Le aziende italiane innovano poco, il Belpaese solo diciannovesimo nella classifica dell’Ocse

Una classifica dell’Ocse mette in fila i Paesi in base al numero delle aziende che fanno innovazione di prodotto o di processo. Il dato dell’Italia è poco incoraggiante: solo il 52% delle aziende fa innovazione

Pubblicato il 01 Feb 2020

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Solo poco più della metà delle aziende fa innovazione in Italia. E il Belpaese si piazza così al 19esimo posto nella classifica dell’innovazione dei 36 Paesi membri dell’Ocse (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Un risultano ‘mediano’ e – diciamocela tutta – decisamente mediocre.

Il dato è relativo al triennio 2014-2016, prima che iniziasse in Italia la stagione degli incentivi per l’innovazione digitale, ma il piazzamento è comunque poco lusinghiero e dimostra che resta ancora molta strada da fare, soprattutto considerando che gli altri Paesi corrono e innovano più di noi.

Sul podio Canada, Svizzera e Norvegia

L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che ha sede a Parigi e riunisce 36 Stati membri sparsi sui cinque continenti, ha recuperato ed elaborato i dati nazionali che inquadrano lo sviluppo delle aziende di ogni Paese e di alcune economie partner: prendendo in considerazione il triennio 2014-2016, e andando a vedere quante imprese, in percentuale sul totale, in quel periodo hanno realizzato almeno un’innovazione – di prodotto o di processo – al proprio interno. Ne risulta una classifica dell’innovazione, all’interno dei Paesi Ocse, o, come viene definita dalla stessa organizzazione internazionale, una graduatoria degli ‘indicatori di innovazione’.

A guidare questa classifica delle aziende più innovative è il Canada: in base ai dati disponibili, poco meno dell’80% delle aziende canadesi ha realizzato almeno un’innovazione al proprio interno, tra il 2014 e il 2016. Al secondo posto si piazza la Svizzera, con oltre il 70% di aziende innovative, seguita dalla Norvegia, staccata di pochi punti percentuali.

Al quarto gradino della classifica si piazza il Portogallo, un po’ sorprendentemente se si considera la storia industriale del Paese iberico, ma che ha evidentemente guadagnato molto terreno, se circa il 65% delle aziende portoghesi hanno sviluppato almeno un’innovazione interna nel periodo considerato. Segue, al quinto posto assoluto, la Finlandia, terra non nuova ai primati tecnologici, e staccati di poco gli Stati Uniti: per entrambi i Paesi, le aziende che hanno fatto innovazione sono oltre il 60%.

Fonte: OECD, based on the 2019 OECD survey of national innovation statistics and the Eurostat’s Community Innovation Survey (CIS-2016), http://oe.cd/inno-stats, January 2020

Chi fa innovazione in Italia

Bisogna quindi scendere di un bel po’ la graduatoria per trovare l’Italia, con il suo 19esimo piazzamento, e con poco più della metà delle imprese che hanno fatto qualcosa di innovativo.

L’Italia è stata ampiamente superata anche dalla Turchia (decima in graduatoria Ocse), dalla Grecia (13esima), Islanda (17esima) e Svezia (18esima, appena prima di noi). Alle spalle dell’Italia si piazzano, tra gli altri, la Corea del Sud (che risulta 25esima su 39), il Giappone (26esimo), e la Spagna (al 28esimo posto). Ultima in classifica la Polonia.

C’è da osservare che il triennio preso in considerazione dall’Ocse va dal 2014 al 2016, proprio l’anno in cui ha mosso i primi passi nel Belpaese il Piano nazionale Industria 4.0, seguito fino a oggi da altre misure statali di incentivo e sostegno all’innovazione. I cui numeri ed effetti, quindi, ci auguriamo di trovare nella prossima edizione del rapporto Ocse.

Scendendo più nel dettaglio, in Italia il totale delle aziende che hanno fatto innovazione è pari al 52%. Il risultato coincide con quanto hanno fatto le piccole e medie imprese, mentre nelle grandi aziende sale all’81%. A livello settoriale l’innovazione è stata fatta più nel manifatturiero (56%) che nei servizi (47%).

Il 31% delle aziende ha fatto innovazione di prodotto; la stessa percentuale ha fatto innovazione di processo. Il 29% ha introdotto innovazioni organizzative e il 26% nel marketing.

Le imprese più grandi sono più ‘avanti’

“È la più grande analisi di questi indicatori dell’innovazione che ora includono, per la prima volta, risultati comparabili per gli Stati Uniti e per le altre principali economie”, fanno notare gli analisti e gli economisti dell’Ocse. Lo studio fornisce informazioni sulla misura in cui le imprese hanno implementato prodotti e processi aziendali nuovi o migliorati, il loro grado di novità e la loro importanza economica, le attività di investimento e di collaborazione sostenute nell’ambito di questi sforzi, e il ruolo dei mercati e del supporto governativo dedicato nei diversi Paesi.

Gli sforzi e i risultati dell’innovazione mostrano un grado di concentrazione significativo, in quanto le imprese più grandi tendono a essere più innovative delle piccole imprese. Nel Paese mediano dell’Ocse, il 53% delle imprese ha introdotto un nuovo prodotto o processo di business nel 2014-2016, e queste imprese innovative rappresentano il 70% dell’occupazione complessiva.

Gli Indicatori dell’innovazione dell’Ocse mostrano anche che il sostegno (pubblico) e le condizioni della domanda di innovazione sono importanti: ad esempio, le imprese che sono attive sui mercati internazionali hanno maggiori probabilità di essere innovative e viceversa. Va poi rilevato che l’innovazione non è esclusiva delle industrie manifatturiere, dell’Ict o di quelle che impiegano un numero elevato di scienziati e ricercatori come l’industria farmaceutica. Tuttavia, le differenze marcate nel tasso di innovazione tra i vari settori (vedi grafico) suggeriscono che c’è spazio sia per l’innovazione radicale che per una maggiore diffusione che porti all’aumento della produttività.

Source: OECD, based on the 2019 OECD survey of national innovation statistics and Eurostat’s Community Innovation Survey (CIS-2016), http://oe.cd/inno-stats, January 2020.

Una definizione di innovazione

Per determinare che cosa sia l’innovazione gli analisti dell’Ocse fanno riferimento al famoso manuale di Oslo, che sarà alla base anche delle definizioni di “innovazione” che consentiranno di accedere agli incentivi previsti in Italia (credito d’imposta per ricerca, sviluppo e innovazione) dalla legge di bilancio 2020.

Per innovazione di prodotto si intende “un bene o servizio nuovo o migliorato che si differenzia in modo significativo dai precedenti beni o servizi dell’azienda e che è stato introdotto sul mercato”. Ciò include miglioramenti significativi di una o più caratteristiche o specifiche di prestazione, come la qualità, le specifiche tecniche, la facilità d’uso o l’usabilità.

Per innovazione dei processi aziendali si intende invece “un processo aziendale nuovo o migliorato per una o più funzioni aziendali che si differenzia in modo significativo dai precedenti processi aziendali dell’azienda e che è stato introdotto nell’azienda”. Ciò include le varie funzioni all’interno di un processo aziendale, come la produzione di beni o servizi, la distribuzione e la logistica, il marketing e le vendite, i sistemi di informazione e comunicazione, l’amministrazione e la gestione d’impresa.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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