Nel 2022 il Pil italiano dovrebbe continuare a crescere a ritmi sostenuti, per poi frenare nel 2023: è quanto stima l’Istat che nelle sue previsioni per l’economia italiana ha rivisto al rialzo il Pil per quest’anno – si attende una crescita del 3,9%, +1,1 punti percentuali rispetto alla precedente previsione –, a fronte di una contrazione ulteriore della crescita attesa nel 2023, quando il Pil dovrebbe aumentare solo dello 0,4% (-1,5% rispetto alle precedenti previsioni).
La crescita del Pil nel 2022 è sostenuta dal miglioramento dello scenario economico registrato negli ultimi mesi, mentre a trainare al ribasso la crescita del Pil per il prossimo anno è la contrazione del commercio mondiale e l’alta inflazione.
Nel terzo trimestre, il Pil italiano cresce dello 0,5%, più di quanto facciano Germania (+0,4%), Francia e Spagna (+0,2%).
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Economia italiana in crescita nel terzo trimestre
Nel terzo trimestre è proseguita la fase di espansione dell’economia italiana (+0,5% la variazione rispetto al trimestre precedente) il cui livello ha ampiamente superato quello pre-crisi.
L’aumento del Pil è stato sostenuto interamente dalla domanda interna al netto delle scorte, che ha apportato un contributo positivo (+1,6%), mentre la domanda estera netta ha fornito un contributo negativo (-1,3%), associato al forte aumento delle importazioni (+4,2%) e a un miglioramento solo marginale delle esportazioni (+0,1%).
La domanda interna è stata sostenuta prevalentemente dalla spesa delle famiglie residenti e delle ISP (+2,5% la variazione congiunturale) e, in misura più contenuta, dagli investimenti (+0,8%).
In particolare, la spesa per i consumi ha registrato un discreto rialzo nel nostro Paese rispetto a quanto avvenuto nel resto d’Europa: mentre in Italia si è registrato un aumento del +1,8%, in Francia si è mantenuta invariata rispetto al trimestre precedente, mentre in Spagna e in Germania si è registrato un aumento rispettivamente del +1,0% e +0,7%.
Per quanto riguarda le scelte di spesa, si registrano simili dinamiche in Italia e nel resto d’Europa, con la spesa per i servizi e i beni durevoli in netto aumento (+3,1% e +4,6% rispettivamente), a fronte di una leggera flessione della spesa per beni non durevoli (-0,3%).
Dal lato dell’offerta, sono emersi andamenti eterogenei tra i settori. Nei servizi è proseguita la fase di espansione del valore aggiunto (+0,9%) – trainata dai comparti del commercio, trasporto, alloggio e ristorazione –, mentre agricoltura, industria in senso stretto e costruzioni hanno invece segnato una diminuzione.
A novembre, gli indici di fiducia delle famiglie e delle imprese hanno mostrato un rialzo (ad eccezione delle imprese del settore delle costruzioni), interrompendo la fase di flessione che aveva caratterizzato i mesi precedenti. I consumatori hanno espresso un generalizzato miglioramento dei giudizi su tutte le componenti dell’indice, mentre tra le imprese manifatturiere si è segnalata una decisa ripresa delle aspettative di produzione.
In ripresa anche gli investimenti delle imprese
La fase di ripresa economica italiana è stata guidata dall’ampio recupero degli investimenti, la cui quota sul Pil, misurata a prezzi correnti, è aumentata nel terzo trimestre del 2022 di 3,6% rispetto alla media del 2019, attestandosi al 21,6%, un livello ancora inferiore a quello osservato in Francia e Germania (rispettivamente 25,2% e 22,8%) ma superiore a quello della Spagna (20,8%).
L’aumento della quota di investimento in costruzioni (+2,7%) è in parte legato alle politiche di sostegno al settore. Nello stesso periodo è salita anche la quota di investimenti in impianti, macchinari e armamenti (+0,9%) e, in misura modesta, quella dei prodotti di proprietà intellettuale (+0,1%), aggregato che comprende la ricerca e sviluppo e software.
Nel terzo trimestre dell’anno in corso l’Italia ha evidenziato, rispetto ai principali Paesi europei, una quota elevata di investimenti in impianti, macchinari e armamenti (36,1%, circa il 7% in più rispetto alla media dell’area euro) e una contenuta presenza di quelli in prodotti di proprietà intellettuale (14,6%, circa 5 punti in meno rispetto alla media dell’area euro).
Nei primi tre trimestri del 2022 gli investimenti italiani hanno registrato un significativo progresso, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+10,8%), decisamente superiore a quello osservato da Francia Germania e Spagna (rispettivamente +2,0%, +0,2% e +4,8%). La crescita italiana è stata trainata dagli investimenti in costruzioni (+12,8%) e in impianti macchinari e armamenti (+11,6%).
Il rinnovo da parte del governo delle misure di sostegno al settore delle costruzioni, la realizzazione del piano di investimenti pubblici previsti dal PNRR e i timidi segnali di ripresa della fiducia nelle imprese, sono elementi che dovrebbero compensare i segnali negativi provenienti dal peggioramento delle attese sulla liquidità tra le imprese manifatturiere, l’aumento dei costi di produzione e la politica monetaria meno accomodante prevista per il 2023.
Nel 2022 il processo di accumulazione di capitale è previsto in crescita del 10,0% per poi rallentare nell’anno successivo (+2,0%) pur mantenendo il ruolo di motore principale dell’aumento di Pil.
Nel 2023 il rapporto tra investimenti e Pil si attesterebbe al 21,5%.
Commercio vivace, ma aumenta il disavanzo commerciale
Nel periodo gennaio-settembre di quest’anno gli scambi con l’estero dell’Italia hanno mostrato una dinamica vivace, sia per le esportazioni sia per le importazioni rispetto ai principali Paesi europei.
La crescita delle importazioni, favorite dall’andamento favorevole della domanda interna, ha interessato i beni di consumo, quelli intermedi e energetici.
Pesa, tuttavia, sull’andamento degli scambi il deterioramento del saldo commerciale italiano che, negativo dal primo trimestre del 2022, ha registrato un graduale peggioramento nel corso dell’anno ed ha superato, secondo le statistiche sul commercio con l’estero i 16 miliardi di euro nel terzo trimestre (era pari a 9,9 miliardi nello stesso periodo dello scorso anno).
Il forte aumento dei listini delle materie prime ha inciso negativamente soprattutto sul disavanzo energetico e su quello di beni intermedi, in particolare i prodotti chimici e della siderurgia e i metalli.
Nonostante il rallentamento, per il 2022 si prevede un aumento delle esportazioni di beni e servizi del 10,8% e delle importazioni del 13,2% mentre il contributo della domanda estera alla crescita del Pil risulterebbe negativo (-0,5%).
Nel prossimo anno il marcato rallentamento del commercio mondiale porterebbe a una forte decelerazione sia per le importazioni sia per le esportazioni (+2,2% e +2,0% rispettivamente).
Occupazione in salita, anche se a ritmi inferiori rispetto al resto d’Europa
La fase di ripresa dell’attività economica italiana ha avuto un effetto sui differenziali con l’area euro in termini di tasso di occupazione e di disoccupazione.
Nel primo caso, considerando l’intervallo tra il primo trimestre 2019 e il secondo trimestre 2022, la distanza si è moderatamente ampliata passando da 9 punti percentuali (67,8% e 58,8% rispettivamente) al 9,4% (69,7% e 60,3% rispettivamente), evidenziando come la crescita del tasso di occupazione dell’area euro sia stata superiore a quella italiana.
Rispetto al tasso di disoccupazione, la distanza si è invece ridotta passando, nello stesso periodo, dal 3,1% (8,2% e 11,3%) all’1,4% (6,7% e 8,1%).
Le prospettive sull’occupazione mostrano una sostanziale tenuta. Nel terzo trimestre il tasso di posti vacanti per le imprese con almeno 10 dipendenti, si è mantenuto sui livelli del trimestre precedente (1,8%) a sintesi di un incremento nell’industria (+0,1%) e di un decremento nei servizi (-0,1%).
A novembre le aspettative delle imprese sull’occupazione hanno evidenziato una eterogeneità tra i settori, con miglioramenti nella manifattura e nei servizi di mercato e un peggioramento nelle costruzioni.
L’inflazione continua a salire: resta più alta in Italia rispetto al resto d’Europa
Dopo una lunga fase di accelerazione che ha attraversato quasi tutto il 2022, a novembre l’inflazione si è stabilizzata. Nello specifico, a novembre l’indice generale ha riportato una variazione tendenziale (sull’anno precedente) pari all’11,8% nel mese di ottobre e di novembre, dopo aver registrato una crescita tendenziale pari all’8,4% nel terzo trimestre.
Il risultato di novembre sintetizza da un lato il rallentamento dei listini dei beni energetici non regolamentati (+69,9% da +79,4% di ottobre) e dei beni alimentari non lavorati (+11,3% da +12,9%) – andamento legato alla decelerazione dei prezzi delle materie prime –, dall’altro, nonostante le politiche adottate per contenere le tariffe delle bollette, i prezzi degli energetici regolamentati e dei beni alimentari lavorati hanno mostrato un’ulteriore crescita (+56,1% e +14,4% rispettivamente).
I prezzi degli altri beni continuano a mostrare un deciso aumento (+5% a novembre da +4,6% del mese precedente), mentre i listini dei servizi si mantengono sui livelli del mese precedente (+3,8%). In particolare, continuano a crescere i prezzi dei servizi per l’abitazione e quelli ricreativi e culturali, mentre rallentano i prezzi dei trasporti (+6,8% a novembre da +7,2%).
Nel corso del 2022 la diffusione della fase di crescita dei prezzi si è riflessa nelle misure dell’inflazione di fondo, e in particolare in quella al netto dei soli beni energetici (6,1% a novembre da 5,9% a ottobre).
L’andamento dell’inflazione italiana a ottobre e novembre, misurata dall’indice armonizzato dei prezzi al consumo IPCA, risulta superiore a quello dell’area euro con un ulteriore aumento del differenziale.
Al contrario, a novembre l’IPCA al netto dei soli beni energetici mostra invece un differenziale negativo rispetto alla media dell’area (-0,5%), evidenziando come la dinamica tendenziale dei prezzi della componente energia risulti particolarmente sostenuta per l’Italia (+67,8% a novembre) rispetto a quella di Germania (+39,8%) e Francia (+19%).
Per il 2022 la variazione acquisita dell’IPCA al netto dei beni energetici risulta pari al 4,4%, in linea rispetto alle previsioni dell’Istat dello scorso giugno (che stimavano un aumento del +4,7%).
Le previsioni per il 2023: inflazione e scambi commerciali trainano al ribasso la crescita del Pil
L’inflazione è attesa decelerare nei prossimi mesi, anche se con tempi e intensità ancora incerti. Nella media del 2022, il tasso di variazione del deflatore della spesa delle famiglie è previsto crescere (+8,2%, era +1,6% nel 2021) mentre il deflatore del Pil segnerà un incremento significativo ma più contenuto (+3,6%, era +0,5% nel 2021).
Sotto l’ipotesi che le pressioni al rialzo dei prezzi delle materie prime siano contenute nei prossimi mesi e in presenza di una stabilizzazione delle quotazioni del petrolio e del cambio, nel prossimo anno l’inflazione è attesa in parziale decelerazione.
Nel 2023, il deflatore della spesa per consumi delle famiglie e quello del Pil sono previsti crescere rispettivamente del 5,4% e 3,6% in media d’anno.
Proprio la dinamica inflattiva, unita al peggioramento del commercio mondiale, spinge l’Istat a rivedere al ribasso le stime di crescita dell’Italia per il 2023.
La revisione al ribasso del commercio e del Pil mondiale ha determinato una riduzione delle previsioni per il Pil nel 2023 rispetto alle precedenti stime (-1,5%, da 1,9% a 0,4%), degli investimenti (-2,4%) e dei consumi (-1,3%).
L’eccezionale andamento dei prezzi energetici ha determinato una revisione al rialzo dei deflatori del Pil (+2,2%) e della spesa delle famiglie (+2,7 %) per il 2023 rispetto al precedente quadro previsivo.