L’Agenzia delle Entrate sentenzia: “Il credito d’imposta per acquisto beni strumentali non fruito entro tre anni si perde”

La parte di credito d’imposta per l’acquisto dei beni strumentali che non viene recuperata entro tre anni sarà irrimediabilmente persa. A sancirlo, in una risposta all’interpello di un’impresa preoccupata di non poter sfruttare appieno il beneficio offerto dall’incentivo, è l’Agenzia delle Entrate. Nell’articolo tutti i dettagli di un’interpretazione restrittiva della legge destinata a suscitare forti polemiche

Pubblicato il 19 Lug 2021

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La parte di credito d’imposta per l’acquisto dei beni strumentali che non viene recuperata entro tre anni sarà irrimediabilmente persa. A sancirlo, in una risposta all’interpello di un’impresa preoccupata di non poter sfruttare appieno il beneficio offerto dall’incentivo, è l’Agenzia delle Entrate.

Per raccontarvi questa storia ci toccherà scomodare Laocoonte, Cerbero e Penelope. Capirete presto perché.

Iniziamo ricordando che il sistema dei crediti d’imposta per l’acquisto beni strumentali,  introdotto nel 2020 in sostituzione dei vecchi super e iperammortamento e modificato dalla legge di bilancio 178/2020 e poi dal decreto Sostegni-bis, prevede la fruizione del credito per i beni strumentali 4.0 in tre anni, mentre il periodo di fruizione è ridotto a un solo anno per i beni strumentali semplici.

Il comma 1059 della legge 178/2020 recita infatti

1059. Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, in tre quote annuali di pari importo, a decorrere dall’anno di entrata in funzione dei beni per gli investimenti di cui ai commi 1054 e 1055 del presente articolo, ovvero a decorrere dall’anno di avvenuta interconnessione dei beni ai sensi del comma 1062 del presente articolo per gli investimenti di cui ai commi 1056, 1057 e 1058 del presente articolo. Per gli investimenti in beni strumentali effettuati a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2021, il credito d’imposta spettante ai sensi del comma 1054 ai soggetti con un volume di ricavi o compensi inferiori a 5 milioni di euro è utilizzabile in compensazione in un’unica quota annuale.

Il comma 1059 bis introdotto dal Decreto Sostegni-bis (DL n. 73/2021, art. 20), attualmente in fase di conversione in legge in Parlamento, aggiunge poi che

1059-bis. Per gli investimenti in beni strumentali materiali diversi da quelli indicati nell’allegato A annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, effettuati a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2021, il credito d’imposta spettante ai sensi del comma 1054 ai soggetti con un volume di ricavi o compensi non inferiori a 5 milioni di euro e’ utilizzabile in compensazione in un’unica quota annuale.

I vantaggi del credito d’imposta rispetto a super e iper ammortamento

Quando nel 2020 arrivò la nuova normativa dei crediti di imposta, la Politica si affrettò a elencarne i vantaggi, citando in cima alla lista l’ampliamento della platea dei potenziali beneficiari fino al 40% (così disse l’allora ministro Stefano Patuanelli). Perché? Semplicemente perché i crediti d’imposta possono essere fatti valere anche da quelle realtà estranee al regime degli ammortamenti, e da tutti quei soggetti che hanno qualche debito verso la Pubblica Amministrazione da saldare tramite F24.

Nell’elenco dei nuovi beneficiari – diciamolo subito – vi sarebbero state anche le aziende agricole, per esempio.

L’altro grande vantaggio sbandierato dalla politica erano i tempi di recupero del beneficio. Mentre con il sistema degli ammortamenti il tempo medio superava anche i 7 anni, la normativa 2020 portava quei tempi a 3 anni per i beni semplici e a 5 per i beni 4.0, tempistiche ulteriormente ridotte nel 2021, come abbiamo visto, a 1 anno per i beni semplici e 3 per i beni 4.0.

Due bei vantaggi, effettivamente, che avrebbero dovuto spingere l’uso dell’incentivo, considerato centrale per la ristrutturazione del parco macchine italiano.

“Timeo Danaos et dona ferentes” (il cavallo di Troia)

Ed eccoci a Laocoonte. Quando vide il Cavallo di Troia lasciato come regalo dai Greci davanti alle porte di Troia, il Troiano disse: “Aut aliquis latet error: equo ne credite, Teucri. Quidquid id est, timeo Danaos et dona ferentes” “C’è di certo un inganno. Non credete al cavallo, Troiani. Qualsiasi cosa sia, temo i Greci, anche quando offrono doni.”. Così evidentemente è anche per le imprese italiane.

Purtroppo infatti le migliori condizioni di favore riservate alle imprese italiane, soprattutto dal 2021 in poi, possono far piacere ad alcuni, ma danneggiare altri. Che cosa accade, infatti, nel caso in cui, a fronte di una determinata quota annuale di spettanza, l’azienda o il professionista non siano in grado di recuperare l’intera quota entro l’anno di spettanza? E che cosa accade se entro il terzo anno non si è recuperato tutto il credito?

Sebbene infatti i crediti d’imposta possano essere utilizzati in compensazione di praticamente qualsiasi tipo di versamento da effettuare tramite F24 (IVA, altre imposte e tasse, ritenute di acconto ecc.), può ben darsi il caso di aziende che abbiano diritto a un credito d’imposta che supera le loro capacità di recupero, soprattutto nel caso dei beni materiali non 4.0 in cui il recupero del beneficio avviene, a partire da quest’anno, interamente nell’anno stesso dell’effettuazione dell’investimento. Potrebbe essere, per esempio, il caso degli imprenditori agricoli o dei professionisti (per i beni non 4.0) che non hanno dipendenti.

Mentre in linea generale i crediti d’imposta non utilizzati si possono sempre riportare a nuovo, nel caso dei crediti d’imposta derivanti da incentivi che esplicitamente prevedano la ripartizione del beneficio in quote di pari importo la risposta al quesito non è così semplice e netta.

Lo zuccherino di Telefisco

Il 28 gennaio 2021 2021, in occasione di Telefisco, l’Agenzia delle entrate aveva però specificato che “in caso di incapienza dell’utilizzo nell’anno di riferimento, è possibile riportare la quota non utilizzata del credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi all’anno seguente”.

Infatti già con la circolare n. 5/E del 19 febbraio 2015, relativamente al credito di imposta per investimenti in beni strumentali nuovi, allora previsto dal decreto-legge 24giugno 2014, n. 91, è stato chiarito che “nel caso in cui, per motivi di incapienza, la quota annuale – o parte di essa – non possa essere utilizzata, la stessa potrà essere fruita già nel successivo periodo di imposta, secondo le ordinarie modalità di utilizzo del credito, andando così a sommarsi alla quota fruibile a partire dal medesimo periodo di imposta”.

Un sospiro di sollievo per tutti, finché un nostro lettore ci ha segnalato una risposta ad interpello dell’Agenzia delle Entrate proprio su questo punto.

Cerbero e la tela di Penelope

Ebbene, l’Agenzia delle Entrate è riuscita a superarsi, con una fantasia interpretativa davvero lodevole. Con un doppio carpiato che ora vi illustriamo.

Per quanto riguarda i beni strumentali semplici la cui fruizione è prevista ormai in un anno per tutti, l’Agenzia scrive che “alla luce del tenore letterale della disposizione in esame, l’utilizzo in un’unica quota annuale per i soggetti ivi indicati” è ormai “la modalità ordinaria d’utilizzo in deroga alla regola prevista sempre al comma 1059 del menzionato articolo 1”. Tuttavia, aggiunge, “in linea con quanto sopra precisato (cioè quanto l’Agenzia Stessa disse in occasione di Telefisco, ndr), l’ammontare non fruito può essere utilizzato nel corso dei periodi di imposta residui successivi, secondo le modalità proprie del credito”.

Insomma, la fruizione in un anno è consentita, ma se non si riesce a fruire subito dell’intero beneficio, la parte non fruita può essere riportata a nuovo nell’anno seguente. E fin qui ci siamo.

Ma – e qui il colpo a sorpresa – “conformemente alla richiamata disposizione del comma 1059, non è previsto l’utilizzo del credito in rassegna con ripartizione superiore a tre quote annuali”, scrive l’Agenzia.

Cioè i tre anni previsti per la fruizione del credito sono il limite entro il quale è possibile, appunto, fruire del credito. Che si tratti di beni strumentali semplici, per i quali la fruizione ordinaria è prevista in un anno, o di beni 4.0, per i quali la fruizione è prevista in 3 anni, sarà possibile recuperare solo nel secondo e terzo anno le quote di credito non sfruttate negli anni precedenti. Terminato il terzo anno, eventuali crediti ancora non fruiti andranno persi.

E così si materializzano nell’ordinamento italiano due miti: quello di Cerbero, il cane a tre teste indipendenti (animate da volontà indipendenti), e quello della tela di Penelope, con il Parlamento e il Governo che “tessono” una rete di incentivi a misura di impresa, per favorirne un uso sempre più esteso, e l’Agenzia delle entrate che, nottetempo, disfa questa tela trasformando quello che nasceva come un beneficio – la riduzione delle annualità – in uno svantaggio per chi non riesce a sfruttarlo subito.

Aggiornamento

Il 23/7/2021 l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la Circolare 9/E. Uno dei 23 quesiti a cui la circolare risponde si occupa proprio di questo argomento e dà una interpretazione opposta a quella di questa risposta a interpello.

Ricordiamo che le risposte a interpello delle direzioni regionali devono allinearsi alle circolari. In questo articolo tutti i dettagli

Circolare 9/E, ecco le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate sui crediti d’imposta per l’acquisto di beni strumentali Transizione 4.0

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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