Molti addetti ai lavori e specialisti lamentano che c’è ancora molta difficoltà a far capire l’importanza delle tecnologie di monitoraggio e manutenzione predittiva, gestione e analisi dei dati, alle aziende che ancora fanno manutenzione a rottura. Ma – e questa è la nota positiva – la sensibilità verso la predictive maintenance sta aumentando molto.
Del resto, i vantaggi sono evidenti: costi minori e ottimizzati su almeno due fronti, la manutenzione stessa e la produzione, con la riduzione dei fermi macchina e operativi. Anche perché secondo alcune stime nel Manifatturiero, per ogni turno di lavoro tecnici e operatori perdono circa un’ora per cambiare gli utensili da sostituire o che non funzionano a dovere.
La manutenzione più efficace ed economica è quella che viene fatta nel momento giusto, effettuando l’intervento che garantisca il migliore risultato con il minore impatto. Dato che oggi è possibile sviluppare modelli di gestione delle macchine e degli impianti che, sulla base dei dati analizzati, sono in grado di individuare il tempo residuo prima del guasto, l’elemento esatto che si andrà a rompere e il modo migliore per gestirlo.
Insomma, anche in questo ambito – come in molti altri del mondo Industria 4.0 – le tecnologie per migliorare le cose già ci sono, e in diversi casi anche da parecchio tempo, ciò che spesso manca è l’adeguata conoscenza di queste opportunità, la propensione all’innovazione. Ciò che molte volte invece abbonda è la resistenza e diffidenza verso il cambiamento.
Vizi e virtù emersi nel corso dell’evento digitale realizzato da SPS Italia, per la serie ‘We Love Talking’, dedicato alla manutenzione predittiva, e intitolato ‘Misurare per conoscere, analizzare per prevedere. Automazione e digitale per l’efficienza di macchine e impianti’. Un convegno in rete che ha chiamato a raccolta e messo a confronto diversi specialisti del settore, appartenenti ad aziende e realtà diverse, dal colosso internazionale dell’Automation, alla fabbrica siderurgica, alla multinazionale dell’elettronica.
Secondo l’esperienza diretta e sul campo da parte di Matteo Castiglioni, deputy general manager in Mikron Switzerland, con monitoraggio e manutenzione predittiva, e analisi dei dati avanzata, delle reti e impianti industriali, si può ottenere “un aumento di efficienza tra il 10 e il 20%, e un miglioramento della qualità finale del prodotto, con una riduzione degli scarti e delle parti difettose, fino al 15% del totale”. E lo sottolinea il manager di una realtà manifatturiera dove “utilizziamo speciali macchine chiamate Transfer, ad altissima efficienza e precisione, che realizzano fino a 600 pezzi lavorati al minuto, dieci al secondo, con una precisone dimensionale di qualche micron”.
Ed ecco una serie di indicazioni pratiche e concrete scaturite dal dibattito online, per rompere gli indugi degli indecisi e dei refrattari all’innovazione, per cogliere le possibilità e i plus offerti dalla digital transformation.
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Come usare bene la manutenzione predittiva
La manutenzione basata sui big data e sul machine learning “consente un intervento più efficace e mirato là dove il macchinario lo richiede”, fa notare Simone Albrizio di Lapp Italia, il risultato finale è “l’ottimizzazione delle risorse tecniche, umane e temporali”.
Secondo Pierluigi Petrali, che si occupa di queste tecnologie e soluzioni in Whirlpool e per la produzione di elettrodomestici, non bisogna vedere la predictive maintenance “come un’attività isolata all’interno dell’azienda, ma integrata agli altri importanti elementi che fanno funzionare la macchina aziendale e tutti i suoi ingranaggi, dalla produzione industriale alla Cybersecurity”. Inoltre va pensata e implementata “con un piano prospettico di almeno 3 – 5 anni”.
A chi gli chiede se ci siano gli elementi per una collaborazione con i fornitori degli impianti dei processi primari di integrazione di dati e sensori, per avere un monitoraggio ‘esperto’ dei sistemi, lo specialista della Whirlpool risponde: “dipende molto dai fornitori, non sempre i fornitori di macchinari complessi hanno la giusta sensibilità, e a volte la competenza, per instaurare delle collaborazioni efficaci”.
La manutenzione smart non si basa solo sulle tecnologie
Giuseppe Buzzi, direttore di laminatoio alle Acciaierie di Verona, realtà siderurgica del gruppo Pittini, rimarca che “come in molti ambiti dell’innovazione tecnologica e digitale, non c’è una soluzione buona per tutti, per tutte le aziende, per ‘tutte le stagioni’, ma ogni applicazione va calibrata caso per caso, come si dice, tailor made”.
La manutenzione smart si basa non solo sulle tecnologie, ma anche sulla capacità di comunicare e di collaborare tra operatori, manutentori e azienda. È necessario che il processo sia veloce ed esaustivo, per questa ragione devono esserci strumenti per trasmettere informazioni relative all’operatività e ai guasti, allegando anche foto e video se necessario, per segnalare la presa in carico e lo stato di avanzamento dei lavori: una comunicazione istantanea che faciliti la social collaboration, la gestione e la diffusione delle conoscenze all’interno dell’azienda e, allo stesso tempo, possa essere tracciata e gestita a livello aziendale.
“Molto interessante è la via di distribuire intelligenza verso i sensori per concretizzare il real time”, sottolinea Antonio Cirone di STMicroelectronics, in questo caso “i sensori hanno all’interno dei modelli, di machine learning core e finite state machine, che possono essere configurati ad hoc in base al caso di analisi specifico. Ovviamente non sempre è sufficiente, ma sempre utile distribuire l’elaborazione, e attivare altri algoritmi su microcontrollori o cloud solo quando eventualmente necessario”.
Partire da un progetto piccolo, per poi crescere
Altri due esperti del settore, Stefano Colombo di ABB, e Filippo Marabelli di Lenze Italia, sono sulla stessa linea di intervento: “è meglio partire da qualcosa di semplice e circoscritto, a livello progettuale e realizzativo, per poi raccogliere dati e indicazioni, e così capire come procedere, crescere e sviluppare altre applicazioni”. In pratica, il consiglio è di “partire da un progetto piccolo, per poi andare a scalare su uno più grande”, e “occorre poi affrontare ogni cosa a piccoli passi, step by step, e quindi valutarne i risultati per capire qual è il valore aggiunto che ne deriva”.
E Colombo osserva: “al momento le soluzioni di ABB sono sempre legate al cloud per avere la potenza computazionale necessaria e sfruttare gli algortimi di intelligenza artificiale. Ovviamente queste analisi poi possono essere esportate dal cloud per essere integrate in sistemi in campo”.
Su alcuni punti essenziali sono pressoché tutti d’accordo: è fondamentale conoscere l’effettivo stato di usura dei macchinari, è anche importante nella prima fase del machine learning istruire il modello anche su quelli che sono i falsi allarmi – per non ricorrere a interventi e fermi macchina inutili –, e tutto va sviluppato attraverso una soluzione scalabile, da applicazioni di base fino a quelle più evolute.
La complessità delle analisi cresce velocemente
A occuparsi di predictive maintenance nel gruppo bresciano AB sono Antonio Ciatti e Davide Molinari, che spiegano: “avendo un’architettura hardware che prevede, su ogni nostro impianto, un sistema di supervisione locale, l’agent IoT è un software che permette di essere eseguito direttamente sui supervisori di impianto. In questo modo, non è necessaria l’installazione di hardware aggiuntivo”.
Poi, “dovendo gestire la raccolta dati da impianti di anzianità differente, la soluzione software non è generale, ma dipende dall’hardware del singolo impianto”. La prima scelta a livello di repository IoT è stata l’utilizzo di un’infrastruttura in house, “ma trovandoci in un contesto in cui la complessità delle analisi richieste cresce velocemente, il cloud offre una capacità di scalabilità che al momento sta dando risultati più soddisfacenti rispetto al caso precedente. Questo ovviamente è valido per il nostro caso d’uso, e non è detto sia una considerazione generale”.
Superare la resistenza al cambiamento
Per quanto riguarda invece la Cybersecurity in ambito OT, “bisogna fare un’analisi specifica della situazione, e poi procedere a una segmentazione dei diversi sistemi e impianti aziendali, in modo da proteggerli singolarmente”, è la soluzione indicata da Stefano Floridan di Siemens, ancora troppo spesso invece “non ci sono segmentazioni e Firewall nei punti caldi del processo industriale e produttivo”, e “manca un Firewall perimetrale per proteggere l’area IT e separatamente quella OT”.
Su questo punto anche Samuele Primiani di Indu-Sol rileva: “visto che le reti IT sono in genere già molto monitorate, è il caso di monitorare bene anche le reti OT, perché i dati che ci fanno capire cosa fare e come lavorare arrivano da lì”.
Ma i problemi e gli ostacoli ancora da superare, invece, non arrivano solo da lì, come sottolinea Francesco Fendoni dell’azienda Ams: “durante le nostre demo presso le aziende e gli impianti, abbiamo riscontrato molta difficoltà a far capire l’importanza di questa tecnologie in realtà che ancora fanno manutenzione a rottura”. Si sa, le tecnologie sono spesso molto più veloci ed efficienti di chi le applica.