Malattie professionali, ecco quanto costano (e come prevenirle)

Pubblicato il 09 Mar 2018

visita medica


Spendere per la prevenzione delle malattie professionali conviene, oltre che al lavoratore, anche alle aziende e al sistema Paese. L’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro ha stimato che, complessivamente, i costi degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali comportano una perdita pari al 3,9% del PIL nel mondo e al 3,3% in Europa. Mediamente una malattia professionale costa all’Italia oltre 200.000 euro. Il costo totale rappresenta circa uno 0,5% del PIL. Grazie alla prevenzione, è possibile ridurre i costi dell’assistenza sanitaria, le indennità, l’assenteismo e, di conseguenza, migliorare la produttività; è possibile mantenere in attività i dipendenti più anziani, promuovere metodi e tecnologie di lavoro più efficienti, nonché diminuire le assenze o riduzione dell’orario di lavoro per l’assistenza di un familiare. Secondo le recenti stime dell’EU-OSHA, il ROP (Return on Prevention) è pari a 2,2, cioè ogni euro investito in sicurezza genera un ritorno economico di 2,2 euro.

“Mettere da parte preconcetti, ideologie e interessi commerciali, per unire le forze e trovare modalità operative che consentano di ridurre nella sostanza i rischi e le malattie professionali”. E’ questo, secondo Gabriele Caragnano, Direttore Tecnico di Fondazione Ergo, ciò che deve essere fatto per riuscire a diminuire le malattie professionali, diventate uno tra i problemi più seri che affliggono il nostro sistema produttivo.

Il tema è stato affrontato da Fondazione Ergo che ha condotto uno studio sulle denunce per malattia professionale raccolte dall’Inail nel periodo 2011-2017, con l’obiettivo di analizzare gli aspetti quantitativi del fenomeno per capire l’evoluzione nel tempo delle malattie, la loro distribuzione nei diversi settori dell’economia con un focus particolare sull’industria manifatturiera. Il volume può essere sfogliato gratuitamente qui.

I numeri delle malattie professionali

L’analisi delle denunce totali mostra una tendenza generale di aumento dal 2011 al 2016. Le denunce nel 2016 sono state 60.244: +1.330 rispetto al 2015 (+2,3%) e +12.934 rispetto al 2011, con una crescita del +27,3%. L’analisi settoriale dimostra che il numero di malattie in aumento, fino al 2016, riguarda soprattutto i lavoratori del settore dell’Agricoltura e i dipendenti dello Stato. Nell’Agricoltura, le denunce passano da 8.034 nel 2011 a 12.567 nel 2016, registrando un aumento di oltre il 56%, mentre nel settore pubblico passano da 523 a 732. Nell’Industria e Servizi, invece, il 2016 si presenta piuttosto stabile in confronto al 2015, con una percentuale di aumento del +2,4% passando da 45.843 denunce nel 2015 a 46.945 nel 2016, mentre si registra un aumento del +21,1% rispetto al 2011 (38.753).

Secondo i primi dati provvisori dell’Inail, nel 2017 si ha, invece, un’inversione di tendenza, con una diminuzione di denunce di 2.115, pari al 3,5%: in Agricoltura, si registra un calo del -10,2% (da 12.567 a 11.287), in Industria e Servizi del -1,7% (da 46.945 a 46.136) e nello Stato del -3,6% (da 732 a 706). In entrambi gli ultimi due casi, le diminuzioni sono, quindi, più contenute. Scendendo nel dettaglio delle attività economiche dell’Industria e Servizi, l’industria manifatturiera presenta il maggior numero di denunce, in aumento nel 2016 rispetto all’anno precedente del 3,5% (da 9.555 a 9.894); tuttavia, rispetto al 2011 (10.129), si registra una diminuzione nel 2016 del 2,3%. All’interno dell’Industria manifatturiera, le denunce sono concentrate in modo particolare nella Fabbricazione di prodotti in metallo (1.640, in aumento rispetto al 2011 del 6% e dell’8% rispetto al 2015) e nell’Industria alimentare (1.408, in aumento del 15% rispetto al 2011 e del 13% rispetto al 2015).

Più persone lavorano e più aumenta il numero delle malattie

L’analisi del Centro Studi di Fondazione Ergo ha voluto indagare anche sul legame tra il trend delle denunce e del numero di occupati. E’ presumibile, infatti, che un aumento delle denunce non sia legato ad un peggioramento delle condizioni lavorative nei luoghi di lavoro, ma, piuttosto ad un incremento del numero degli occupati. La diminuzione del 2,3% delle denunce nel manifatturiero del 2016 rispetto al 2011 risulta, quindi, in accordo con la diminuzione dell’occupazione pari al 4,4%.

Diversa è invece la situazione se si confronta l’andamento delle denunce complessive relative a tutti i settori. Dal 2012 al 2016 si riscontra, infatti, un costante aumento delle denunce e un’analoga crescita del numero degli occupati, aumento che potrebbe essere motivato da una maggiore sensibilità dei medici competenti nel diagnosticare la malattia e procedere ad effettuare la denuncia all’Inail. Di contro, la diminuzione delle denunce nel 2017, nonostante la crescita del numero degli occupati, potrebbe invece essere collegata ad una maggiore sensibilità delle aziende ad attuare misure di prevenzione.

Dove, come, quando è perché ci si ammala sul lavoro

La malattia più diffusa fino al 2016 era la sindrome del tunnel carpale. Nel 2017 il primo posto spetta alla tendinite del sovraspinoso (o tendinite della cuffia dei rotatori). Seguono l’ernia discale lombare, l’epicondilite e la spondilodiscopatia del tratto lombare.

In tutte le aree si registrano percentuali in aumento rispetto al 2011, fatta eccezione per il Sud, in cui si registra un calo dell’1%. Le Isole e il Centro vedono un aumento rispettivamente del +18 e +16,7%. Più contenuti, invece, gli aumenti nel Nord-est (+5,5%) e nel Nord-Ovest (+2,8%). Rispetto al 2015, invece, le due aree caratterizzate da una decrescita sono il Sud (-4,9%) e il Centro (-0,9%).

La fascia di età prevalente è quella tra 55 e 59 anni per tutto il periodo esaminato fatta eccezione per il 2011, anno in cui il maggior numero di casi si registra nella fascia 50-54 anni. Nel 2016: il 44% dei casi di denunce riguarda la fascia tra 50 e 59 anni (4.362 casi). Segue il 22% di denunce riscontrate tra i 40 e 49 anni (2.212).

L’analisi per genere mostra una prevalenza di malattie professionali negli uomini in tutto il periodo analizzato dal 2011 al 2016. Nel 2016 il 70% delle denunce nel manifatturiero ha interessato lavoratori maschi contro una quota del 30% di denunce presentate dal genere femminile.

L’analisi dei dati raccolti, ecco i tre punti critici

A chiudere lo studio un’analisi di Gabriele Caragnano, Direttore Tecnico della Fondazione che, grazie a 25 anni di attività nel campo dell’organizzazione del lavoro industriale e di ergonomia dei processi di lavoro, ha elaborato i tre punti che delineano le possibili criticità del sistema:

  • Il primo punto è costituito dall’affidabilità dei modelli di valutazione del rischio da sovraccarico biomeccanico, nelle sue tre parti che riguardano rispettivamente la movimentazione carichi, le azioni di forza e i movimenti ripetuti degli arti, oltre alle posture generali del corpo.
  • Il secondo punto riguarda le modalità di utilizzo degli strumenti di mappatura del rischio ergonomico. Tali strumenti, generalmente pensati da medici del lavoro per essere utilizzati dagli ergonomi, non sono idonei nè sufficienti per un utilizzo massivo in contesti industriali complessi, come quello delle produzioni di prodotti industriali (es. automobili, componenti elettromeccanici, elettronici, elettrodomestici, macchine da imballaggio, macchinari industriali, in cui il numero di combinazioni possibili di prodotti, tipi, opzioni e varianti diventa difficile da gestire e la frequenza di cambi di mix produttivi è assai elevata.
  • Il terzo punto è tutto italiano: la qualità del controllo degli organi addetti e lo spirito poliziesco con cui vengono effettuati i controlli. Il personale incaricato al controllo delle mappature del rischio da sovraccarico biomeccanico spesso non ha le conoscenze sufficienti per operare in ambienti industriali complessi, così chiede in modo indifferenziato l’applicazione di check list standard, che a volte risultano non idonee rispetto alla tipologia di lavorazione in osservazione.

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Fabrizio Cerignale

Giornalista professionista, con in tasca un vecchio diploma da perito elettronico. Free lance e mobile journalist per vocazione, collabora da oltre trent’anni con agenzie di stampa e quotidiani, televisioni e siti web, realizzando, articoli, video, reportage fotografici. Giornalista generalista ma con una grande passione per la tecnologia a 360 gradi, da quella quotidiana, che aiuta a vivere meglio, alla robotica all’automazione.

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