Per l’industria metalmeccanica prosegue la fase recessiva in atto a partire dai primi mesi del 2018 e non emergono, nelle previsioni a breve, segnali di miglioramento della congiuntura settoriale. È quanto emerge dalla lettura dei numeri contenuti nell’indagine congiunturale di Federmeccanica sul settore, presentata oggi a Roma. Nel terzo trimestre dell’anno in corso, sulla base dei dati di fonte Istat, i volumi di produzione evidenziano una caduta pari all’1% rispetto al precedente trimestre e del 2% nel confronto con l’analogo periodo dell’anno precedente.
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Come sta la Metalmeccanica, comparto per comparto
Complessivamente nei primi nove mesi del 2019 l’attività produttiva metalmeccanica è diminuita del 2,5% rispetto all’anno precedente con risultati negativi diffusi alla quasi totalità dei comparti che compongono l’aggregato.
Le attività metallurgiche hanno evidenziato una flessione media dei volumi pari al 2,3%, quelle relative ai prodotti in metallo del 3,5% e la meccanica strumentale del 2,2%.
La produzione di autoveicoli è crollata del 9,2%, mentre si è registrato un moderato incremento per la produzione di apparecchiature per telecomunicazioni e strumenti di precisione (+1,2%) ed una significativa crescita (+4,3%) per il comparto degli altri mezzi di trasporto (costruzioni di locomotive, di navi ed imbarcazioni e di aeromobili e veicoli spaziali).
“La realtà congiunturale del nostro settore è oggettivamente difficile”, ha dichiarato Fabio Astori, Vice Presidente di Federmeccanica. “In questo quadro generale a tinte fosche emergono specifiche criticità di settori chiave della nostra industria come l’Automotive, snodo centrale per la diffusione di tecnologia e la creazione di occupazione. Anche il primo anello della fornitura di materia prima come la siderurgia aggiunge ulteriore preoccupazione alle difficoltà del comparto. Ci preoccupano gli scenari relativi all’ex Ilva, perché le sue sorti sono determinanti per la metalmeccanica, per l’industria e più in generale per il Paese. Il rallentamento dell’economia mondiale, i fattori geo-politici in medio oriente, la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina e l’avvicinarsi della Brexit producono effetti negativi in quei Paesi e in quei settori come il nostro a forte vocazione esportatrice. Un capitolo specifico andrebbe dedicato alla Germania: la caduta produttiva metalmeccanica pari a 5 punti percentuali nell’arco di un anno si ripercuote inevitabilmente sulle nostre dinamiche”.
Mercato interno ed export
Il diffuso peggioramento osservato risulta imputabile da un lato alla debolezza della domanda interna, in particolare a quella per beni di investimento in macchine ed attrezzature e mezzi di trasporto, e dall’altro a una inversione delle dinamiche esportative che, nei primi nove mesi dell’anno, hanno evidenziato una contrazione in valore pari allo 0,8%. In particolare i flussi di prodotti metalmeccanici diretti all’estero hanno registrato flessioni verso la Francia (2,2%) e la Germania (-1,4%), paesi che da soli assorbono quasi il 25% delle nostre esportazioni complessive ma diminuzioni più consistenti si sono avute verso la Turchia (-14,9%) e la Cina (-6,4%).
Lavoro e occupazione
Relativamente al fattore lavoro, nei primi 9 mesi dell’anno sono state autorizzate nel settore metalmeccanico 92 milioni di ore corrispondenti a circa 100.000 lavoratori a tempo pieno non utilizzati nei processi produttivi. L’incremento, rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, è stato mediamente pari al +57,9% con un picco del 95,4% per le ore autorizzate di cassa integrazione straordinaria.
Nelle imprese metalmeccaniche con oltre 500 addetti, sempre con riferimento al periodo gennaio – settembre 2019, l’occupazione è diminuita mediamente dell’1% e le ore pro-capite lavorate si sono contratte dello 0,4%. Sulla base dei dati desunti dall’indagine congiunturale Federmeccanica, le prospettive occupazionali a 6 mesi, dopo aver evidenziato dinamiche positive ma cedenti nel corso delle rilevazioni più recenti risultano, ora, negative.
“Nonostante le difficoltà economiche e produttive che il settore metalmeccanico sta vivendo a partire dai primi mesi del 2018 – ha concluso Stefano Franchi, Direttore Generale di Federmeccanica – abbiamo rilevato tra le nostre aziende una maggiore diffusione del premio di risultato. Si va quindi affermando il principio della distribuzione della ricchezza dopo che è stata prodotta e dove viene prodotta. Come emerge dal campione che riguarda 500 imprese con oltre 100 dipendenti, il premio di risultato è presente nel 57% delle aziende e ben il 13% lo ha introdotto a partire dal 2016 – dato questo in linea con il 14% di un diverso campione oggetto di distinta indagine condotta da Federmeccanica attraverso i territori. Nel 64% dei casi l’ammontare del premio è risultato inoltre, superiore a quello precedentemente erogato”.