Beni strumentali, nel 2022 il fatturato supera i 54 miliardi di euro: la domanda nazionale (+17,9%) trainata dagli incentivi

Secondo i dati di preconsuntivo resi noti da Federmacchine, il fatturato dei costruttori italiani di beni strumentali è cresciuto nel 2022 a 54.106 milioni di euro, l’8,1% in più rispetto al 2021, grazie soprattutto a un buon andamento della domanda interna trainata dagli incentivi del piano Transizione 4.0. Nel 2023 la crescita dovrebbe proseguire, anche se a ritmi più contenuti. A pesare, in particolar modo, la carenza di componenti, che costringe le imprese a ritardare le consegne ai clienti.

Pubblicato il 20 Dic 2022

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Nel 2022, il fatturato dei costruttori di beni strumentali è cresciuto a 54,1 miliardi di euro, l’8,1% in più rispetto al 2021: è quanto emerge dalle rilevazioni del Gruppo Statistiche Federmacchine, la federazione delle imprese costruttrici di beni strumentali.

Nel 2022 l’industria italiana del settore ha registrato incrementi interessanti per gran parte degli indicatori economici. Sebbene il trend positivo proseguirà anche con il nuovo anno, il 2023 sarà meno brillante.

La domanda interna traina la crescita del settore

Il risultato emerso dai dati di preconsuntivo è stato determinato principalmente dall’andamento delle consegne sul mercato interno, cresciute a 19.733 milioni di euro, pari al 14,7% in più rispetto all’anno precedente.

Più contenuta, invece, è risultata la crescita dell’export che è salito, del 4,7%, a 34.373 milioni di euro.

Il consumo italiano di macchinari, anche grazie ai provvedimenti di incentivo 4.0, è risultato particolarmente vivace: con una crescita del 17,9% ha raggiunto il valore di 31.688 milioni di euro, trainando non solo le consegne interne ma anche l’import, cresciuto del 23,5%, a 11.955 milioni di euro.

Le previsioni per il 2023

Nel 2023, proseguirà il trend positivo, sebbene la crescita avrà ritmo più contenuto, complice l’incertezza che interessa l’intero scenario internazionale.

In particolare, il fatturato crescerà a 55.861 milioni di euro, il 3,2% in più rispetto al 2022. Dello stesso tenore saranno gli incrementi registrati dagli altri indicatori economici.

L’export è atteso in crescita, del 3%, a 35.395 milioni di euro, mentre le consegne interne saliranno a 20.466 milioni, il 3,7% in più rispetto al valore registrato nel 2022.

Anche la domanda interna salirà ancora, attestandosi a 32.679 milioni di euro, con una crescita del 3,1% sul 2022.

L’analisi

“Il 2022 è stato un anno positivo per l’industria italiana del bene strumentale intesa nel suo complesso. Il comparto ha infatti raggiunto livelli di fatturato e consumo mai registrati prima e nel 2023 il trend dovrebbe proseguire, seppure a ritmo più contenuto. Le aziende hanno infatti portafogli ordini davvero ricchi e, nonostante le problematiche con cui tutti noi dobbiamo confrontarci, quali mancanza di componenti elettriche e elettroniche, caro energia e incertezza determinata dal conflitto tra Russia e Ucraina che ancora non si arresta, ci aspettiamo ancora mesi di crescita”, commenta Giuseppe Lesce, presidente di Federmacchine.

Sull’attività del 2022 ha inciso pesantemente la mancanza di componenti, che ha trainato al ribasso la crescita del fatturato del settore, e il problema sembra destinato a perdurare anche nel 2023, con le aziende che sono costrette a ritardare la consegna degli ordini ai clienti.

“Anche per questo accogliamo con favore la proposta fatta dalla maggioranza di governo (che in questi giorni è in discussione in Parlamento, ndr), di prevedere nella Legge di Bilancio 2023 lo spostamento, dal 30 giugno 2023 al 31 dicembre 2023, del termine di consegna dei macchinari e delle tecnologie ordinate entro fine 2022 e per le quali è stato versato acconto del 20%”, aggiunge Lesce.

Altro intervento auspicabile, precisa Lesce, è il via libera che ancora si attende dall’Europa sull’utilizzo da parte dell’Italia, dei fondi non spesi previsti dal PNRR per il 2022 e destinati ai provvedimenti 4.0.

“Con queste risorse potrebbe infatti essere finanziato (anche) il mantenimento delle aliquote al 40% del credito di imposta per gli investimenti in nuove tecnologie di produzione, così da sostenere il mercato domestico ancora particolarmente vivace. Il dimezzamento previsto dell’aliquota, che senza interventi, a gennaio 2023, passerà dal 40% al 20%, potrebbe congelare la domanda interna, bloccando di fatto, il processo di svecchiamento e transizione digitale ora nel pieno del suo dispiegamento. Un rischio, questo, che non possiamo assolutamente correre”, conclude Lesce.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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