Il Pil italiano scenderà del 10,1% nel 2020, recuperando solo in parte (+5,9%) nel 2021. Sono le stime che emergono dal rapporto di previsione di luglio di Prometeia, che sottolinea come si tratti della “peggiore recessione mai registrata in tempi di pace” con il Pil che nel secondo trimestre di quest’anno è calato del 12,9%.
Nonostante in Europa, Cina e Stati Uniti “il punto di minimo del ciclo economico” sia “stato superato, la ripresa mondiale non avverrà in tempi rapidi”. In Italia “il recupero dei livelli di attività pre-Covid avverrà solo nel 2025”. Un risultato inevitabile, nonostante “le misure di policy introdotte, certamente tempestive, ampie e innovative” che “stanno aiutando e aiuteranno a contenere i costi di questa crisi”.
Il giudizio dell’azienda di ricerca economica sulle azioni di Governo è netto: si dovrà fare di più perché “la risposta della politica fiscale, seppur rilevante e tempestiva, non sarà sufficiente per riavviare in modo deciso consumi e investimenti”, soprattutto sul fronte della domanda interna (frenata dall’incertezza prevalente e dal crollo del commercio internazionale). Lo stimolo fiscale (stimato in circa 5 punti percentuali di Pil, in linea con gli altri Paesi europei), si sta comunque traducendo “in un forte aumento delle disponibilità liquide di famiglie e imprese”.
Per rilanciare l’economia bisognerà sfruttare al massimo le risorse che l’Unione Europea metterà a disposizione degli Stati membri, occasione per indirizzarle “verso le ben note aree di fragilità della nostra economia”: sanità, servizi per la “silver economy”, scuola, infrastrutture ecc. A cominciare dal ricorso al Mes, il meccanismo che consentirebbe al nostro Paese di ricevere in prestito fondi da utilizzare per spese connesse alla sanità, su cui si divide la maggioranza. “Prometeia ipotizza che l’Italia alla fine farà ricorso al Mes e che i paesi europei si metteranno d’accordo su 650 miliardi di euro complessivi (il Recovery Fund, ndr) da mettere a disposizione per sostenere le economie nella fase della ripartenza: 350 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto e 300 di prestiti”.
Fino ad oggi infatti, per attuare le misure introdotte coi vari decreti (dal Cura Italia al Rilancio) si è dovuto fare ricorso a continui scostamenti di bilancio (altri 20 miliardi sono in agenda per il “decreto Luglio”). Per questo motivo nel 2020 il rapporto deficit/Pil si attesterà all’11% e quello debito/Pil al 159%.
Saranno le piccole imprese e “i lavoratori autonomi e meno istruiti” a fare le spese più grandi di questa crisi, che lascerà l’Italia “con un livello di attività economica inferiore a quello pre-crisi, con meno occupazione, con un livello di risparmio delle famiglie più elevato e di debito delle imprese non finanziarie e del settore pubblico più alto”. Sostanzialmente “un aumento delle disparità a molti livelli, nella distribuzione funzionale e personale del reddito, tra i generi e le classi di età, tra settori produttivi e territori”.
Anche in area euro (il cui Pil è previsto in callo dell’8,1% nel 2020) aumentano le divergenze economiche tra Paesi. Meno drastico sarà l’impatto sul Pil mondiale (-5,2%), ma a crollare è il commercio internazionale (-14,4%), con il proseguimento delle tensioni tra Cina e Stati Uniti, “non solo sul fronte del commercio ma anche su quello degli investimenti diretti”.