Lockdown, calo di fatturato, carenze di liquidità, interruzione delle filiere produttive: sono solo alcuni dei problemi che l’emergenza Covid-19 ha creato all’industria italiana, alle prese con una crisi che ha ben pochi precedenti nella storia. Una crisi di cui sono molteplici gli effetti ma anche i tentativi di risposta, a seconda della resilienza delle aziende stesse ma anche delle reazioni che i vari governi nazionali hanno messo in campo.
Temi su cui si confronta quotidianamente il mondo dell’industria del nostro Paese nelle sue diverse declinazioni, e su cui si sono confrontati alcuni esponenti, in occasione della giornata dedicata dalla rete televisiva Class CNBC alla ripartenza del nostro tessuto economico dal titolo, appunto, “RipartItalia”.
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La meccanica e la crisi dell’Automotive
Uno dei settori che ha subito i danni maggiori dall’emergenza Covid-19 è quello della meccanica che, dopo aver chiuso un 2019 segnato già da molte difficoltà, si è ritrovata con un inizio di 2020 ben più drammatico (prima in Cina, Paese a cui è strettamente collegato questo mercato, e poi in tutto il resto del mondo). Alberto Dal Poz, Presidente di Federmeccanica, parla di un vero e proprio “terremoto”, arrivato in modo improvviso e imprevisto. “A differenza nostra, in Germania e Francia le attività non sono state completamente fermate”, spiega. “In Italia molti si sono agitati: avevamo bisogno di riaprire per capire quante macerie avremmo trovato, capire in quale situazione siamo”.
Nel caso della meccanica, uno dei settori ad aver sofferto di più l’impatto della crisi è quello dell’Automotive, che ha subito un calo del 97% delle vendite nel mese di aprile. In questo mercato, la risposta data dall’utilizzo dello smart working “ha quasi congelato la situazione previsionale sugli ordini”, ma negli ultimi giorni (con la ripresa di gran parte delle attività economiche) “i numeri hanno iniziato a peggiorare” pesantemente, per effetto del riadeguamento delle dinamiche degli acquisti sulle filiere italiane coinvolte. Dal Poz in particolare porta l’esempio del “rallentamento violento di alcune dinamiche di investimento in settori come l’elettrico e l’ibrido”, che a fine 2019 avevano visto lo stanziamento di grosse somme da parte di colossi come Volkswagen. “C’è stato un certo ritorno di fiamma su modelli più recenti di motorizzazioni diesel, anche per una logica di ammortamento delle spese sostenute”, spiega Dal Poz.
Una crisi simmetrica, “anche nelle lamentele”, continua Dal Poz, ricordando che le esigenze degli imprenditori italiani sono le stesse dei colleghi, ad esempio, tedeschi. “La richiesta comune è quella di una maggiore attenzione alle imprese: dalla liquidità ai costi legati alla sicurezza da garantire negli ambienti di lavoro, fino a come affrontare una situazione che sarà intermittente per la probabilità di ritorno dei contagi”, prosegue. Serve pianificare “una simmetria di reazione da parte degli imprenditori”.
Nel mondo della meccanica, per esempio, le relazioni industriali non solo non si sono fermate, ma si sono addirittura intensificate nella crisi, anche per condividere le best practices adottate nelle varie aziende. “È un dialogo in corso e che dovrà mediare tra incertezza, uno scenario contrattuale in evoluzione e strumenti di flessibilità per un adeguamento veloce alle nuove esigenze per la tutela delle aziende e dei lavoratori”, conclude il Presidente di Federmeccanica.
Le richieste delle imprese
Ciò che chiedono oggi le aziende dell’industria italiana è liquidità, snellimento della burocrazia, incentivi, investimenti pubblici e privati: in due parole, certezze e velocità. Chiede al Governo di essere più presente Lorenzo Giotti, Presidente di Unionmeccanica, attraverso l’erogazione di risorse a fondo perduto e prestiti a più lungo periodo, “per ridare competitività ad aziende che altrimenti perderemo per sempre”.
“Noi industriali abbiamo capito una cosa molto importante: non possiamo rinunciare ad un sistema statale funzionante”, spiega Francesco Casoli, Presidente di Aidaf (Associazione Italiana delle Aziende Familiari) e della società Elica. “Una parte dello Stato ha un po’ ceduto: penso alla sanità, al trasporto pubblico. Ne faremo le spese e dobbiamo sicuramente lavorare su questo. Da parte nostra, noi imprenditori stiamo cambiando la gestione delle nostre aziende. Abbiamo anche lavorato sui costi, cambiando i processi e le procedure. Chiediamo però che avvenga lo stesso nello Stato: serve un’alleanza nazionale tra pubblico e privato per uscire fuori dalla crisi con delle eccellenze”. Il messaggio e la “grande scommessa” lanciata da Casoli è “utilizzare la crisi per uscirne più forti”, un processo che deve passare da “certezze e velocità di decisione”, perché “le imprese vivono sulla reattività”.
Una delle proposte (e delle necessità) segnalate dal mondo dell’industria è quella di convincere le piccole aziende ad aggregarsi “per creare campioni a livello nazionale e internazionale”, per dirla con le parole di Casoli. Per farlo, serve un aiuto “da parte dello Stato e delle banche”, anche attraverso degli sgravi fiscali, perché ad esempio “per fare innovazione serviranno capitali sempre più grandi”.
Proprio su questo punto si è concentrato anche Alberto Vacchi, Presidente di Ima (Industria Macchine Meccaniche), sottolineando che una delle grandi capacità della sua impresa è stata la gestione di “reti molto forti, che ha consentito di mantenere livelli altissimi di competitività”. Il suggerimento di Vacchi è che le Grandi Imprese diano supporto a quelle più piccole, ai fornitori, mentre “lo Stato dovrebbe prendere in considerazione un incentivo all’aggregazione delle piccole realtà, affinché la dimensione media delle imprese aumenti: chi ha spalle più grandi reggerà meglio”.
Le opportunità della crisi: investimenti e innovazione
Ma la crisi economica connessa all’emergenza Covid-19 può essere anche un’opportunità per l’industria italiana. Quella di riconvertirsi, innovare, rendere stabile ciò che oggi è stato una scelta necessaria e obbligata. “Uno dei provvedimenti che abbiamo deciso è stato rendere operativi meccanismi di digitalizzazione che ci hanno reso possibile contattare da remoto clienti o macchinari”, continua Vacchi, che ha visto nello smart working (attivato già a inizio emergenza con 500 postazioni) uno strumento “fondamentale per continuare a far uscire i prodotti”. Tanto che l’utilizzo del lavoro agile in modo dinamico si è trasformato in un insegnamento “che utilizzeremo anche nella fase successiva alla crisi”.
Anche Sonia Bonfiglioli, Presidente dell’omonima azienda, vede alcuni trend in crescita durante (e anche per) la crisi. “La digitalizzazione diventerà un tema più forte e da adottare rapidamente. Si dovrà accelerare su IoT, Robotica, sostenibilità, interconnessione”, dice. “Per le aziende ci possono essere anche delle opportunità. Il manifatturiero italiano è un settore ancora molto tradizionale”. Il digitale è un’occasione che passa anche dalla formazione. “Non serviranno solo incentivi per le persone (che oggi lavoreranno meno), ma anche per rimettersi in discussione su nuove tecnologie che diventano sempre più necessarie”.
Proprio su questo insiste Marco Nocivelli, Presidente di Anima Confindustria Meccanica, quando invita il Governo a “non interrompere gli aiuti per gli investimenti, dal Piano Industria 4.0 al Green New Deal”. Investimenti per i quali serve un grande processo di sburocratiazzazione. “La burocrazia ingessa tutto”, continua. “Ad oggi vengono promessi aiuti finanziari, ma poi serve sempre compilare moduli su moduli”.