Manifattura, nel 2022 l’Italia è il Paese europeo con il miglior risultato rispetto al periodo pre-Covid

L’aggiornamento del rapporto Analisi dei Settori Industriali di febbraio condotto da Prometeia mostra che, nonostante un rallentamento nel periodo ottobre-novembre, nel 2022 la manifattura italiana ha consolidato la crescita registrata nel 2021. Dal confronto con gli altri Paesi europei (Spagna, Francia e Germania), l’Italia si posiziona come il Paese con il migliore risultato rispetto al pre-Covid.

Pubblicato il 09 Feb 2023

Europa


Nei primi 11 mesi del 2022 il manifatturiero italiano ha consolidato nel 2022 la fase di forte crescita sperimentata nel 2021: il fatturato deflazionato è aumentato del +2,6% tendenziale (quindi dal confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente), nonostante la frenata dell’ultima parte dell’anno (-1,1% nel bimestre ottobre-novembre), che non ha comunque impedito all’Italia di confermarsi, fra le grandi manifatture europee, come il Paese col migliore risultato rispetto al pre-Covid, con un divario di produzione industriale decisamente inferiore rispetto a Spagna, Francia e Germania.

È questa la fotografia della manifattura italiana che restituisce l’aggiornamento del rapporto Analisi dei Settori Industriali di febbraio condotto da Prometeia, società di consulenza, sviluppo software e ricerca economica.

Il manifatturiero italiano ha consolidato nel 2022 la fase di forte crescita del 2021

Dopo il + 15.9% del 2021, il fatturato deflazionato ha mantenuto un’intonazione positiva nel 2022, crescendo ad un ritmo del 2,6% tendenziale nel complesso dei primi 11 mesi del 2022, pur a fronte di un calo del -1,1% nel bimestre ottobre-novembre.

Una frenata diffusa a livello settoriale, con l’eccezione dei settori Automotive, Meccanica e Largo consumo. Più intenso il rallentamento dei settori a monte delle filiere, i primi a scontare l’indebolimento della domanda (accelerato dalla maggior cautela nelle politiche di approvvigionamento) e la cui operatività è risultata condizionata anche dai livelli eccezionalmente elevati raggiunti dai costi dell’energia, in presenza di minori possibilità di traslare a valle i rincari subiti.

La fase di rallentamento, in parte fisiologica dopo gli elevati ritmi degli scorsi trimestri, è visibile anche dai dati relativi alla produzione industriale ed è risultata più intensa per l’Italia rispetto alle principali economie europee.

Ciò non ha impedito al nostro paese di confermarsi, fra le grandi manifatture europee, quello col migliore risultato rispetto al pre-Covid: -0,5% il divario di produzione industriale rispetto ai primi 11 mesi del 2019), davanti a Spagna (-1%), Francia (-4,9%) e soprattutto Germania (- 5,7%), condizionata dalla lenta ripresa dell’automotive.

La forte crescita dei prezzi sostiene il fatturato a valori correnti

Il fatturato a valori correnti ha registrato un +15,9% tendenziale nei primi 11 mesi del 2022, sostenuto dalla spinta dei prezzi alla produzione che, nel medesimo periodo, hanno segnato un +13%, dopo il +5,1% del 2021.

La spirale inflativa, più intensa in Italia rispetto alle principali economie europee, è stata massima nella prima parte dell’anno, per poi iniziare un percorso di graduale rientro guidato dalla Metallurgia (+7% tendenziale la crescita dei prezzi nel settembre-novembre, dopo un +34,7% nel gennaio-agosto).

Tensioni più persistenti sui prezzi hanno però continuato a riguardare gli Intermedi chimici, gli Altri intermedi e i Prodotti e materiali da costruzione, dove l’Italia – grazie ad una domanda ancora fortemente dinamica sostenuta dagli incentivi alle ristrutturazioni edilizie – conferma maggiori spinte inflative rispetto ai concorrenti europei: +19,3% nel complesso degli 11 mesi 2022 (+25,1% nel settembre-novembre), a fronte di un +16,3% in Francia, +15,3% in Germania, +13,8% in Spagna.

Gli ultimi mesi dell’anno hanno però registrato un’accelerazione dei prezzi nei settori a valle, più intensa per Alimentare e bevande, Largo consumo, Sistema Moda e Meccanica.

È comunque da considerare come per l’Alimentare e bevande, l’accelerazione dei prezzi sia stata più contenuta rispetto a quella sperimentata dai principali partner europei, a fronte di rincari dei listini più intensi per il Sistema moda (con l’eccezione della Germania).

Il mercato interno è stato decisivo per la tenuta del ciclo manifatturiero

La tenuta del manifatturiero riflette il ciclo eccezionale della domanda interna, trainato dalla ripresa dei consumi delle famiglie, che si è rivelata migliore delle attese.

Pur a fronte di vincoli di bilancio che sono divenuti sempre più stringenti, a consuntivo dei primi 9 mesi del 2022 i consumi interni hanno registrato un aumento tendenziale del 6,5%, a prezzi costanti.

Un risultato che ha consentito di ridurre il divario sul pre-Covid (-1,8% rispetto al gennaio-settembre 2019). Un contributo decisivo alla crescita dei consumi è venuto dal rimbalzo dei servizi e dei beni semidurevoli (abbigliamento e calzature in particolare), riflesso della ripresa della socialità e della veloce ripartenza del comparto turistico.

Nel complesso dei primi 9 mesi del 2022 ha trovato conferma anche il ciclo espansivo degli investimenti, che ha segnato un +10,8% tendenziale, smentendo i timori di brusco ripiegamento legati a uno scenario che si è progressivamente deteriorato.

Il contributo maggiore è arrivato dagli investimenti in costruzioni, +13% circa tra gennaio e settembre 2022 su base tendenziale, nonostante una flessione congiunturale nel terzo trimestre, riflesso delle incertezze normative sul Superbonus 110%.

Molto positiva anche l’evoluzione degli investimenti in beni strumentali (+11,7% tendenziale) e in mezzi di trasporto (+8,4%, trainati soprattutto dal rimbalzo delle immatricolazioni relative alle flotte aziendali).

L’export ha offerto un sostegno altrettanto determinante

L’export del manifatturiero italiano ha sperimentato una crescita tendenziale del 6,5% a prezzi costanti nel periodo gennaio-ottobre 2022 (dopo il +12,4% del 2021), seguendo la tendenza al rallentamento del commercio mondiale.

La spinta dei prezzi ha comunque consentito di chiudere a +19,4% a valori correnti, accelerando rispetto al +17,5% del 2021. I mercati UE hanno continuato a fornire un traino importante, con tassi di crescita prossimi o superiori al 20% in tutti i principali sbocchi commerciali: in testa Spagna (+26% tendenziale nel gennaio-ottobre 2022), Germania e Francia (+17% in entrambi i mercati).

Fuori dai confini dell’Unione, da segnalare la decisa espansione del nostro export nell’area ex-NAFTA (attuale USMCA) e in particolare negli Stati Uniti (+31%) che è divenuto il primo mercato per contributo alla crescita dell’export italiano di beni manufatti nel gennaio-ottobre 2022.

L’Italia risulta anzi tra i pochi esportatori europei che sono stati in grado di presidiare la propria quota sulle importazioni degli USA (2,1% la quota italiana in dollari correnti, letta dal lato delle importazioni americane gennaio-ottobre 2022), a fronte di una perdita di Francia (-0,1%) e Germania (-0,3%).

La tenuta complessiva è sintesi dell’avanzamento significativo di alcuni settori, in particolare Largo consumo e Mobili, e di una lieve erosione di quote per Meccanica e Farmaceutica.

Il ruolo chiave giocato dal mercato statunitense è stato in grado di controbilanciare il calo delle vendite in Russia (-23%) e il rallentamento delle vendite sul mercato cinese (+4,3% soltanto nei primi 10 mesi 2022, a fronte di un +20% nel 2021), dove comunque si segnalano le buone performance di Sistema moda, Mobili, Alimentare e bevande e Meccanica. 

Il saldo commerciale registra comunque un deterioramento

La crescita del mercato interno e la necessità di riempire i magazzini hanno alimentato una dinamica intensa delle importazioni nei primi 10 mesi del 2022, +15,5% a prezzi costanti e +28,4% a valori correnti, in ulteriore accelerazione rispetto al rimbalzo del 2021 (+21,1%).

La tendenza, particolarmente visibile negli Intermedi chimici, nella Metallurgia e nell’Elettronica, ha determinato un appesantimento del deficit commerciale di questi settori e un’erosione dell’avanzo commerciale manifatturiero (pari a 73 miliardi nei primi dieci mesi dell’anno, circa 11,5 miliardi in meno rispetto al corrispondente periodo del 2021), che comunque ci vede saldamente alle spalle della Germania.

Sul risultato ha inciso anche una contrazione dell’avanzo commerciale di Meccanica (a fronte di un miglioramento del saldo tedesco nel settore), Sistema moda (in un contesto di deficit commerciale per i principali concorrenti europei), Alimentare e bevande ed Elettrotecnica (in particolare il comparto delle batterie), solo in parte compensata dal miglioramento del saldo di Farmaceutica, Mobili e Largo consumo.

I mercati asiatici sono stati determinanti nel guidare la crescita delle importazioni: l’Italia ha visto la propria quota di import dall’Asia passare dal 17% circa del 2019 ad oltre il 21% del 2022, con ruolo chiave sia dei prodotti intermedi (chimici, metallurgici) sia dei prodotti finiti (come l’abbigliamento, nel Sistema moda).

Il rafforzamento asiatico sta avvenendo a scapito dei mercati di rifornimento più vicini, quali i paesi dell’Europa Occidentale (anche in virtù dei rallentamenti produttivi della Germania) e mostra un’evidente difficoltà ad accorciare le catene globali del valore e, in alcuni comparti, le difficoltà del tessuto produttivo italiano nel cogliere le opportunità di crescita della domanda legata alla twin transition (digital e green). 

Elettronica, Sistema moda e Farmaceutica guidano il ranking di crescita del fatturato deflazionato

La gran parte dei settori ha evidenziato una crescita tendenziale del fatturato deflazionato nei primi 11 mesi del 2022, ad iniziare dall’Elettronica che guida il ranking con un +15,6%, beneficiando di condizioni particolarmente favorevoli sia sul mercato interno (grazie alla spinta del PNRR) sia sui mercati esteri.

Segue il Sistema moda (+14%), dove la ripresa della socialità e dei flussi turistici ha rivitalizzato tutti i comparti, dal tessile/abbigliamento alle calzature/pelletteria, accelerando il percorso di progressivo recupero dei livelli pre-Covid.

Per la Farmaceutica (+11.5%), la ripresa della socialità (con una maggiore circolazione di virus) e la normalizzazione delle attività sanitarie (con il recupero delle cure non effettuate durante la fase peggiore della pandemia) hanno sostenuto il recupero della domanda interna; si tratta, inoltre, del settore che ha messo a segno una performance all’export tra le più brillanti del panorama manifatturiero italiano.

Tra i produttori di beni di investimento, Elettrotecnica (+4,8%) e Meccanica (3,7%) hanno registrato ritmi di crescita del fatturato deflazionato superiori alla media manifatturiera, conservando un buon dinamismo anche nella seconda parte dell’anno, grazie alla tenuta del ciclo espansivo degli investimenti, in particolare quelli volti a favorire la transizione green e digitale (previsti dal PNRR).

Sopra la media, ma in rallentamento nel secondo semestre, Alimentare e bevande (+3,1% nel gennaio-novembre 2022) e Largo consumo (+2,8%), alle prese con un indebolimento dei consumi domestici (via erosione del potere d’acquisto delle famiglie indotta dalle pressioni inflazionistiche) solo parzialmente compensato dalle esportazioni.

La tendenza al rallentamento ha caratterizzato anche i Mobili, complice l’atteggiamento prudente delle famiglie nell’acquisto di beni durevoli per la casa, di fronte a vincoli di bilancio più stringenti; solo grazie alla performance ancora brillante della prima parte dell’anno, il settore ha chiuso i primi 11 mesi con fatturato deflazionato in crescita (+1,3%).

In calo, anche in termini cumulativi, l’annesso settore degli Elettrodomestici (-7%), dove la domanda appare però anche in fisiologico ripiegamento dopo la lunga fase di recupero post-Covid.

Debole l’evoluzione di Autoveicoli e moto (-0,4%), anche se i dati più recenti sembrano indicare un cambio di passo, con livelli di attività in netta accelerazione (comune a tutti i grandi produttori europei), soprattutto per gli Autoveicoli, riflesso della fine della fase più acuta delle strozzature di offerta vissuta tra la seconda metà del 2021 e il primo semestre 2022.

La parte bassa della graduatoria è popolata, infine, dai produttori di beni intermedi, ad iniziare dalla Metallurgia che ha visto il fatturato deflazionato contrarsi del 5,8%, in linea con l’andamento cedente della produzione.

A fronte di livelli di produzione in deciso ripiegamento, invece, con casi estremi di sospensione prolungata degli impianti in alcuni comparti energy intensive quale il cartario, gli altri settori produttori di beni intermedi hanno mostrato miglior tenuta in termini di fatturato deflazionato: stabili sui livelli 2021 gli Intermedi chimici (+0,1%), in crescita moderata Prodotti e materiali da costruzione (+1,2%) e Altri intermedi (+2,8%), e più intensa (sopra la media manifatturiera) i Prodotti in metallo (+3,8%).

In generale, per questi settori la tenuta di un profilo espansivo del fatturato deflazionato è legata al ricorso massiccio alle scorte di magazzino accumulate in precedenza.

Lo scenario è meno penalizzante delle attese ma presenta ancora rischi al ribasso sulla crescita

Gli indicatori di fiducia delineano un quadro ancora incerto, seppure in lieve miglioramento dopo le tensioni autunnali a riflesso di un contesto operativo rivelatosi meno penalizzante delle attese.

Dopo aver toccato un punto di minimo a ottobre, la fiducia delle imprese si è infatti riportata in territorio positivo a gennaio, grazie al miglioramento delle attese di produzione.

L’evolversi dello scenario geopolitico internazionale continuerà a condizionare la fiducia degli operatori nei prossimi mesi. Gli sviluppi del conflitto russo-ucraino e la capacità della politica monetaria di contenere l’inflazione senza deprimere la crescita giocheranno infatti un ruolo rilevante sull’evoluzione futura della domanda, in un contesto in cui, tra l’altro, il risveglio dell’economia cinese potrebbe portare nuove tensioni sui mercati delle commodity.

Le maggiori incertezze pesano sulla tenuta dei consumi che, esaurito l’effetto rimbalzo nei comparti di spesa legati a socialità e turismo, e con il previsto venir meno dei sostegni alle famiglie a basso reddito, potrebbero risentire fortemente del permanere di un’elevata inflazione.

Sul fronte degli investimenti, il sostegno del PNRR continuerà a supportare i progetti di transizione digitale ed energetica, sia infrastrutturali sia delle imprese che, forti di un miglior equilibrio economico-finanziario, potranno affrontare la difficile fase di aumento dei tassi e le potenziali tensioni sui margini operativi senza bloccare il processo di rafforzamento competitivo, ormai in atto da diversi anni e alla base del recente veloce recupero post-Covid.

Un impulso alla crescita potrà venire anche dall’inversione di tendenza della produzione automotive tedesca (già visibile nei dati relativi ai mesi autunnali del 2022), attesa sostenere l’attività delle numerose imprese italiane inserite nella catena del valore. 

Valuta la qualità di questo articolo

C
Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

email Seguimi su

Articoli correlati

Articolo 1 di 4