Beni strumentali, danni contenuti nel 2020 (-14%): la ripresa sarà sostenuta dagli incentivi 4.0

Nel 2020 l’industria italiana dei beni strumentali ha contenuto i danni legati alla pandemia, chiudendo con un valore della produzione di 41 miliardi, in calo del 14% rispetto al 2019, un risultato finale migliore delle attese. Il fatturato 2021 dovrebbe crescere dell’11,1%, trainato dall’export (+11,8%), ma con buone performance anche del mercato interno (+9,7%). All’assemblea è intervenuto anche il VP di Confindustria Marchesini, che ha parlato di transizione digitale e sostenibilità.

Pubblicato il 21 Lug 2021

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Secondo i dati resi noti dal centro studi di Federmacchine, la federazione che raggruppa 12 associazioni di produttori di beni strumentali, tra cui Ucimu – Sistemi per Produrre (macchine utensili) e Ucima (macchine per il packaging), nel 2020 il comparto ha contenuto i danni legati alla pandemia, chiudendo con un valore della produzione di 41 miliardi di euro, in calo del 14% rispetto al 2019 invece del 27% che era atteso: un balzo indietro ai valori del 2015, ma comunque “un risultato finale decisamente migliore di quanto non immaginassimo a inizio della pandemia”, ha commentato il presidente Giuseppe Lesce.

“Il contenimento dei danni, perché di questo si è trattato, – ha aggiunto – è stato possibile grazie alla caparbietà delle imprese che, dopo un primo momento di chiaro sbandamento causato anche dal lockdown, hanno ripreso in mano la situazione riavviando l’attività in Italia e all’estero, nonostante le forti limitazioni alla mobilità di merci e persone”.

Sul risultato complessivo hanno pesato sia la forte riduzione dell’export – crollato a 28 miliardi di euro (-14%) sia il calo delle consegne dei costruttori sul mercato interno, scese del 15% a quota 14 miliardi. Il rapporto export / produzione resta fermo al 67%.

Importante anche la riduzione del consumo (dato dalla somma delle consegne dei costruttori italiani sul mercato interno più le importazioni), che ha sfiorato i 21 miliardi di euro: -18% rispetto ai 26 miliardi registrati nel 2019.

Invariato invece il numero delle imprese e degli occupati: sono oltre 200.000 gli addetti impiegati nelle circa 5.000 aziende del settore.

Il ruolo del comparto per l’economia italiana

I risultati complessivi riflettono naturalmente storie anche molto diverse: “Vi sono settori – ha detto Lesce – che hanno performato meglio anche perché esclusi dal provvedimento di blocco totale della produzione imposto nel mese di aprile dall’autorità di governo, in quanto direttamente inseriti nelle filiere essenziali dell’alimentare o del farmaceutico. A questi si sono contrapposti comparti che, invece, hanno dovuto fermare i propri impianti”.

A completare il quadro l’incidenza del comparto sull’economia del Paese, pari al 2,5% del PIL e in calo di un paio di decimali rispetto al dato 2019.

“Soprattutto – sottolienea Lesce – rimane decisivo il contributo dei beni strumentali e della meccanica in generale alla bilancia commerciale del paese”. Nel 2020, infatti, il saldo complessivo delle merci è stato di +64 miliardi di euro, dunque decisamente più alto rispetto al valore abituale (nel 2019 era di 39 miliardi). “L’incremento si spiega anzitutto con il crollo delle importazioni di carburanti per effetto della crisi e del lockdown. In questo contesto, la meccanica ha confermato il suo ruolo di traino con un surplus di 44 miliardi. Quasi la metà di questo surplus è attribuibile al settore dei beni strumentali rappresentato da Federmacchine”.

La ripresa completa? Arriverà nel 2022 trainata dagli incentivi 4.0

Le prospettive per l’anno in corso sono positive. “Con riferimento al 2021, i primi dati confermano una situazione di generale e costante miglioramento. Le esportazioni di macchinari italiani, nel periodo gennaio-marzo, sono cresciute del 6,8%”, dice Lesce. “Tutti gli indicatori economici cresceranno in modo sostenuto: produzione, export, consumo, consegne interne e import”.

Il fatturato 2021 dovrebbe crescere dell’11,1%, trainato dall’export (+11,8%), ma con buone performance anche del mercato interno (+9,7%).

La ripresa, tuttavia, “non sarà sufficiente a recuperare il terreno perso nel 2020 ma permetterà di ridurre il gap con i risultati pre-pandemici”.

Il recupero avverrà invece l’anno prossimo, grazie alla ripresa dell’attività oltre confine e grazie alla ripresa degli investimenti in nuovi macchinari in Italia sostenuta dagli incentivi previsti dal piano Transizione 4.0.

“Una recente indagine condotta dalla nostra federata UCIMU sul il parco macchine utensili installato nell’industria italiana ha dimostrato che nel quinquennio 2014-2019, anche grazie alla disponibilità degli incentivi governativi, sono state acquistate in Italia 60.000 nuove macchine contro le 39.000 nuove macchine acquistate nel quinquennio precedente, vale a dire il 50% in più”, dice Lesce, che sottolinea: “Oltre all’incremento quantitativo, vi è stato un miglioramento qualitativo del parco. Infatti, più del 60% di queste 60.000 nuove macchine è dotata di controllo numerico. Nel quinquennio precedente, la quota di nuove macchine acquistate dotate di CNC non superava il 37%”. Dati che – aggiunge Lesce – “danno la dimensione del grande sforzo di innovazione che hanno fatto le imprese del bene strumentale nel quinquennio 2014-2019”.

Incentivi strutturali e formazione

E se quindi le nostre fabbriche “sono decisamente più performanti rispetto al recente passato”, c’è ancora molto da fare soprattutto in termini di integrazione 4.0. Per questo – dice Lesce – “è necessario che il processo di ammodernamento e digitalizzazione degli impianti produttivi prosegua anche nei prossimi anni”.

Federmacchine chiede quindi che “le misure attualmente previste quali credito di imposta per le nuove macchine e per le tecnologie 4.0 divengano strutturali così da accompagnare le imprese in un processo graduale e continuo di aggiornamento e trasformazione, presupposto indispensabile per vincere la sfida della competitività internazionale”.

E poi c’è il tema della formazione. “Nuove macchine e nuove tecnologie impongono nuove competenze e quindi forza lavoro preparata ad operare su sistemi e secondo processi spesso completamente differenti rispetto al passato”, dice Lesce.

“Per questo occorre uno scatto deciso da parte delle autorità di governo per aggiornare l’offerta formativa del sistema scolastico a vocazione tecnica e tecnologica”.

Federmacchine è quindi convinta che i fondi resi disponibili dal PNRR per gli ITS – e destinati alla creazione di laboratori 4.0 e infrastrutture tecnologicamente avanzate – saranno utili per valorizzare ulteriormente questi istituti da cui “usciranno giovani professionisti da inserire nelle nostre aziende”.

Nel 2020-2021 sono stati 831.000 gli studenti iscritti agli istituti tecnici, pari al 30% del totale degli alunni delle scuole secondarie. Sono invece risultati 18.000 gli iscritti nei 110 ITS, scuole di formazione tecnica post diploma: “Ancora troppo pochi rispetto alla reale esigenza del settore metalmeccanico in Italia”, chiude Lesce. Ma ora è in arrivo la riforma…

Il futuro? Sempre più digitale e sostenibile

All’assemblea è intervenuto anche il vicepresidente di Confindustria Maurizio Marchesini, che è AD dell’omonimo gruppo che opera in uno dei comparti rappresentati da Federmacchine.

“Credo che in futuro baratteremo un po’ di efficienza in cambio della flessibilità che ci può garantire la digitalizzazione”, ha detto Marchesini.

Ma è chiaro che il Governo deve comprendere la “rilevanza strategica” di questo comparto per l’economia del Paese.

La transizione ecologica? “Non è una passeggiata per radical chic”, ma fatta in maniera adeguata potrebbe essere una “grande opportunità per le nostre imprese”, anche se oggi “siamo ancora ai primi passi”.

Marchesini è intervenuto anche sul tema dell’aumento delle materie prime, che sta preoccupando il comparto, spiegando di non attendersi a breve un’inversione di rotta, quanto piuttosto una stabilizzazione dei prezzi.

Quanto alla politica industriale e agli incentivi, Marchesini è tornato sulla questione della bocciatura della cessione del credito d’imposta da parte della Ragioneria dello Stato e di Eurostat, dicendo però di non aver perso le speranze. “Come Confindustria – ha detto – stiamo lavorando a una soluzione che consenta di superare le osservazioni di Eurostat e dare corpo a una misura che darebbe un deciso boost agli investimenti delle imprese”.

Da ultimo, Marchesini ha anche anticipato che Confindustria sta lavorando “sotto traccia” per ottenere un rinnovo delle maggiori aliquote attualmente in vigore anche per il prossimo anno.

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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