Nel primo trimestre del 2020 la produzione industriale delle imprese lombarde è scesa del 10% (il 10,1% rispetto allo stesso periodo del 2019). Lo rendono noto Unioncamere Lombardia e Confindustria Lombardia, che hanno diffuso i dati dell’Indagine congiunturale sul settore manifatturiero lombardo.
L’impatto sulla produzione ha inoltre colpito in misura maggiore le aziende artigiane manifatturiere, che registrano un calo del 13,2% nel primo trimestre 2020 (dato che scende al 12,9% se raffrontato allo stesso periodo del 2019).
Il dato sull’industria torna a quello del 2010, con un balzo all’indietro di dieci anni causato dall’epidemia da Covid-19, mentre la produzione artigianale ne resta al di sotto, interrompendo la lenta risalita che aveva caratterizzato il periodo 2013-2019.
Anche in termini di fatturato si registra un brusco calo: scende del 9,8% il totale dei ricavi delle imprese manifatturiere lombarde rispetto all’ultimo trimestre del 2019 (-8,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno). Una diminuzione più netta riguarda l’artigianato (-13% rispetto al primo trimestre del 2019, -12,7% rispetto a ottobre-dicembre 2019).
“I dati relativi al primo trimestre 2020 si commentano da soli: crollo della produzione industriale (-10% congiunturale e tendenziale) e indici in negativo fotografano l’impatto concreto della crisi Covid-19 sulle imprese e i territori della Lombardia”, ha dichiarato Marco Bonometti, Presidente di Confindustria Lombardia. “Crollo degli investimenti e del fatturato, scarsa liquidità, posti di lavoro in discussione, filiere interrotte, ecc. sono il campo di battaglia a cui saremo costretti nei prossimi mesi: nonostante ciò, le imprese sono impegnate con forza a riorganizzare le proprie produzioni, incarnando la voglia di reazione della Lombardia”.
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Resistono alimentare e chimico, crollo dell’abbigliamento
Per quanto riguarda i vari settori industriali, sono alimentari e chimica ad aver registrato le diminuzioni minori di produzione (rispettivamente -1,4% e -1,7%). In questi ambiti infatti più del 90% delle imprese non sono state coinvolte dal lockdown. Anche carta-stampa (-6,8%) e gomma plastica (-7,5%) restano al di sotto della media regionale. Queste aziende infatti producono giornali, imballaggi, prodotti igienico-sanitari e dispositivi di protezione: tutti beni il cui commercio non si è del tutto fermato durante la fase acuta dell’emergenza.
Solo il 41,8% delle aziende lombarde delle manifatture varie ha proseguito la produzione, con un calo di quest’ultima del 14% nel primo trimestre 2020. Tra i cali di produzione più vistosi vi è quello del tessile (-13,4%), della siderurgia (-15,8%), dell’abbigliamento (-19%) e delle pelli-calzature (-23%). La meccanica vede calare la produzione del 10,5%.
Sul totale delle imprese lombarde, quelle in forte contrazione sono il 57% (il 60% nell’artigianato), mentre il 22% (23% nell’artigianato) indica ancora un incremento di produzione superiore al 5% (nell’ultimo trimestre del 2019 erano il 29%).
Scendono gli ordinativi, occupazione stabile grazie alla Cig
Sul fronte degli ordinativi, il calo dell’industria manifatturiera lombarda è più accentuato per il mercato interno (-9,5% rispetto all’ultimo trimestre del 2019; -14,2% per l’artigianato) rispetto a quello estero (-5,5% l’industria, -1,9% l’artigianato).
Resiste l’occupazione nell’industria lombarda, che nel primo trimestre del 2020 ha avuto un saldo leggermente positivo (+0,1%), dato dall’avvio dei nuovi contratto a inizio anno. Il dato che però fa emergere l’incidenza della crisi causata dal Covid-19 è quello sulla Cassa Integrazione, a cui ha fatto ricorso il 55,9% delle aziende della Lombardia, con una quota sul monte ore del 4,1%. Anche nell’artigianato il saldo occupazionale rimane pressoché stabile (-0,1%), ma il ricorso alla Cig è addirittura maggiore (57,8% delle attività, con una quota sul monte ore del 6,2%).
Le previsioni per il futuro
Le aspettative degli imprenditori sulla domanda del secondo trimestre del 2020 sono ai minimi storici: incide il lockdown totale riguardante il mese di aprile e le riaperture solo graduali che hanno interessato maggio, oltre alle scorte di magazzino ancora da smaltire. Le aspettative sulla produzione pertanto sono in caduta. L’occupazione invece potrebbe contenere la diminuzione, soprattutto per il blocco dei licenziamenti disposto dal Governo. Sul fronte delle imprese artigiane il discorso non cambia sulle aspettative, anche se per il mercato estero (che però incide in quota minore su queste aziende) il calo atteso è minore.
Alla luce di questi dati, le associazioni mettono in risalto alcune considerazioni. Innanzitutto “la scarsa liquidità può costringere le imprese a ripensare prodotti e soprattutto processi per diventare più efficaci ed efficienti nel più breve tempo possibile, a fronte di una clientela che ha subito anch’essa profondi processi di trasformazione”. Per questo motivo è “determinante” per le imprese riuscire ad innovare, monitorando il cambiamento dei processi di consumo e di acquisto e anticipando i concorrenti sulla “possibilità di soddisfare una domanda in trasformazione”.
La pandemia infatti accelera la trasformazione digitale già iniziata con Industria 4.0, obbligando a ripensare lo scenario industriale. Questa può essere “l’occasione per pensare strumenti a sostegno della digitalizzazione così come della ricerca e sviluppo, valorizzando anche il ruolo delle piccole e medie imprese, che ne potrebbero avere grande beneficio”. Si pensa ad esempio all’outsourcing esterno della ricerca o alla realizzazione di centri di ricerca multimpresa.
Infine le associazioni si focalizzano sulla “riconfigurazione delle filiere o delle supply chain”, concentrandosi su due punti di vista: “il primo riguarda la maggiore consapevolezza dell’importanza strategica del controllo delle stesse e, quindi, della necessità di rivedere il processo di globalizzazione che potrebbe ritirarsi a confini più vicini alle macro-regioni continentali; il secondo, l’esigenza di rivedere i rapporti di collaborazione, comunicazione e trasmissione di informazioni, migliorando l’efficienza in tutti i casi in cui ciò sia possibile”. Per fare ciò non servirà semplicemente inserire le nuove tecnologie nei contesti organizzativi esistenti, ma riprogettare da zero il modello d’impresa.
Chiede interventi e scelte coraggiose di politica industriale a livello regionale il Presidente di Confindustria Lombardia Bonometti. “Se non si avrà il coraggio di intervenire pagheremo queste assenza di scelte per anni, o per decenni, visto che proprio le imprese lombarde sono state le più danneggiate dal Covid-19: in tre mesi è stato fatto proprio poco, nel concreto, rispetto alla drammaticità di questa crisi”, ha concluso. “Gli industriali lombardi sono a disposizione per avviare un percorso di iniziative concrete che riportino la Lombardia a trainare il Paese, ricordando sommessamente che se la Lombardia non riprende la marcia tutta l’Italia potrebbe andare in apnea; se non si mette a fuoco la necessità di avviare subito una stagione di nuova politica industriale nella quale concentrare gli sforzi e le energie, riorientando gli strumenti già disponibili e sfruttando le opportunità offerte dalle nuove misure di contrasto alla crisi, temo che siamo molto lontani dai concetti minimi di buona politica, tanto necessaria al nostro Paese”. Le parole chiave per la ripresa indicate da Bonometti sono: investimenti , semplificazione, liquidità, tasse, mercato interno, competitività.