Nei mesi di marzo e aprile 2020 la produzione industriale è calata di oltre il 50%, un dato che non ha precedenti nelle serie storiche diffuse dal Centro Studi di Confindustria, che ha diffuso i dati della sua ultima indagine rapida.
L’emergenza Covid-19 e il conseguente blocco di gran parte delle attività produttive ha provocato una caduta che non potrà essere recuperata in tempi brevi, nemmeno con l’allentamento delle misure restrittive avviato nella fase due. Come scrive il Centro Studi degli industriali, infatti, “le famiglie continueranno a essere prudenti e a risparmiare anche a scopo precauzionale, le imprese dovranno smaltire le scorte che si sono accumulate negli ultimi mesi mentre la domanda estera risentirà della contrazione corale dell’attività in Europa”.
Si stima quindi che nel secondo trimestre del 2020 si registrerà un calo di Pil (al momento stimato ad “almeno -8%”) e produzione ancora più rilevante rispetto a quello dei primi tre mesi dell’anno. Una dinamica di fronte alla quale, suggerisce Confindustria, “è necessario fare di tutto per sostenere adeguatamente imprese e famiglie”, per non dover osservare “un impoverimento generale e duraturo che riporterà i livelli di ricchezza indietro di quarant’anni”.
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Ad aprile produzione giù del 26,1%
Il dato cumulato indica un calo della produzione industriale di marzo e aprile del 51,5%. In particolare, ad aprile la variazione congiunturale è stata del -26,1% su marzo, mese in cui la diminuzione è stata del 25,4%. Inoltre, nel mese appena concluso la variazione tendenziale della produzione è stata del -45,2% rispetto allo stesso periodo del 2019. Nel primo trimestre del 2020 il calo è stato del 7,5% rispetto agli ultimi tre mesi del 2019.
Anche per quanto riguarda gli ordini si registrano forti cali. Quelli in volume scendono del 44,6% in aprile su marzo, mese in cui la diminuzione era stata del 23,7%.
Sono due i fattori che spiegano questi valori. Da un lato, come si diceva, il blocco delle attività produttive imposto dal DPCM 22 marzo (che ha stabilito quali aziende potessero rimanere aperte, con la pubblicazione dell’elenco dei relativi codici Ateco). Un fermo che ha coinvolto quasi il 60% delle attività manifatturiere per circa 40 giorni (tutto aprile e una parte di marzo). D’altra parte ha influito il drastico calo della domanda interna (dovuto alla chiusura delle attività in alcuni settori del terziario e alle limitazioni agli spostamenti dei cittadini) e della domanda estera che, soprattutto in aprile, ha risentito della diversa tempistica con la quale sono state introdotte misure restrittive nei partner commerciali dell’Italia dove si è diffuso il virus.
Le nuove stime, precisa il Centro Studi di Confindustria, sono state effettuate con una metodologia nuova rispetto a quelle degli ultimi mesi, che tiene conto dello shock improvviso causato dalla diffusione del Covid-19. Le nuove osservazioni (di molto superiori alle stime preliminari diffuse un mese fa) sono trattate come “valori anomali”.
Anche le PMI del manifatturiero mostrano uno scenario economico drammatico: l’indice generale ad aprile è sceso a 31,1 (il dato più basso dall’inizio delle indagini che, essendo inferiore a 50, indica “contrazione congiunturale”). Sul lato della produzione, l’indice è sceso a 11,4, con l’84% delle imprese che ha segnalato una diminuzione dell’attività. L’indice degli ordini è sceso a 11,6 (la componente estera a 18,2).
La ripresa sarà graduale
L’analisi del Centro Studi di Confindustria passa poi alle previsioni per i prossimi mesi. Innanzitutto, la variazione acquisita della produzione industriale per il secondo trimestre del 2020 (cioè il valore che si otterrebbe in presenza di una variazione congiunturale nulla nei restanti trimestri dell’anno) è di -40%. In particolare, la produzione nel secondo trimestre dell’anno dovrebbe diminuire a un ritmo “più che doppio” rispetto a quello registrato nel primo (influenzato solo in parte dall’emergenza sanitaria).
Nei prossimi mesi è prevista una crescita della domanda, che fa ritenere che l’attività industriale possa crescere molto in termini congiunturali (mese su mese), pur rimanendo in territorio negativo per quanto riguarda la variazione tendenziale (cioè rispetto allo stesso mese del 2019).
La ripartenza, infatti, sarà graduale, nonostante la fine del lockdown, perché le abitudini di spesa delle famiglie sono cambiate e difficilmente torneranno in tempi rapidi a quelle precedenti e perché le imprese negli ultimi mesi hanno accumulato scorte che dovranno essere smaltite prima che il ciclo produttivo possa tornare a ritmi normali. Per queste ragioni la maggioranza delle imprese, con poche eccezioni, lavorerà a un regime ridotto per diversi mesi.