Per le imprese italiane l’anno che ci siamo lasciati alle spalle è stato caratterizzato da luci e ombre. Tra i trend di maggior rilevanza, l’aumento del livello di automatizzazione delle fabbriche: al netto del settore Automotive, l’Italia si attesta come il Paese che ha investito maggiormente nei robot.
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Il quadro d’insieme
Bene costruzioni e servizi, industria in calo
Secondo i dati riportati nel capitolo dedicato alle imprese della relazione annuale della Banca d’Italia, nel 2023 il valore aggiunto dell’economia italiana ha registrato un incremento dell’1,1%, un valore più contenuto rispetto a quello dell’anno precedente (nel 2022 era stato del 3,9%). Non tutti i comparti però si sono mossi nella stessa direzione.
Il settore terziario ha proseguito la sua espansione grazie alla ripresa dei servizi ricreativi e ricettivi, che erano stati fortemente colpiti dalla pandemia. Le costruzioni hanno fatto registrare una buona crescita, grazie al sostegno del Superbonus. L’industria in senso stretto ha subito invece una contrazione a causa della debolezza della domanda internazionale, in particolare da parte della Germania, che lo scorso anno è stata in recessione, e degli effetti persistenti dei rincari energetici.
La produzione industriale si è ridotta del 2,5% (-0,4% nel 2022), con un calo diffuso in tutti i principali comparti. Sulla flessione hanno inciso la debolezza del ciclo produttivo globale, specie quello tedesco, l’inasprimento delle condizioni di finanziamento e i perduranti effetti dei passati rincari energetici, soprattutto nei comparti energivori (metallurgia, chimica, fabbricazione della carta e lavorazione dei minerali non metalliferi). I settori che hanno performato meglio sono stati la farmaceutica e la fabbricazione di mezzi di trasporto.
Prosegue il trend verso la concentrazione
L’Italia è storicamente un paese dominato dalle micro e piccole imprese. Il report della Banca d’Italia evidenzia però un progressivo processo di riallocazione delle risorse verso le imprese più grandi, fenomeno già in atto prima della crisi pandemica e comune anche ad altri paesi europei. Tra il 2019 e il 2022, si legge nella Relazione, la quota di lavoratori occupati nelle imprese con almeno 250 addetti nel settore privato non agricolo e non finanziario è aumentata di 0,6 punti percentuali, raggiungendo il 24,5%. Questo incremento si è concentrato nei servizi di supporto alle imprese e in quelli di informazione e comunicazione.
Il peso dei tassi
Luci e ombre, dicevamo. Se infatti da una parte la redditività delle imprese è migliorata, dall’altro si è fatta sentire la stretta creditizia dovuta all’elevato livello dei tassi di interesse: i dati mostrano infatti una contrazione nei prestiti bancari dovuta a una minore domanda di finanziamenti e a politiche di offerta più prudenti da parte degli istituti di credito. Questo fenomeno ha aumentato le difficoltà di accesso al credito per le imprese più piccole.
Sui robot l’industria italiana ha sorpassato la Germania (ma non nell’Automotive)
L’utilizzo dei robot industriali rappresenta un fenomeno rilevante nel panorama produttivo italiano.
I robot industriali svolgono una gamma di attività sempre più ampia, in particolare nella produzione di veicoli a motore, nei settori della gomma e plastica, farmaceutico, e dei computer e prodotti di elettronica.
Come utilizzatore di robot nella manifattura, in Europa l’Italia è terza, dopo la Germania e la Spagna. Tuttavia, sottolinea la Banca d’Italia, se si esclude il settore automobilistico, l’industria manifatturiera italiana risulta la più automatizzata in Europa.
In particolare, si legge nel report, “le produzioni di apparecchi elettrici, di macchinari e di prodotti in metallo sono in Italia tradizionalmente più intensive nell’utilizzo di robot; a questi settori si sono aggiunti quelli metallurgico, alimentare e farmaceutico, nei quali il numero di robot installati, inizialmente contenuto, è cresciuto nell’ultimo decennio a un ritmo più sostenuto rispetto agli altri paesi”.
In Italia inoltre l’automazione dei processi produttivi non sembra avere effetti di sostituzione della forza lavoro, a differenza di quanto accaduto negli Stati Uniti, mentre si registra una correlazione positiva con la produttività.
Ricerca e Sviluppo e proprietà intellettuale
L’analisi della Banca d’Italia rileva un progressivo aumento della spesa in ricerca e sviluppo, che tuttavia rimane ancora bassa rispetto agli standard internazionali.
Gli incentivi fiscali alle imprese per la ricerca e l’innovazione sono fondamentali per sostenere il progresso tecnologico e la crescita economica a lungo termine. In Italia, l’ammontare degli incentivi fiscali è inferiore rispetto a quello di altri paesi europei: in Italia le agevolazioni per la spesa in R&S delle imprese in forma di contributo ammontavano allo 0,50% del PIL, in linea con quanto registrato in Spagna (0,53) e nel Regno Unito (0,56), ma meno che in Francia (0,72) e in Germania (0,94).
Per quanto riguarda gli investimenti in prodotti della proprietà intellettuale, in Italia nel 2023 si è registrato un aumento superiore a quello degli anni precedenti, grazie in gran parte agli investimenti in software, basi di dati e ricerca e sviluppo. Le domande di brevetto da parte di richiedenti italiani sono cresciute a ritmi superiori alla media europea, con aumenti significativi in quasi tutte le aree tecnologiche, in particolare nell’ingegneria meccanica ed elettronica. Tuttavia, l’intensità brevettuale in Italia rimane bassa rispetto a paesi come Germania e Francia.
Le rinnovabili
Nonostante i progressi nel livello di digitalizzazione delle imprese e nell’installazione di capacità energetica da fonti rinnovabili, l’Italia deve ancora compiere passi significativi per raggiungere gli obiettivi stabiliti a livello europeo.
L’inclusione nel PNRR delle risorse e dei progetti finanziati dal piano REPowerEU (incluso il piano Transizione 5.0) potrebbe rappresentare un impulso decisivo per superare gli ostacoli amministrativi e infrastrutturali allo sviluppo delle energie rinnovabili.