È diventata ormai una consuetudine per le big tech inaugurare ogni evento, che sia rivolto a partner e clienti oppure ai giornalisti, con l’annuncio di una acquisizione. Cisco non fa eccezione. Sebbene la notizia dell’acquisto di Splunk da parte della multinazionale del networking risalga a settembre 2023, Gianmatteo Manghi, AD di Cisco Italia (foto di apertura), l’ha ricordata incontrando la stampa italiana.
Si tratta della più grande acquisizione in termini di valore, all’incirca 28 miliardi di dollari, nella storia di Cisco, e dovrebbe essere completata entro l’estate 2024. “Può portare due enormi valori sinergici a ciò che facciamo già – sottolinea Manghi -: potenziare incredibilmente la nostra capacità e le nostre tecnologie di osservabilità delle applicazioni, dare un enorme valore aggiunto a tutte le nostre soluzioni di cybersecurity”.
Quella di Splunk è solo l’ultima di una lunga serie di acquisizioni, oltre 200, che fanno parte della strategia di innovazione di Cisco. Una strategia che però non si limita a operazioni di M&A, ma continua a essere basata sulla ricerca e sviluppo in 5 aree: applicazioni, hybrid work, infrastruttura, sicurezza, sostenibilità.
Nell’anno fiscale appena concluso gli investimenti complessivi sono stati pari a 7 miliardi di dollari, con un aumento del 10% rispetto all’anno precedente. Rientrano tra questi investimenti anche quelli diretti ai 2 centri presenti nel nostro paese, a Vimercate e Pisa, in cui lavorano oggi 200 ingegneri. A completamento poi di questa strategia non va dimenticata la collaborazione con i partner che fanno a loro volta innovazione, tra cui le startup e le università.
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Il progetto 1000 MAD, una partnership tra Cisco e Polimi
Il progetto 1000 MAD (1000 Miglia Autonomous Drive) in collaborazione con il Politecnico di Milano è un esempio di partnership con il mondo accademico. Dopo aver testato la Maserati MC20 Cielo sia nella Mille Miglia 2023 sia su strade di città (Bergamo, Brescia, Ferrara, Modena, Milano, Parma), il team guidato da Sergio Savaresi, professore ordinario di Automatica al Politecnico di Milano, sta lavorando attivamente sulla comunicazione in tempo reale dei dati provenienti dal veicolo.
Tra i risultati raggiunti, uno dei principali oggi permette al veicolo di percepire l’ambiente circostante individuando gli ostacoli e rilevando la segnaletica stradale orizzontale. L’ultimo test effettuato il 15 novembre in contesti urbani aperti al pubblico ha permesso di ottenere la validazione degli algoritmi utilizzati durante la 1000 Miglia, con particolare riguardo alle peculiarità dei nuovi tragitti affrontati dalla macchina a guida autonoma.
L’obiettivo del progetto non è solo quello di verificare la fattibilità delle auto driverless, ma di abilitare modelli sempre più evoluti di Mobility as a Service (MaaS) collegati a una elettrificazione della mobilità più pervasiva di quanto possa essere con sistemi tradizionali di guida.
“Vogliamo passare dai combustibili fossili all’auto elettrica – spiega il professor Savaresi – ma c’è un forte mismatch tra proprietà privata e auto elettrica, mentre sarebbe perfetto il matrimonio tra la mobilità a servizio, cioè on-demand o car sharing, e l’auto elettrica per una serie di motivi che vanno dai notevoli chilometraggi supportati alla ricarica ottimizzata”.
AI e quantum computing: le rivoluzioni tecnologiche in arrivo
Se la trasformazione di un ampio settore come quello della mobilità presuppone cambiamenti di natura tecnologia insieme a modifiche profonde nei paradigmi e nei consumi, non è eccessivo parlare di rivoluzione con riferimento all’Intelligenza Artificiale.
Una innovazione su cui Cisco ha condotto una ricerca dal titolo AI Readiness Index, che ha coinvolto aziende appartenenti a 30 mercati presenti in tutto il mondo. L’indagine ha voluto tracciare lo scenario di un mercato in cui l’adozione dell’AI sta accelerando tanto da produrre una metamorfosi che avrà inevitabilmente impatti decisivi su quasi tutti gli aspetti della vita quotidiana e dell’attività delle imprese.
In Italia – in base a quanto emerge dalla ricerca – solo una piccolissima percentuale (8%) delle aziende è pronta a implementare e sfruttare le tecnologie basate sull’Intelligenza Artificiale, mentre il 3% è del tutto impreparata. Il 63% rientra invece nella categoria delle aziende “follower”, ossia preparate solo in parte, con un 26% che ritiene di avere un focus sull’AI, seppure non si senta completamente pronto.
Enrico Mercadante, South Specialists and Innovation Leader di Cisco Italia parla anche di un’altra rivoluzione che si scorge all’orizzonte, quella del quantum computing: “Sarà più una rivoluzione nella capacità di calcolo – dice – in grado di fare calcoli paralleli di problemi particolarmente complessi con uno ‘schiocco di dita’, e che dunque riguarda anche la potenza di calcolo per l’Intelligenza Artificiale, ma anche i temi della cybersecurity”. La ragione infatti è che “gli algoritmi che oggi usiamo per proteggere i dati, con il quantum computing non saranno più sicuri”.
Come si posizionano le aziende italiane sull’AI Readiness Index
Intelligenza Artificiale e quantum computing daranno una svolta a moltissime attività così come le conosciamo, per questo occorre che soprattutto le organizzazioni siano preparate. Per comprendere quanto lo sono effettivamente, l’AI Readiness Index ha interpellato 8.161 leader aziendali su 6 fattori principali: strategia, infrastruttura, dati, competenze, governance, cultura.
Il 92% delle aziende italiane dichiara di avere già o di stare sviluppando una strategia AI ben definita, ma solo il 24% ritiene di avere in azienda un’infrastruttura altamente scalabile, necessaria per supportare l’enorme aumento dei carichi di lavoro che l’Intelligenza Artificiale comporta. Per oltre tre quarti (77%), poi, il problema è quello di doversi procurare ulteriori GPU grafiche, ma non mancano criticità dal punto di vista della latenza e della capacità. Sul fronte dei dati, l’82% delle aziende italiane del campione afferma che i dati nella propria organizzazione sono in parte non integrati o frammentati.
Il che rappresenta un ostacolo se si vuole renderli disponibili per le elaborazioni dell’AI. Anche sul versante delle competenze c’è ancora molto da fare per coinvolgere sia le figure di management intermedie, dove si riscontra un 25% che non è ricettivo o lo è in modo molto limitato, sia i dipendenti, il 33% dei quali ha poca o nessuna disponibilità ad adottare l’AI.
Non è da meno il gap in termini di governance, se è vero che il 77% delle organizzazioni nel nostro paese dichiara di non avere policy AI onnicomprensive. Infine, dal punto di vista della cultura, l’indagine mostra la quota più bassa di aziende “pacesetter”, cioè del tutto pronte, pari a solo il 7%. La buona notizia è che la motivazione ad agire risulta essere alta, visto che 8 su 10 interlocutori asseriscono di stare prendendo in considerazione l’AI con un livello di urgenza moderato o elevato. Verrebbe da dire: meno male.
Articolo originariamente pubblicato il 11 Gen 2024