Produzione industriale, la locomotiva lombarda in frenata

Nel secondo trimestre 2019 in Lombardia si registra una variazione negativa della produzione industriale sia in termini congiunturali che tendenziali. Bonometti: “Si sta fermando il motore della nostra economia, il settore industriale, e a Roma stanno a guardare”.

Pubblicato il 30 Lug 2019

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Secondo l’indagine relativa al secondo trimestre 2019 che ha riguardato un campione di più di 2.600 aziende manifatturiere lombarde, suddivise in imprese industriali (più di 1.500 imprese) e artigiane (più di 1.100 imprese), nel secondo trimestre 2019 in Lombardia si registra una variazione negativa della produzione industriale sia in termini congiunturali (-1,2% il dato destagionalizzato rispetto al primo trimestre) sia in termini tendenziali (-0,9% rispetto al secondo trimestre 2018). È la prima flessione del dato tendenziale registrata dal 2013.

Se la produzione industriale lombarda è in calo, per l’artigianato il risultato rimane positivo, seppur di poco (+0,2% congiunturale e +0,3% tendenziale).

In termini assoluti l’indice della produzione industriale scende a quota 110,4 (dato destagionalizzato, base anno 2010=100) allontanandosi dal massimo pre-crisi (pari a 113,3 registrato nel 2007), mentre per le aziende artigiane l’indice della produzione sale a quota 98,2 (dato destagionalizzato, base anno 2010=100), ancora sotto quota 100.

Per quanto riguarda l’industria, se da una parte peggiorano le aspettative sulla domanda, sia estera che interna, sono invece in miglioramento le aspettative degli imprenditori industriali per la produzione, dopo ben quattro trimestri in peggioramento continuo.

Da un punto di vista settoriale cresce il numero dei settori che registrano cali dei livelli produttivi (7 su 13). L’abbigliamento (-9,7%) registra la contrazione maggiore, seguito da: pelli-calzature (-2,7%); meccanica (-1,6%); tessile (-1,3%); mezzi di trasporto (-1,2%); carta-stampa (-0,9%); manifatturiere varie (-0,8%). In crescita significativa rimangono i settori del legno-mobilio (+1,7%), degli alimentari (+1,7%), della siderurgia (+1,0%) e della chimica (+0,5%). I settori della gomma-plastica e dei minerali non metalliferi registrano una variazione positiva ma molto prossima allo zero (+0,1% entrambi).

Anche per l’artigianato, l’analisi settoriale evidenzia una maggior numero di settori in contrazione rispetto a quelli in crescita (6 settori su 11) ma con intensità delle variazioni più contenuta così che, in media, la crescita riesce a prevalere.

Bonometti: “A Roma stanno a guardare”

I dati “preoccupano ma non sorprendono”, ha commentato il presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti. “È ormai da un anno che gli industriali lanciano allarmi, spesso inascoltati, sul rallentamento della produzione e sul clima di sfiducia che avvolge l’impresa lombarda e italiana. È innegabile che il rallentamento sia in gran parte dovuto alla forte dipendenza del modello lombardo dall’export – certificato dal calo al 38,7% della quota di fatturato estero sul totale. La dipendenza dalla volatilità internazionale, l’incertezza generata dalla guerra dei dazi che al momento sta penalizzando l’Europa (in particolare la Germania con cui il nostro manifatturiero è strettamente interdipendente) e il rallentamento del settore automotive avrebbero dovuto spingerci già da tempo a attuare politiche espansive per stimolare la domanda interna ed aumentare la competitività delle nostre industrie, anziché mettere una tassa sulle auto prodotte in Italia. Va promosso un grande piano per il rilancio competitivo dell’automotive. Inoltre sono necessari: taglio del cuneo fiscale, investimenti in infrastrutture, eliminazione delle zavorre burocratiche che frenano la competitività”.

In un quadro che quindi vede il manifatturiero in forte arretramento – e con il rischio di una recessione del settore sempre più concreta – “a livello nazionale scontiamo le carenze di una politica economica inefficace non in grado di dare risposte alle imprese e di stabilire fiducia. Si è preferito rimandare le misure di sostegno allo sviluppo perdendo tempo prezioso e si sono introdotti provvedimenti di tipo assistenziale che creano debito, mentre mancano le misure per il rilancio della crescita. Tali scelte hanno avuto forti ripercussioni sugli investimenti e sulla fiducia: si sta fermando il motore della nostra economia, il settore industriale, e a Roma stanno a guardare. Gli imprenditori sono preoccupati perché non vedono nell’azione del Governo un progetto per la competitività. Sta prevalendo la logica del non fare che blocca il Paese e che costa moltissimo: basta guardare i casi delle infrastrutture e della normativa sull’end of waste. Due esempi emblematici sui quali si sta perdendo tempo, mentre le imprese vogliono un’azione decisa e concreta”.

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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