Brexit e dazi, la crescita del Pil resta debole nell’Eurozona

Secondo l’analisi “European Zone Economic Outlook” la crescita del PIL della zona euro rimane debole, tra le cause Brexit e dazi

Pubblicato il 02 Apr 2019

Pil area Euro

La crescita del Pil della zona euro rimane debole, a causa dell’acuirsi delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti e dell’evoluzione della Brexit, unite a un generale rallentamento dell’economia mondiale. A dirlo l’analisi “European Zone Economic Outlook” elaborata dall’Istituto di studi e previsione economica tedesco Ifo, dall’Istituto nazionale di statistica italiano Istat e dall’Istituto svizzero KOF. Lo studio, a cadenza trimestrale, analizza gli indicatori di produzione industriale, Pil, consumi delle famiglie, investimenti fissi lordi e tasso di inflazione per la zona dell’euro.

Dall’analisi elaborata dai tre istituti di ricerca, che coincide con la terza uscita dei conti nazionali trimestrali diffusi da Eurostat, emergono alcuni punti:

▪ Nell’orizzonte di previsione l’economia dell’area euro è prevista continuare a crescere a ritmi moderati sostenuta dagli incrementi, di intensità simile, di consumi e investimenti.

L’inflazione annua assumerà un profilo meno dinamico rispetto all’anno precedente, condizionata dal calo dei prezzi dell’energia

▪ L’attuale scenario di previsione è caratterizzato da prospettive per lo più soggette a rischi al ribasso a seguito di possibili inasprimenti dei conflitti commerciali e una eventuale “hard-Brexit”

La crescita del Pil rimane debole

Il primo punto analizzato riguarda la crescita del Pil nell’area Euro che, a fronte di una decelerazione dell’economia mondiale, accompagnata da quella del commercio internazionale, ha registrato un rallentamento nella seconda parte del 2018. Nell’intero anno il Pil è aumentato dell’1,8% (+2,4% nel 2017) ma nel quarto trimestre l’incremento del Pil dell’area dell’euro è rimasto debole (+0,2%, rispetto al +0,1% in Q3). Il rallentamento, dovuto all’indebolimento della crescita degli investimenti fissi lordi e della domanda estera netta, ha riguardato in particolare la Germania (0,0% t/t) e l’Italia (-0,1%) mentre Francia e Spagna hanno mantenuto una dinamica positiva (rispettivamente +0,3% e +0,6%)

Cala l’indicatore di fiducia economica

“L’ulteriore calo dell’indicatore di fiducia economica – viene sottolineato nello studio – suggerisce una prosecuzione dell’attuale fase di moderazione. La fiducia nel settore manifatturiero continua a calare, mentre quella nei servizi e dei consumatori hanno mostrato una leggera ripresa negli ultimi mesi e quella nel settore delle costruzioni è rimasta invariata. La debolezza della domanda estera e alcuni fattori specifici riferiti ai singoli paesi, hanno caratterizzato l’andamento congiunturale della produzione industriale.

In presenza di un miglioramento a gennaio (+1,4% m/m), trainato dalla performance dei beni di consumo energetici e quelli non durevoli, nel primo trimestre la produzione industriale è attesa attestarsi sugli stessi livelli del trimestre precedente per poi tornare a migliorare nei trimestri successivi (+0,2% in T2 e in T3 2019). L’evoluzione della produzione industriale condizionerà quella del Pil che è atteso migliorare su ritmi contenuti nel primo trimestre (+0,2%) per mostrare una lieve accelerazione nei due trimestri successivi (+0,3%).

Tiene l’occupazione e salgono i consumi 

Il mercato del lavoro mantiene un orientamento favorevole segnando un ulteriore aumento del numero di persone occupate (+0,3% la variazione congiunturale in T4) e un livello contenuto del tasso di disoccupazione (7,8%). Le favorevoli condizioni del mercato del lavoro e gli aumenti salariali dovrebbero continuare a sostenere le spese per consumi delle famiglie anche nei prossimi mesi.

Le spese per consumi privati sono previste aumentare nel primo trimestre (+0,3%) e nei due trimestri successivi (+0,4%). Il livello attuale di utilizzo della capacità è diminuito per la seconda volta di seguito nel primo trimestre del 2019, mantenendosi comunque su valori elevati. La crescita degli investimenti è, quindi, attesa proseguire sia nel primo trimestre (+0,3%) sia nel secondo e nel terzo trimestre 2019 (+0,4%).

L’inflazione rallenta

La BCE ha recentemente annunciato l’intenzione di mantenere i tassi di interesse invariati ai livelli attuali almeno fino alla fine del 2019. Ha inoltre annunciato il proseguimento dei programmi a sostegno del credito. Dalla fine di dicembre, il prezzo del petrolio ha recuperato leggermente condizionando l’aumento dei prezzi dei beni energetici del primo trimestre.

A marzo l’indice armonizzato dei prezzi al consumo dell’area dell’euro è aumentato dell’1,4% (+5,3% l’aumento degli energetici). Nel secondo trimestre l’inflazione crescerà a un ritmo costante (+1,4%) per poi segnare un rallentamento in T3 (+1,2%). La previsione è legata all’ipotesi tecnica, nell’orizzonte di previsione, sia per il prezzo del petrolio del Brent (67 USD per barile) sia per il cambio euro/dollaro (1,14).

Brexit e tensioni USA: rischi prevalentemente al ribasso

L’attuale scenario di previsione è caratterizzato da diversi rischi al ribasso legati all’acuirsi delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti, all’evoluzione della Brexit e a un più generale rallentamento dell’economia mondiale.

L’aumento dell’incertezza potrebbe allo stesso tempo produrre nuove tensioni sui mercati finanziari che, al momento, riflettono una sostanziale fase di riduzione della volatilità rispetto alla fine del 2018.

Valuta la qualità di questo articolo

C
Fabrizio Cerignale

Giornalista professionista, con in tasca un vecchio diploma da perito elettronico. Free lance e mobile journalist per vocazione, collabora da oltre trent’anni con agenzie di stampa e quotidiani, televisioni e siti web, realizzando, articoli, video, reportage fotografici. Giornalista generalista ma con una grande passione per la tecnologia a 360 gradi, da quella quotidiana, che aiuta a vivere meglio, alla robotica all’automazione.

email Seguimi su

Articoli correlati

Articolo 1 di 4