Con le nuove tecnologie digitali cambia il mondo, cambia il modo di lavorare e di produrre, e per questo si cercano di prevedere e profilare quelle che saranno le professioni e le competenze del futuro, ed ecco che ne arrivano due nuove: il Technology broker e l’Innovation broker.
Non sono due evoluzioni, o adattamenti, di figure professionali o mansioni già esistenti, ma due profili di specializzazione finora inediti. Li hanno ‘intercettati’ e definiti professori universitari e operatori delle risorse umane che – in questi tempi di forte e veloce trasformazione tecnologica – provano ad analizzare la domanda, la richiesta di figure professionali, da parte delle imprese, in modo da allinearvi la formazione e l’aggiornamento dei giovani, neolaureati, studenti, e prossimi universitari.
In occasione della Milano Digital Week 2021, il Made Competence Center Industria 4.0, che fa capo al Politecnico di Milano, ha organizzato due appuntamenti online dal titolo ‘Formazione 4.0: nuovi modelli di collaborazione tra università e imprese’ e ‘Le professioni nella fabbrica del futuro’, per “evidenziare le trasformazioni in corso, e mettere in collegamento i talenti delle nostre università con le aspettative e le richieste più urgenti che ci arrivano ogni giorno dalle imprese e dall’Industria 4.0”, come sottolinea Marco Taisch, presidente del Made.
Questi due nuovi profili del Technology broker e dell’Innovation broker emergono proprio dalle novità e dalle osservazioni di scenario trattate nel corso di questi due eventi in streaming via web.
Che caratteristiche hanno? Come tutte le nuove figure professionali – ancora di più se proiettate nel futuro – hanno contorni ancora da definire nel dettaglio, e ancora di più sono soggetti a cambiamenti ed evoluzioni veloci, seguendo un mondo hi-tech che corre e un relativo mondo del lavoro che insegue, arrancando un po’ o molto, a seconda dei casi.
Ma in sostanza questi due nuovi ‘broker’ della trasformazione digitale avranno il compito di costruire e gettare ‘ponti’ di conoscenza e comunicazione tra aree e competenze aziendali diverse, come quelle dell’Information technology (IT) e dell’Operational technology (OT), tanto per fare un esempio già ben noto agli addetti ai lavori, o tra l’area di management e quella di ricerca e sviluppo, che ancora oggi e troppo spesso si comportano e procedono come fossero dei compartimenti stagni, o quasi.
Saranno professionisti – ma non troppo specialisti super tecnici – in grado di rispondere ai requisiti necessari per valorizzare al meglio le potenzialità e le prospettive date dalle nuove tecnologie. Detto in un altro modo: degli ‘integratori’, di soluzioni, conoscenze, competenze, possibilità e novità. In modo che l’innovazione all’interno dell’azienda sia e resti sempre il più possibile allineata, in tempo reale, con l’evoluzione tecnologica esterna e complessiva, e non sia sempre costretta a ‘inseguire’, e a colmare ritardi, come invece ancora troppo spesso accade.
Un Technology broker può, potrà, quindi essere ad esempio un ingegnere con un mix articolato di competenze, IT e digitali, manageriali e di soft skill, con conoscenze interdisciplinari e trasversali. E l’Innovation broker sarà un innovatore di ancora più ampio respiro, in parte simile all’attuale figura dell’Innovation manager, ma con competenze più tecnologiche e operative, e meno manageriali, un ‘facilitatore’ dell’evoluzione tecnologica più operativa e concreta, e meno gestionale, che saprà conoscere, mettere insieme e valorizzare al meglio le varie e differenti risorse e soluzioni disponibili sul mercato e sullo scenario internazionale e globale. E poi non è detto che le due figure di ‘broker’, oggi dai contorni già sfumati, potranno confluire o coincidere in una sola.
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Sarà sempre più richiesta la sinergia tra uomo e robot
Nelle professioni del futuro, tra quelle più ‘tradizionali’ che resteranno molto richieste e in voga, ci saranno ad esempio gli ingegneri meccatronici, elettronici, meccanici, i responsabili di produzione, e comunque si prevede un forte sviluppo del ruolo dell’ingegnere. Tra le figure più nuove e recenti, si prevede una forte spinta per esperti di IoT, digital twin, tecnologie additive, realtà aumentata, cybersecurity, Big data specialist.
“Sarà sempre più richiesta una sinergia efficace tra uomo e robot”, sottolinea Marinella Sartori, esperta in nuove competenze e risorse umane per Wyser e Gi Group, “la collaborazione tra uomo e macchina andrà a potenziare e sviluppare le attività umane e quelle complessive”, in pratica, per un tecnico e operaio specializzato del futuro sarà normale lavorare insieme e fianco a fianco con un cobot, usando tablet e sistemi di realtà aumentata, come fino all’altroieri le ‘tute blu’ armeggiavano con cacciaviti e saldatori.
Il 65% dei lavori del futuro ancora non esistono
Il continuo rinnovo tecnologico “inevitabilmente porta a una obsolescenza culturale molto più veloce rispetto al passato”, fa notare Hermes Giberti, docente dell’Università di Pavia, “quindi i giovani e gli studenti dovranno aggiornarsi più spesso, e dovranno saper affrontare problemi nuovi”.
I numeri, come sempre, sono la migliore cartina di tornasole del cambiamento in atto: il 65% dei lavori che svolgeranno i giovani della Generazione Z – quelli nati tra il 1995 e il 2010 – ancora non esistono. Mentre il 45% delle attività e dei compiti oggi ancora svolti tradizionalmente e prevalentemente da esseri umani sono rimpiazzabili e sostituibili con tecnologie già esistenti. Non solo. In 4 anni, dal 2020 al 2023, “la rivoluzione digitale creerà 200mila nuovi posti di lavoro ad alta specializzazione e con competenze aggiornate, e solo in Lombardia saranno richiesti 30mila ingegneri di cui il 50% oggi sono difficili da trovare per le aziende”, anticipano Emilio Sardini ed Emiliano Sisinni, docenti dell’Università di Brescia, un territorio molto dinamico ed ‘evoluto’ – rispetto a tante altre zone del Paese – dove “circa il 70% delle aziende stanno già investendo nella trasformazione digitale”.
Esperti in intelligenza artificiale e Cyber risk governance
Agli atenei e centri di formazione, di vario ordine e grado, spetta il compito di aggiornare la propria offerta formativa e i propri corsi, possibilmente alla stessa velocità con cui cambiano il modo di lavorare e di produrre in fabbrica e sul territorio.
Non a caso, per fare qualche esempio tra i tanti possibili, di recente l‘Università Statale di Milano e quella di Pavia hanno avviato nuovi corsi dedicati a formare esperti in intelligenza artificiale, mentre il Politecnico milanese e la Bocconi hanno sviluppato una sinergia per creare professionisti in Cyber risk strategy and governance. I primi, gli specialisti in Artificial intelligence, dovranno usare le chiavi operative dell’impresa, farla funzionare come una macchina sempre più performante e sofisticata, i secondi avranno in mano le chiavi della sicurezza e della tutela dell’intero sistema. Ci sarà bisogno di un Technology broker per farli ‘parlare’ insieme? Pare di sì, un traduttore dal linguaggio degli algoritmi a quello dei Firewall, e viceversa.