Industria 5.0

L’Europa riflette sulla manifattura e propone di superare gli eccessi dell’Industria 4.0 e spingere il modello dell’Industria 5.0

Il Comitato Sociale ed Economico Europeo, un organo consultivo dell’UE, ha approvato un parere in cui si evidenzia la necessità di superare i limiti e correggere gli errori di Industria 4.0 puntando sul concetto di Industria 5.0, un paradigma più inclusivo e sostenibile. Il documento fornisce alcune raccomandazioni per favorire la transizione verso Industria 5.0 e mette in guardia: anche per il 5.0 occorre “distinguere i fatti dalle strategie di marketing”

Pubblicato il 24 Ott 2024

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L’Europa è chiamata a una profonda riflessione sul futuro della propria manifattura. I progressi introdotti dal paradigma dell’Industria 4.0 in termini di digitalizzazione e automazione dei processi produttivi hanno portato benefici, ma anche alcune distorsioni a causa della scarsa attenzione alle dimensioni sociali e ambientali dello sviluppo. L’emergere di questo modello ha infatti sollevato alcune preoccupazioni in termini di ricadute sociali (stabilità del posto di lavoro, obsolescenza delle competenze) di una forte automazione dei processi produttivi.

Da queste considerazioni muove la Commissione consultiva per le trasformazioni industriali del Comitato Sociale ed Economico Europeo (CESE) nel suo Parere intitolato “Industria 5.0 – Come tradurla in realtà”, che evidenzia la necessità di un cambio di rotta per costruire un modello di sviluppo più sostenibile e inclusivo.

Da Industria 4.0 a Industria 5.0

Il documento invita quindi a ripensare il paradigma di Industria 4.0, mettendo in luce la necessità di mettere al centro il benessere dei lavoratori, la tutela dell’ambiente e la capacità di adattamento alle sfide globali.

Nello specifico, il testo esplora nuovamente la relazione tra Industria 4.0 e Industria 5.0 – già oggetto di alcune pubblicazioni della Commissione –, che viene così spiegato:

Industria 5.0 intende integrare nei processi aziendali le questioni sociali e ambientali, affrontate in modo inadeguato da Industria 4.0, orientata principalmente alla digitalizzazione e all’automazione. Il rapido emergere negli ultimi anni di nuove problematiche e preoccupazioni sta avendo un profondo impatto anche sulle strategie aziendali, e una preoccupazione sempre maggiore riguarda in particolare il concetto – senz’altro ampio – di responsabilità sociale e ambientale delle imprese

Industria 5.0, quindi, “rappresenta una continuazione dell’attuale rivoluzione industriale digitale, ovviando alla scarsa attenzione di Industria 4.0 ai valori sociali ed ecologici, che sono ormai priorità”.

Nella visione della CESE, Industria 5.0 “aggiorna e amplia i concetti di Industria 4.0, concentrandosi su quelle che sono state definite le “tre P”: persone, pianeta e prosperità“.

Non si tratta di rinunciare alla tecnologia, ma di utilizzarla per creare un ambiente di lavoro più inclusivo e gratificante. L’obiettivo è “creare un ecosistema industriale a prova di futuro”, in cui la tecnologia sia al servizio del benessere sociale e della sostenibilità ambientale.

In questa fase, si spiega nel documento, risulta però necessario un “aggiornamento” del significato di Industria 5.0, in virtù dei cambiamenti che si sono verificati negli ultimi anni e, nello specifico, per tre fattori principali:

  • i cambiamenti tecnologici che si sono verificati
  • le crescenti problematiche sociali e politiche che sono intervenute dopo lo sviluppo della visione
  • il cambiamento del paradigma geopolitico, che sta influenzando profondamente il modo in cui la produzione è organizzata spazialmente

Le priorità per il futuro

Per realizzare questa visione, il CESE individua alcune aree di intervento prioritarie in conformità ai tre pilastri dell’Industria 5.0 che sono umanocentrismo, resilienza e sostenibilità.

Per quanto riguarda la centralità dell’uomo, si spiega, va attuato un cambio di rotta che sposti gli obiettivi delle imprese e dell’industria tutta da “produttore di crescita” a “produttore di benessere”.

Bisogna quindi lavorare per la valorizzazione del capitale umano, rimettendo l’uomo al centro dei processi e valutando le implicazioni della digitalizzazione e dell’automazione dei progressi su ambiente e società. Quest’ultimo punto, si spiega nel documento, è stato tralasciato da Industria 4.0 che “ha in qualche modo ignorato l’impatto di una profonda automazione sul capitale umano e sulle società, minacciando i livelli di occupazione e sottovalutando il contributo unico che l’uomo può dare a una produzione di qualità”.

Occorre quindi ricordare quale deve essere il ruolo delle tecnologie nell’industria, andando oltre la generazione del profitto immediato e guardando invece alla competitività delle imprese, come si sottolinea in questo passaggio:

Mentre le macchine possono solo fornire ciò per cui sono state programmate, le persone apportano innovazione e creatività al processo produttivo. Pertanto, è importante creare ponti tra uomini e macchine in tutte le attività, con macchine intelligenti che supportino e aumentino il lavoro umano (ad esempio i “cobot” che automatizzano le parti ripetitive, faticose e pericolose della produzione), consentendo ai lavoratori di concentrarsi. sulla progettazione di processi e prodotti, sulla risoluzione dei problemi, sull’organizzazione, sulla pianificazione e sui servizi ai clienti.

Su questo punto il CESE sottolinea l’importanza di investire nella formazione e nella riqualificazione dei lavoratori, promuovendo competenze digitali, “verdi” e trasversali: “Per liberare il pieno potenziale di Industria 5.0, è necessaria un’ampia gamma di competenze nuove o aggiornate. Oltre alle competenze digitali e tecniche legate ai processi, saranno molto necessarie anche le soft skills”, si legge nel documento.  E poi bisogna garantire una maggiore partecipazione dei lavoratori ai processi decisionali all’interno delle aziende, oltre che promuovere la loro sicurezza e il loro benessere.

Quanto alla resilienza, è considerata un elemento chiave per la sopravvivenza delle imprese in un contesto caratterizzato da incertezza e volatilità. Le imprese devono attrezzarsi per adattarsi ai cambiamenti e resistere agli shock esterni. Questo significa investire in diversificazione, flessibilità e innovazione, per essere in grado di adattarsi rapidamente alle nuove sfide.

Non può mancare l’attenzione alla cyber sicurezza, si legge nel parere, “poiché i sistemi di automazione su larga scala potrebbero collassare completamente a causa di attacchi informatici”.

Terzo imperativo, promuovere la sostenibilità per ridurre l’impatto ambientale dell’industria e favorire la transizione verso un’economia circolare. La sostenibilità non è solo una questione etica, ma anche un fattore di competitività per le imprese europee, che potranno distinguersi sui mercati globali grazie a prodotti e processi a basso impatto ambientale.

Le raccomandazioni del CESE: una roadmap per l’Industria 5.0

Per favorire la transizione verso Industria 5.0, il CESE formula una serie di raccomandazioni concrete.

Le istituzioni europee devono promuovere la creazione di un ecosistema industriale solido e innovativo, che rafforzi la competitività dell’UE e la sua posizione di leadership nell’economia globale, mettendo al centro il fattore umano.

È necessario poi approfondire il concetto di Industria 5.0, analizzando le sue implicazioni economiche, sociali, politiche, giuridiche e tecnologiche, “distinguendo i fatti dalle strategie di marketing“.

Le autorità e le parti sociali devono collaborare per sviluppare un quadro di riferimento chiaro e definito per l’Industria 5.0, che includa piani d’azione per la sua diffusione, tenendo conto dei potenziali costi sociali. Questo implica investire nell’innovazione, promuovere la competitività delle imprese europee, mantenere alti i livelli occupazionali e migliorare la qualità del lavoro. Per una transizione ordinata, è essenziale favorire la partecipazione dei lavoratori e un dialogo sociale inclusivo, che coinvolga tutti gli stakeholder e la società civile.

L’adozione di Industria 5.0 deve essere supportata da piattaforme collaborative e da partenariati pubblico-privati, che sviluppino strumenti di apprendimento, creino programmi aziendali e promuovano la condivisione di buone pratiche. L’accesso a questi programmi deve essere garantito a tutti (PMI, imprenditori, dipendenti e regioni remote) come elemento chiave per l’innovazione e lo sviluppo.

Industria 5.0 deve contribuire a rendere il settore manifatturiero più attraente per i giovani, affrontando la carenza di capitale umano qualificato, trattenendo le competenze, motivando i lavoratori e sfruttando il potenziale innovativo delle nuove generazioni.

In ambito di politica industriale, il CESE raccomanda di:

  • Allineare la visione di Industria 5.0 alle politiche europee esistenti (Green Deal, strategia industriale, AI Act, ecc.), aggiornandole per integrare i principi di questo nuovo paradigma.
  • Integrare i principi di Industria 5.0 nella trasformazione degli ecosistemi industriali e nei programmi esistenti.
  • Aumentare la consapevolezza delle potenzialità delle tecnologie digitali tra le imprese, in particolare le PMI, supportandole nella definizione dei loro obiettivi e nell’attuazione di piani strategici.
  • Fornire un sostegno concreto agli investimenti necessari per l’aggiornamento tecnologico delle aziende.
  • Concentrarsi su intere catene del valore, ecosistemi e processi di produzione circolari, integrando gli obiettivi sociali nello sviluppo economico.
  • Investire in programmi di ricerca e innovazione per sviluppare nuovi modelli economici sostenibili, resilienti e incentrati sull’uomo.
  • Utilizzare Industria 5.0 come leva per le strategie di trasformazione regionale, promuovendo la riqualificazione economica, le politiche di giusta transizione e la creazione di catene del valore circolari e sostenibili.

I decisori politici devono adottare un approccio responsabile all’innovazione digitale, che valorizzi profili normativi eticamente orientati ai valori della democrazia, dell’equità sociale e della concorrenza leale.

L’integrazione delle tecnologie digitali in una prospettiva antropocentrica e la trasformazione delle imprese in “organizzazioni di apprendimento permanente” sono fondamentali per rafforzare la competitività dell’UE.

Industria 5.0, l’innovazione e la regolamentazione come vettore di inclusività

Il parere, come già accennato, è stato redatto dal Comitato Sociale ed Economico Europeo (CESE). Si tratta di un organo consultivo dell’UE che comprende rappresentanti delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro e di altri gruppi d’interesse.

Formula pareri su questioni riguardanti l’UE per la Commissione europea, il Consiglio dell’UE e il Parlamento europeo, fungendo così da ponte tra le istituzioni decisionali dell’UE e i cittadini dell’Unione.

Il CESE elabora ogni anno tra i 160 e i 190 documenti principali, tra pareri e relazioni informative. Di questi, il 70 % è elaborato su richiesta del Consiglio, della Commissione europea o del Parlamento europeo.

Il 21 % è composto da pareri d’iniziativa (come in questo caso) e relazioni informative, mentre il 9 % da pareri esplorativi, generalmente richiesti dal paese che detiene la presidenza dell’UE.

Proprio grazie alla pluralità dei soggetti coinvolti, i pareri prodotti riescono a fornire una lettura multidisciplinare di temi importanti per l’UE, fornendo un valido supporto per i regolatori.

“Questo parere vuole sottolineare l’importanza di lavorare su politiche industriali di matrice meno tecnocratica e su politiche per l’innovazione tecnologica che pongano al centro l’inclusività, anche per dare più peso all’identità europea”, spiega Paolo Manfredi, Consigliere del relatore per questo parere d’iniziativa come esponente della società civile.

“Basare la regolamentazione su questo approccio è ovviamente più complesso, perché richiede un’attenzione particolare per evitare che si vada a intaccare in qualche modo la competitività delle imprese. Tuttavia solo tenendo a mente il tema dell’inclusività si può evitare che l’innovazione non diventi un ulteriore strumento di separazione e di esclusione tra i Paesi”, aggiunge.

Il documento

EESC-2024-01285-00-00-AS-TRA-IT

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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