Nel 2021 l’80% delle imprese con almeno 10 addetti è ancora a un livello d’adozione dell’ICT basso o molto basso e ancora poche PMI vendono online. Tuttavia l’uso di tecnologie in cloud è cresciuto e, tra le imprese mature, anche l’adozione di dispositivi IoT e soluzioni basate sull’intelligenza artificiale. Sono alcuni dei principali dati che emergono dal rapporto Istat “Imprese e ICT”, secondo il quale l’anno scorso il 60,3% delle PMI italiane ha raggiunto almeno un livello base di intensità digitale: sopra la media (il 56%) dei paesi Ue27, ma ancora lontani dal target europeo per il 2030, fissato al 90%.
A livello europeo la transizione digitale è misurata attraverso indicatori chiave sullo stato della digitalizzazione in termini di infrastrutture abilitanti, competenze, utilizzo da parte di individui, famiglie, imprese e pubblica amministrazione. Alcuni di questi indicatori sono inclusi nell’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (Desi), che dal 2015 monitora l’evoluzione delle prestazioni digitali negli Stati membri dell’Ue e i risultati delle politiche nazionali.
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Cloud e social media in crescita
I dati Istat mostrano lenti miglioramenti – in analogia con la media Ue27 – nell’area del commercio elettronico delle PMI, ma anche importanti accelerazioni nell’adozione di servizi cloud di livello intermedio o sofisticato (52% contro una media Ue27 del 35%) e nell’utilizzo di almeno due social media (27%; +10 punti percentuali dal 2017).
Arretra l’adozione di software per la condivisione di informazioni tra funzioni aziendali diverse (Erp, Enterprise Resource Planning), passando dal 37% del 2017 al 32% in controtendenza rispetto all’andamento della media Ue27 che ha raggiunto il 39%.
Le PMI italiane si collocano al decimo posto della graduatoria per quanto riguarda la digitalizzazione ‘di base’ (ovvero almeno 4 delle 12 attività legate all’adozione di ICT), prima delle PMI tedesche (59%) e di quelle francesi (47%).
La terza dimensione (Integration of Digital Technology) del Desi 2021, misurata con dati 2020, pone l’Italia al decimo posto in Europa. Il nostro Paese avrebbe scalato due posizioni, raggiungendo l’ottavo posto, se i valori di alcuni indicatori della dimensione fossero stati sostituiti con quelli relativi a e-commerce, cloud, ERP e social media.
Digitalizzazione “spinta” ancora poco diffusa
Rispetto al Digital Intensity Index (indicatore composito di digitalizzazione valutato in base a 12 caratteristiche specifiche) l’80% delle imprese con almeno 10 addetti è ancora a un livello d’adozione dell’ICT ‘basso’ o ‘molto basso’ , non essendo coinvolte in più di 6 attività tra quelle considerate. Il restante 20% svolge invece almeno 7 delle 12 funzioni, posizionandosi su livelli ‘alti’ o ‘molto alti’ di digitalizzazione.
Il 60,8% delle imprese con almeno 10 addetti ha un livello di digitalizzazione ‘di base’ e occupa il 78,1% di addetti. Il divario maggiore (oltre 30 punti percentuali) si riscontra nell’adozione di software gestionali di condivisione delle informazioni come ERP e CRM. Per tutti gli altri indicatori si registrano differenze tra i 19 punti percentuali dell’Intelligenza artificiale e i 28 punti percentuali per l’adozione di dispositivi intelligenti e l’utilizzo di almeno due social media.
La connessione in banda larga fissa con velocità almeno pari a 30 Mbit/s è la tecnologia diffusa nella maggior parte delle imprese (78,3%), anche tra quelle che la adottano come unica tra le 12 analizzate (67,1%).
La dimensione delle imprese fa la differenza
Nella classe di imprese 10-49 addetti la situazione più frequente corrisponde all’utilizzo della sola banda larga a velocità almeno pari a 30 Mbit/s (BL). Nel caso delle grandi imprese è invece maggiormente diffusa una combinazione più complessa che conta almeno nove tecnologie: connessione a Internet, cloud (cc, CC), software gestionali (ERP, CRM), uso dei social media (SM, 2SM) e dei device intelligenti (IoT).
È solo tra le imprese con almeno 50 addetti che tra i primi quattro modelli tecnologici più utilizzati è inclusa anche l’adozione dei software gestionali (ERP e CRM). La presenza di IoT e di vendite online almeno pari all’1% dei ricavi totali si riscontra invece solo nelle imprese con almeno 250 addetti.
Il cloud di livello medio-alto (CC) è un’attività scelta anche dalle piccole imprese, mentre Internet delle cose e Intelligenza artificiale ricorrono tra le prime quattro combinazioni solo tra le imprese che hanno già adottato altre attività di base.
Sei imprese su 100 utilizzano strumenti di IA
Il 6,2% delle imprese ha dichiarato di utilizzare sistemi di Intelligenza Artificiale per almeno una delle sette finalità proposte (8% la media Ue27), quota che arriva al 15,4% tra le imprese attive nel settore dell’ICT e raggiunge incidenze maggiori nelle telecomunicazioni (18,1%), nell’informatica (16,9%), nella fabbricazione di computer e prodotti di elettronica (15,7%).
Nel 6% delle imprese dell’informatica e delle telecomunicazioni viene adottato un utilizzo combinato di almeno tre tecnologie IA; tale quota raggiunge rispettivamente il 12,2% e il 10,3% nel caso di due tecnologie IA. IoTLe principali finalità degli strumenti di IA sono: estrazione di conoscenza e informazione da documenti di testo (37,9%), conversione della lingua parlata in formati leggibili da dispostivi informatici attraverso tecnologie di riconoscimento vocale (30,7%) e automatizzazione di flussi di lavoro attraverso software robot (30,5%).
Nel settore manifatturiero il 39,0% delle imprese utilizza IA per finalità di automatizzazione. Nel settore dei servizi prevalgono le finalità conoscitive: il 44,3% delle imprese fa ricorso a strumenti di IA per l’estrazione di informazioni da documenti di testo.
Gli ambiti aziendali in cui vengono più spesso adottati sistemi di intelligenza artificiale sono relativi a processi di produzione, ad esempio per la manutenzione predittiva o il controllo qualità della produzione (31,8%), alla sicurezza informatica (26,6%), alla funzione di marketing o vendite, ad esempio per funzioni di assistenza ai clienti o campagne promozionali personalizzate (24,0%) e alla gestione d’impresa attraverso l’analisi dati a supporto degli investimenti o per effettuare previsioni di vendita (21,6%).
Processi produttivi ‘intelligenti’ per una impresa su tre
Nel 2021 utilizza dispositivi IoT il 32,3% delle imprese con almeno 10 addetti (29% la media Ue27). Si tratta, in particolare, di dispositivi per la sicurezza dei locali dell’impresa come, ad esempio, sistemi intelligenti o smart di allarme (74,6%) e per la manutenzione di macchine o veicoli attraverso sensori monitorati o controllati via Internet (29,9%).
I settori in cui vengono maggiormente utilizzati sono energia (45,9%), attività immobiliari (42,5%), fabbricazione di coke e di prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio (40,7%), industrie alimentari (40,3%), telecomunicazioni (39,8%) e fabbricazione di apparecchiature elettriche (39,6%).
Dal punto di vista delle dimensioni, sono soprattutto le imprese con almeno 250 addetti, rispetto a quelle con meno di 50 addetti, a sfruttare queste tecnologie intelligenti per migliorare l’efficienza produttiva e gestionale (rispettivamente 59,0% e 30,5%).
La vendita online non decolla
Nel 2020 la percentuale di imprese con almeno 10 addetti che hanno effettuato vendite online continua a essere contenuta (18,4%) e, sebbene si sia registrato un incremento di due punti percentuali rispetto all’anno precedente, resta sotto la media Ue27 (23%). Una crescita più consistente riguarda le imprese con almeno 250 addetti, che sono anche più attive nel mercato delle vendite elettroniche (44,5%, da 40,2% nel 2019) rispetto a quelle con 10-49 addetti.
I più attivi nel campo e-commerce sono il settore ricettivo (83,7%), le attività editoriali (73,1%), le attività dei servizi delle agenzie di viaggio (47,8%). Ma le vendite online sono diffuse anche nei settori delle telecomunicazioni (30,1%), del commercio al dettaglio (31,0%) e all’ingrosso (28,6%), delle industrie alimentari (28,5%), delle attività dei servizi di ristorazione (24,8%) e delle attività audiovisive (23,6%).
Il 16,2% delle imprese ha venduto via web (13,7% nel 2019), tale canale continua a essere preferito rispetto a quello degli scambi elettronici di dati in un formato stabilito (EDI), utilizzato dal 3,3% delle imprese con almeno 10 addetti (4,3 nel 2019, 3,4% nel 2018). Tra le imprese che vendono online usando il web, prevalgono quelle che hanno avuto come clienti i consumatori privati (86,2%) rispetto ad altre imprese e amministrazioni pubbliche (53,0%).
Nel 72,4% dei casi le imprese che vendono via web (76,8% nel 2019) hanno usato siti web o app della propria impresa, mentre nel 63,0% dei casi sono utilizzati siti o app di intermediari (64,3% nel 2019). L’uso di piattaforme digitali da parte delle imprese che vendono via web è particolarmente diffuso nel settore della ristorazione (89,3%; 99,4% nel 2019) e dei servizi ricettivi (91,8%; 97,6% nel 2019).
Nel 2020, come effetto delle difficoltà dovute alla pandemia, si registra un incremento della quota di imprese che hanno venduto via web nei servizi di ristorazione (da 10,3% nel 2019 a 24,7% nel 2020), nella produzione audiovisiva (da 9,6% a 22,5%), nel commercio al dettaglio, esclusi autoveicoli o motocicli (da 21,8% a 30,8%) e nelle industrie tessili (da 6,5% a 15,0%).
Il 18,9% delle imprese ha dichiarato di aver avviato o incrementato nel corso dell’anno gli sforzi per vendere beni o servizi via Internet e reagire alla situazione creata dall’emergenza sanitaria. Ad attivarsi sono state soprattutto le imprese operanti nei settori più interessati alle vendite online e colpite dalle misure di contenimento, quali il settore ricettivo (41,8%), quello dei servizi delle agenzie di viaggio, dei tour operator (39,3%), il settore delle attività editoriali (38,0%) e quello del commercio al dettaglio escluso autoveicoli e motocicli (36,0%).
Calo di ricavi da vendite e-commerce nel turismo
Nel 2020, la quota di fatturato da vendite derivanti da ordini ricevuti online sul fatturato totale resta stabile rispetto al 2019 (12,9% contro una media Ue27 del 20%); sono le imprese con 100 addetti e oltre che fanno da traino (oltre il 17%) rispetto a quelle di minore dimensione (4,3%). La riduzione dei ricavi da vendite e-commerce si registra soprattutto nel settore ricettivo e delle agenzie di viaggio (-8,4 punti percentuali e -5,2 punti percentuali rispetto al 2019).
L’87,0% del valore delle vendite web deriva da ordini ricevuti su canali propri e il restante 13,0% da quelli connessi a intermediari digitali. In controtendenza rispetto all’andamento generale emergono le imprese della ristorazione (87,5% da 64,2% nel 2019), delle costruzioni e della fabbricazione di computer, nei quali più del 60% dei ricavi via web proviene da vendite effettuate tramite piattaforme digitali.
Il canale delle vendite online tramite scambi elettronici di dati in un formato stabilito (Edi-electronic data interchange), impiegato soprattutto nelle transazioni business-to-business (B2B), continua a generare una quota di fatturato online superiore a quello derivante dalle vendite effettuate via web (rispettivamente 8,7% e 4,2% del fatturato totale, in linea con il 2019). Il settore della fabbricazione dei mezzi di trasporto presenta la quota più alta di fatturato online business-to-business (30,7%),
I settori più rivolti alle vendite verso consumatori privati registrano quote di vendite via web più elevate rispetto a quelle derivanti da Edi: ciò avviene per i servizi di alloggio (29,4% del fatturato deriva dal web e solo lo 0,5% dal B2B), le produzioni audiovisive (rispettivamente 26,1% e 12,5%), le agenzie di viaggio (15,0% e 1,4%) e le telecomunicazioni (12,2% e 0,9%).
Si conferma il primato nel fatturato da servizi on line (37,8%) dei settori del commercio all’ingrosso e al dettaglio. Seguono il settore dei servizi di fornitura di energia (13,4%), della fabbricazione di mezzi di trasporto (10,5%), delle industrie alimentari (7,8%) e della fabbricazione di apparecchiature elettriche (5,3%). I servizi ricettivi e quelli della ristorazione partecipano con quote minimali al volume totale di affari online (1,0% e 0,4%) nonostante l’ampia incidenza (rispettivamente 15,4% e 14,5%) sul totale delle imprese attive online.