Le imprese italiane, grazie agli incentivi, investono e ammodernano i loro macchinari. E le industrie che si occupano di produrle continuano a crescere sfiorando, nel 2018, il record dei 50 miliardi di fatturato. I dati che arrivano da Federmacchine, la federazione nazionale delle associazioni dei produttori di beni strumentali, parlano, infatti, di un nuovo record. L’incremento rispetto all’anno precedente, infatti, è stato del 6%, con un fatturato complessivo di 49,4 miliardi di euro, a confermare un trend di crescita che prosegue, ormai da 5 anni.
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Tutti i numeri della crescita
A beneficiare di ciò sono state anzitutto le consegne dei costruttori italiani sul mercato interno che, in virtù di un incremento del 10,3%, hanno raggiunto il valore di 16,4 miliardi. Positivo anche l’andamento delle importazioni, il cui valore si è attestato a 10,1 miliardi, il 9,6% in più rispetto al 2017.
Anche le esportazioni hanno registrato segno positivo, attestandosi a 33 miliardi, il 3,9% in più del 2017. Nei primi nove mesi del 2018 (ultimo dato disponibile), i principali mercati di sbocco dell’offerta italiana sono risultati: Germania (+4,7%), Stati Uniti (+22,6%), Francia (+3,7%), Cina (-6,1%), e Spagna (+17,6%).
Nel 2019 la frenata
La situazione, però, è destinata a subire una lieve frenata già quest’anno. Complici un calo fisiologico del mercato interno, ma anche la situazione internazionale e, sopratutto, l’incertezza politica che pesa sul paese. Sarà sopratutto quest’ultimo dato a influire maggiormente. Il calo più consistente, infatti, è previsto sul mercato interno e non verrà bilanciato da quella che può essere solo una lieve crescita dell’estero.
Secondo le previsioni elaborate dal Gruppo Statistiche di Federmacchine, infatti, il 2019 dovrebbe registrare un debole rallentamento. Il fatturato si fermerà a 49,1 miliardi di euro (-0,7%), “zavorrato” dalle consegne dei costruttori italiani sul mercato interno che dovrebbero ridursi del 3,3% a 15,9 miliardi. L’export crescerà, invece, dello 0,6%, a 33,2 miliardi. Il consumo italiano di beni strumentali calerà del 2,5%, a 25,8 miliardi.
Salmoiraghi: “Poca chiarezza disincentiva gli investimenti”
“Sebbene sia quasi fisiologico il rallentamento atteso per il 2019 dopo il record dell’anno passato – sottolinea Sandro Salmoiraghi, presidente Federmacchine – è altrettanto vero che sull’andamento del comparto pesa l’incertezza del contesto in cui operiamo. Alle già complicate condizioni internazionali si aggiunge la poca chiarezza di indirizzo della politica industriale attuata dalle autorità di governo del nostro paese, elementi questi che agiscono da disincentivo delle decisioni di acquisto per investimenti di una certa portata, quali i macchinari e le tecnologie di produzione”.
“L’auspicio è che l’industria manifatturiera italiana continui con l’attività di investimento in nuovi macchinari e in tecnologie 4.0, assicurando così il prosieguo al processo di digitalizzazione delle imprese avviato negli ultimi anni. La crescita costante della domanda italiana di beni strumentali, il cui valore risulta il 60% più alto di quello di 8 anni fa, è certamente indicatore dello svecchiamento degli stabilimenti produttivi del paese ma non è da considerare un traguardo”.
Nostalgia del superammortamento
“Per mantenere il ruolo di secondo paese manifatturiero d’Europa – continua – l’Italia ha bisogno di un tessuto industriale solido, con imprese capaci di generare e trasferire innovazione a tutti i livelli della filiera produttiva. Per questo le autorità di governo devono puntare a rafforzare tutte quelle misure capaci di stimolare le imprese a investire in competitività, vale a dire in nuove tecnologie e formazione per gli addetti”.
A questo è proposito – prosegue Salmoiragni – l’auspicio è che “l’iperammortamento ora in vigore, torni, nel breve periodo, ad essere abbinato al superammortamento, la cui eliminazione rischia di escludere dal doveroso processo di aggiornamento e ammodernamento una fetta importante delle nostre PMI”.
Nuove misure per la formazione
Da parte del presidente di Federmacchine, quindi, anche la richiesta di una revisione della misura per la formazione 4.0 affinché le aziende possano “usufruire del credito di imposta del 40% applicato non solo al costo delle ore di lavoro del personale coinvolto nell’attività, come attualmente previsto, ma anche al costo dei docenti esterni che rappresenta la voce di spesa decisamente più rilevante per una PMI”.
All’aggiornamento del personale già impiegato, inoltre di devono unire misure per la preparazione di personale qualificato. “Vogliamo poter contare su un sistema scolastico in grado di preparare adeguatamente le giovani risorse. Per questo – conclude – deve continuare il lavoro che mira allo sviluppo degli ITS, scuole di alta formazione tecnica che rispondono in modo puntuale a questa esigenza”.