Dopo la forte riduzione registrata nel periodo gennaio-marzo (-5,4%), il secondo trimestre 2020 fa registrare un -12,4% rispetto al trimestre precedente, portando il Pil italiano al valore più basso dal 1995. I numero relativi al periodo aprile-giugno portano la variazione acquisita per il 2020 al -14,3%.
Questi numeri vanno però interpretati. In primo luogo, come rileva l’Istat, “la caduta del Pil si colloca all’interno di un contesto internazionale dove le principali economie registrano riduzioni di analoga portata a causa del diffondersi della pandemia”.
In secondo luogo si tratta – per dirla con le parole del ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri, “di una flessione meno grave di quanto atteso dalla maggior parte delle previsioni (la stima media era di un ribasso superiore al 15%) e pari a quasi la metà del calo atteso dalle previsioni più negative circolate nelle ultime settimane”.
Gualtieri si spinge oltre e rileva che il dato “testimonia la solidità degli interventi messi in campo dal Governo e la possibilità per l’Italia di proseguire nel percorso di graduale e costante ripresa dell’attività economica, confermato anche dall’andamento delle vendite al dettaglio, che a giugno sono tornate a livelli vicini a quelli precedenti l’inizio dell’emergenza Covid-19”.
Secondo l’analisi del Centro Studi di Confindustria “la caduta del PIL nel secondo trimestre (-12,4%), che non ha precedenti nelle serie storiche disponibili, è spiegata per circa un terzo dal calo del valore aggiunto industriale mentre forte è stato il contributo negativo dei servizi che rappresentano una quota elevata del PIL. Nel terzo trimestre è atteso un rimbalzo di Pil e produzione”.
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La produzione industriale
Interessante quindi la lettura del dato sulla produzione industriale contenuto dell’analisi del CSC, che rileva come anche in giugno e luglio sia proseguito “il recupero dei livelli di attività dai minimi toccati in aprile e dopo il rimbalzo di maggio”.
Nel secondo trimestre la produzione industriale tuttavia è stimata complessivamente in calo del 19,2%, dopo aver registrato un -8,4% nel primo.
Il CSC rileva un aumento della produzione industriale del 7,5% in luglio su giugno e 2,3% a giugno su maggio, mentre la variazione tendenziale di luglio 2020 rispetto allo stesso mese dell’anno precedente resta molto negativa (-13,9%). A giugno la produzione era diminuita del 18,6% anno su anno.
Gli ordini in volume registrano incrementi congiunturali sia in luglio (+6,6%) che in giugno (+5,4%).
L’analisi
“Dopo il punto di minimo raggiunto in aprile, la dinamica della produzione nell’industria italiana ha registrato significativi progressi, che erano attesi dopo la riapertura delle attività in maggio. Le robuste variazioni percentuali, per quanto importanti, nascondono livelli molto fiacchi: la produzione in luglio è ancora di circa il 12% inferiore a quella pre-covid e nel complesso del secondo trimestre la caduta dell’attività stimata dal CSC è più che doppia rispetto a quella rilevata dall’ISTAT nel primo (-19,2 % vs -8,4%). Si tratta del quinto calo trimestrale consecutivo che porta a -30% la variazione cumulata dal secondo trimestre del 2019”, commenta il CSC.
La contrazione dell’attività nell’industria spiega circa 4 punti della caduta del PIL nel secondo trimestre (-12,4% sul primo, secondo le stime preliminari ISTAT); il maggior contributo negativo a tale dinamica è venuto dal settore terziario (che incide per i due terzi del valore aggiunto totale), comparto che ha subìto pesantemente il blocco di numerose attività e le limitazioni di spostamento delle persone.
A differenza di quanto evidenziato dal ministro Gualtieri, secondo il CSC la dinamica del PIL “ha sorpreso al ribasso la maggior parte dei previsori”. La ragione sarebbe nel “cambiamento nei comportamenti delle famiglie, più prudenti nella gestione dei bilanci e più restie a riprendere le abitudini precedenti. La forte incertezza su tempi e modi di uscita dalla crisi sanitaria e le ricadute sul mercato del lavoro (-600mila occupati da marzo a giugno, secondo l’ISTAT) hanno ridotto il potere d’acquisto di molte famiglie e aumentato il risparmio anche a scopo precauzionale, frenando così la domanda, nonostante le misure di sostegno al reddito implementate in questi mesi. Anche l’andamento della fiducia, pur in miglioramento da aprile, ha segnalato crescenti timori sulla situazione lavorativa ed evidenziato la rinuncia agli acquisti non necessari (in primis quelli di beni durevoli). L’incertezza ha determinato anche il rinvio delle decisioni di investimento delle imprese, in un contesto interno e internazionale fluido e con molte nubi all’orizzonte”.
Nel terzo trimestre – prosegue l’analisi del CSC – “ci sono comunque le condizioni per un significativo rimbalzo della produzione industriale (e del PIL), spiegato soprattutto da un effetto base (ovvero dal confronto con livelli molto bassi raggiunti nel secondo trimestre): la variazione congiunturale acquisita in luglio (quella che si avrebbe nel terzo trimestre se l’attività ristagnasse in agosto e settembre) è di +21%; pur tenendo conto di oscillazioni nella dinamica della produzione industriale nei prossimi mesi (che saranno comunque meno forti di quelle osservate da marzo a luglio), c’è da attendersi un incremento della produzione compreso tra il 15% e il 20% rispetto al secondo. In termini di PIL, ciò si traduce in un contributo positivo dell’industria tra 3 e 4 punti percentuali nei mesi estivi. Nonostante questo recupero, nel complesso del 2020 la produzione industriale è in rotta verso una diminuzione di circa il 15% sul 2019. Per quanto riguarda il PIL, i dati diffusi oggi dall’ISTAT, che mostrano una variazione acquisita di -14,3% nel primo semestre, sono più negativi delle attese e meccanicamente porterebbero a una revisione al ribasso della dinamica annua da noi prevista a metà maggio, che sarebbe ora vicina al -11%, in linea con le stime della Commissione Europea”.