La meccanica italiana “si trova stretta in una morsa”, per dirla con le parole di Marco Nocivelli, il presidente di Anima Confindustria. “Essendo principalmente un’industria di trasformazione, dalla materia prima al prodotto finale, la meccanica si trova a metà della catena di fornitura” e rischia di pagare gli effetti di una situazione difficile, iniziata lo scorso anno e aggravata nelle ultime settimane dalla crisi Russia-Ucraina.
“I settori rappresentati da Anima Confindustria, con una quota di fatturato pari a 52,1 miliardi di euro, rappresentano una parte importante dell’economia italiana e rischiano il blocco, o nei peggiori casi la chiusura, se non saranno presi a breve provvedimenti veramente efficaci”. L’associazione che rappresenta la meccanica varia chiede quindi interventi sui costi dell’energia, delle materie prime e dei noli marittimi.
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L’analisi dello scenario
I rincari dell’energia – spiega l’associazione in una nota – hanno sicuramente un notevole impatto sulle imprese energivore (acciaio in primis, ndr), ma generano sui loro clienti – tra cui le aziende meccaniche – un doppio effetto; da una parte il rincaro energetico ha raddoppiato le bollette di tutte le imprese, ma allo stesso tempo ha comportato una difficoltà a reperire i materiali, a causa dei rallentamenti o delle chiusure di imprese che stanno a monte della filiera.
La conseguenza – prosegue l’analisi – “è l’esplosione di una voce di costo – le materie prime – che per i settori Anima incide circa per il 50% sul valore del prodotto finale”.
Come evidenzia Pietro Almici, vicepresidente di Anima Confindustria, a titolo di esempio, le aziende, “oltre a riscontrare ritardi nelle consegne dei componenti elettronici con tempi di attesa superiori a nove-dodici mesi, oggi a causa del conflitto in atto hanno enorme difficoltà a reperire prodotti siderurgici. In particolare bramme e lamiere, fondamentali per le attività delle aziende della meccanica, che hanno subito aumenti superiori al 80% nel giro di poche settimane”.
Tutto questo rende estremamente complicato il prosieguo della produzione: “A questi prezzi in costante aumento, e soprattutto con carenza di materiali, le aziende non riescono a lavorare”, prosegue Almici. “Considerando le sanzioni alla Russia, l’impossibilità di produzione dell’Ucraina, il blocco dei porti di questi paesi, vengono a mancare circa 3,2 milioni di t/anno di prodotti piani e semilavorati sul mercato italiano e circa 11,5 milioni di t/anno sul mercato europeo”.
La situazione si aggrava
I blocchi produttivi ucraini e le sanzioni contro la Russia provocheranno nuovi shock sul lato dell’offerta di materie prime e di semilavorati, determinando “impatti devastanti sui prezzi e sulle potenzialità di fornitura di commodity necessarie alle filiere produttive italiane”, spiega Anima – Confindustria.
Ad aggravare la situazione c’è l’aumento dei costi dei noli marittimi del +500-800% in un anno a seconda delle tratte, una complicazione che oltre a rendere difficile le esportazioni – la meccanica italiana esporta il 57,1% dei propri prodotti – rende praticamente impossibile comprare materie prime su altri mercati.
“Il problema principale – sottolinea Nocivelli – è la mancanza di una previsione di quello che accadrà nei prossimi mesi, che di fatto rende impossibile produrre offerte ai clienti finali. La situazione diventa insostenibile per molti dei nostri settori che spesso lavorano su commesse di lungo periodo e, trovandosi a dovere rispettare i contratti in essere, se riescono a trovare i materiali devono poi assorbire tutti i costi legati agli aumenti di prezzo delle materie prime. Se non si trovano soluzioni immediate, i nostri settori saranno nell’impossibilità di garantire i contratti o di stipulare nuovi ordini, con il rischio di perdere quote di mercato rispetto ai concorrenti stranieri o di fermare la produzione”.
Che cosa serve
Nocivelli prosegue esprimendo apprezzamento per quanto fatto finora dalle istituzioni, ma “dobbiamo essere consapevoli che le misure approvate fino a questo momento, come l’azzeramento degli oneri di sistema e i crediti d’imposta per energia elettrica e gas, non bastano”.
Il sistema industriale italiano – prosegue – “ha un vitale bisogno di ulteriori sostegni per continuare a operare”.
Per questo occorre intervenire “in maniera strutturale per contenere i costi dell’energia, aumentare la produzione italiana di materie prime e soprattutto consentire l’approvvigionamento da paesi extraeuropei riducendo i costi dei noli marittimi ed eliminando i dazi e le quote sulle importazioni almeno fino alla fine dell’anno”.