Beni strumentali, l’Italia quinta al mondo per l’export (e c’è ampio margine di crescita)

Secondo un rapporto del Centro Studi Confindustria, l’Italia è tra i primi esportatori al mondo di beni strumentali, posizionandosi quinta dietro Cina, Regno Unito, Germania e Austria. L’export di macchinari ad alta automazione, creatività e tecnologia (ACT) ammonta a 28 miliardi di euro e ci sarebbero altri 16 miliardi di euro di potenziale da sfruttare. Per farlo, suggerisce il rapporto, occorre investire su servitizzazione, sostenibilità e innovazione.

Pubblicato il 01 Giu 2023

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L’Italia è quinta al mondo tra i Paesi esportatori di beni strumentali nei comparti automazione, creatività e tecnologia, con un export che vale quasi 28 miliardi di euro e un export potenziale di ulteriori 16 miliardi.

Sono i dati della prima edizione di Ingenium, il Rapporto del Centro Studi Confindustria dal titolo “Il potenziale dei beni strumentali italiani nel panorama internazionale”, realizzato con il sostegno finanziario di Federmacchine e il contribuito, tra gli altri, di Sace per il focus nei Paesi dell’Asean e in particolare in Vietnam, Filippine e Thailandia, il cui mercato rappresenta un grande orizzonte di opportunità per il Made in Italy.

“Riconosciuto per le ottime performance, il made in Italy settoriale assicura da sempre un contributo decisivo al saldo della bilancia commerciale del paese. È infatti l’industria meccanica, nella quale rientra quella rappresentata da Federmacchine, a registrare il surplus commerciale maggiore. Ora, con il Rapporto Ingenium, le imprese del settore hanno a disposizione uno strumento in più per comprendere come e ove orientare la propria offerta, considerando i mercati a maggior potenziale, e alcune indicazioni strategiche per meglio presidiare le aree di sbocco”, commenta Alfredo Mariotti, segretario generale Federmacchine.

L’Italia è tra i primi esportatori di macchinari ad alta automazione, creatività e tecnologia

I macchinari che rientrano nell’analisi sono definiti grazie a tre elementi caratteristici che li contraddistinguono: automazione, creatività e tecnologia. Di qui l’acronimo ACT, che raggruppa 202 categorie di prodotto su cui l’Italia può far leva per affrontare lo scenario internazionale.

Si tratta di macchinari dall’elevato grado di precisione, da una presenza dell’elettronica sempre più pervasiva rispetto alla parte meccanica, dall’agilità nell’adottare soluzioni su misura e da un crescente contenuto di servizi nell’offerta di vendita. Per molte categorie di beni l’Italia esprime un vantaggio competitivo sia in termini di prezzo applicato per la vendita, sia, a parità di prezzo, per le più elevate quantità di macchinari vendute, e non sorprende risulti leader mondiale nella produzione di molte categorie di macchinari.

L’export ACT vale quasi 28 miliardi di euro. Il valore delle esportazioni di macchinari italiani ACT nel mondo può essere diviso per mercati di destinazione. Quelli ad avere maggior peso sono i mercati avanzati, che insieme assorbono più di 18 miliardi di euro. Il valore delle esportazioni nei mercati emergenti è invece più limitato e registra poco più di 9 miliardi di euro.

L’export di ACT è cresciuto in particolar modo nelle Americhe, tanto del Nord quanto in America Latina e nei Caraibi, così come nel continente europeo, destinazioni che hanno registrato la crescita maggiore nel corso del 2022 rispetto ai tre anni precedenti.

I mercati con maggior potenziale di crescita

Dal Rapporto emerge che, tra i mercati avanzati, quelli che offrono un maggiore potenziale sfruttabile sono gli USA (con un potenziale di export aggiuntivo stimato in circa 1,7 mld di euro), Francia e Germania a pari merito (600 milioni di potenziale), poi Austria e Canada. Il potenziale aggiuntivo negli emergenti è guidato dal mercato cinese, dove è ancora sfruttabile il 52% del potenziale di export totale per un ammontare pari a circa 2 miliardi di euro. Questo potenziale in Cina è dovuto in larga parte alla dimensione del mercato. Seguono Turchia (potenziale di 700 milioni) e India (600 milioni), poi Messico e Brasile.

L’Italia risulta inoltre tra i primi esportatori sia per quota di mercato sia per competitività tra i fornitori internazionali di prodotti ACT. Nel 2020 l’Italia si è qualificata quinta, dietro Cina, Regno Unito, Germania e Austria. I principali importatori di macchinari ACT provenienti dall’Italia rimangono gli Stati Uniti, seguiti dalla Germania e dalla Cina.

Come cogliere le opportunità ancora poco sfruttate

Il rapporto, inoltre, sottolinea che ci sono ancora opportunità di business che le imprese possono cogliere per rafforzare ulteriormente la loro posizione sui mercati internazionali.

Ci sono 16 miliardi di export potenziale per i beni strumentali caratterizzati da automazione, creatività e tecnologia. La possibilità di ampliare le esportazioni di questi macchinari a elevata sofisticazione è equamente distribuita tra Paesi avanzati ed emergenti, per circa 8 miliardi ciascuno, suggerendo quindi alle imprese di accrescere le loro quote di mercato in entrambe le aree.

La strada per attivare il potenziale, secondo il rapporto, passa per interventi da attuare su vari assi per la competitività delle imprese, come:

  • supportare la servitizzazione (la fornitura di servizi aggiuntivi post-vendita)
  • adottare comportamenti più sostenibili
  • favorire i trattati internazionali
  • stimolare l’innovazione

“Nel quadro di un ruolo di assoluto rilievo che assume il Made in Italy nell’economia globale e nazionale quale asset fondamentale di crescita, i beni strumentali sono la robusta spina dorsale delle eccellenze italiane esportate all’estero. Senza di loro molti dei beni di consumo, che nel nostro immaginario rappresentano l’Italia nel mondo come moda, arredo e alimentare, non sarebbero realizzabili”, commenta Barbara Beltrame Giacomello, Vice Presidente per l’Internazionalizzazione di Confindustria.

“I macchinari costituiscono sempre una delle prime voci tra i prodotti venduti all’estero e rappresentano una parte significativa del nostro export. Un export che dagli ultimi dati vede dei segnali di rallentamento dopo i livelli record registrati negli ultimi anni e che ha sostenuto la competitività dell’industria italiana in un contesto internazionale reso estremamente sfidante e incerto”, aggiunge.

Ed è proprio alla luce di queste considerazioni e delle opportunità potenziali che sono emerse dal rapporto che, sostiene Beltrame, l’Italia deve essere in grado di mettere a terra con una vera politica di sistema che accompagni le imprese, in particolare le piccole e medie, nei mercati esteri.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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