistema dei crediti d’imposta al posto della maggiorazione degli ammortamenti.
Un cambiamento importante, pensato per rendere più immediata la percezione del beneficio e per consentire a un numero maggiore di aziende di accedere al beneficio e di recuperare l’agevolazione in minor tempo.
Sono ora disponibili i dati di “consuntivo” relativi a quel primo anno del nuovo piano, che è sfortunatamente coinciso anche con l’anno dell’esplosione della pandemia. Si tratta dei dati resi disponibili dal Ministero dell’Economia e delle Finanze sulle dichiarazioni dei redditi delle società di capitali, cioè sulle dichiarazioni IRES e IRAP dell’anno di imposta 2020.
I dati che emergono sono interessanti, soprattutto se letti alla luce delle contingenze di un anno così particolare, in cui le aziende sono rimaste a lungo chiuse e hanno avuto non pochi problemi a espletare le più normali operazioni.
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Gli incentivi sui beni strumentali
Vediamo quindi quante imprese sono state “agevolate” e per quali investimenti, partendo dall’ex superammortamento, diventato credito d’imposta per investimenti in beni materiali.
L’uso dell’agevolazione (all’epoca pari al 6%) è stato dichiarato da oltre 157.000 soggetti per un ammontare di 771 milioni di euro.
I maggiori fruitori sono state le grandi imprese, seguite dalle medie e dalle piccole.
Per quanto riguarda il credito d’imposta per investimenti in beni materiali 4.0 (ex iper ammortamento) è stato dichiarato da oltre 15.500 soggetti per un ammontare di 1,5 miliardi di euro.
Curiosamente, in questo caso a fruire maggiormente degli incentivi sono state le piccole imprese, seguite dalle medie e dalle grandi.
Infine il credito d’imposta per investimenti in beni immateriali 4.0 è stato sfruttato da oltre 2.800 soggetti per un ammontare di circa 19,9 milioni di euro.
Complessivamente abbiamo quindi circa 2,3 miliardi di investimenti agevolati.
Credito d’imposta per ricerca, sviluppo e innovazione
Anche il credito d’imposta per ricerca e sviluppo viene fortemente rivisto nel 2020 e diventa credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, transizione ecologica e innovazione tecnologica 4.0 e attività di design e ideazione estetica.
Oltre al perimetro della misura, che per la prima volta aggiunge l’innovazione alla ricerca e sviluppo, cambia anche il criterio del calcolo che non è più calcolato sull’incremento della spesa, ma sul suo valore attuale.
L’uso dell’incentivo è stato dichiarato da oltre 18.100 soggetti per un ammontare di 1,2 miliardi di euro. Dal grafico di sopra emerge che le grandi e le medie imprese sono state le principali fruitrici di questo incentivo.
3,5 miliardi di investimenti agevolati
Sommando gli 1,2 miliardi attivati dal credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, innovazione e design e i 2,3 miliardi di investimenti in beni strumentali, il totale ammonta a circa 3,5 miliardi di euro di investimenti agevolati.
Anche se non è una cifra “record”, si tratta comunque di un contributo importante alla tenuta del Paese in un momento critico.
Lo stesso Ministero, tra l’altro, segnala che “statistiche preliminari di utilizzo degli incentivi negli anni successivi sembrano indicare un rimbalzo significativo degli investimenti già nel 2021”.
Il credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno
Il MEF offre anche delle statistiche relative al credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi nel Mezzogiorno.
Le informazioni desunte dalle dichiarazioni mostrano che oltre 19.000 soggetti hanno beneficiato del credito d’imposta per gli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2019. L’ammontare del credito si attesta a circa 1,2 miliardi di euro (in lieve calo rispetto agli 1,3 miliardi di euro dell’anno precedente).
Il Patent Box
Per quanto riguarda il Patent Box, va segnalato che la misura dal 2017 non includeva più i marchi, ma che per chi aveva esercitato l’opzione nei due anni precedenti erano previste delle clausole di salvaguardia che hanno prodotto effetti fino al 30 giugno 2021.
Dalle dichiarazioni per il 2020 i dati del MEF parlano di oltre 1.700 società che hanno utilizzato l’agevolazione per un ammontare di reddito detassato e plusvalenze esenti pari a 3,1 miliardi di euro (la metà del valore del 2019). La contrazione maggiore (da circa 4 a 1,5 miliardi di euro) si registra nel settore manifatturiero, che è il principale settore in cui vengono utilizzati i brevetti (il 48,3% del totale).