L’eco delle parole di Mario Draghi in Parlamento, dove è intervenuto il 18 marzo per illustrare il suo Rapporto sulla Competitività dell’Unione Europea, sta suscitando profonde riflessioni nel mondo accademico e industriale. Tra le voci più autorevoli a commentare le parole dell’ex Presidente del Consiglio italiano e della Commissione UE c’è quella del professor Marco Taisch, docente del Politecnico di Milano, considerato tra i padri dell’Industria 4.0 in Italia e attualmente presidente del Competence Center MADE e del Partenariato Esteso MICS.
Prendendo spunto dall’intervento di Draghi, il professor Taisch ha evidenziato l’urgenza di una nuova politica industriale europea che tenga conto del mutato scenario economico e geopolitico, con un focus particolare sulla transizione industriale.
Taisch, che sarà tra i protagonisti dell’Industry 4.0 360 Summit il 20 marzo a Milano, esordisce sottolineando come l’audizione di Draghi non possa che generare “riflessioni profonde sulle responsabilità a cui siamo chiamati, in questo momento storico, come italiani e come europei”. Riflessioni che devono essere fatte perché le politiche industriali sono “un elemento cardine per la definizione di un nuovo progetto comunitario, ormai essenziale; o meglio: esistenziale”
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La fine del multilateralismo e i punti fermi per la ripresa europea
La rielezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti viene indicata da Taisch come un vero e proprio punto di svolta, uno spartiacque geopolitico.
La sua “visione protezionistica, accompagnata a una gestione muscolare dei rapporti internazionali”, osserva Taisch, minaccia di ridefinire il concetto stesso di competizione internazionale, ponendo una sfida diretta all’Europa.
Il professore constata, con amarezza, la fine della “lunga fase del multilateralismo, anche in campo economico”, e riconosce come le condizioni che per decenni hanno favorito lo sviluppo della parte occidentale del continente siano radicalmente cambiate.
Nonostante la confusione che si è generata in questi mesi, secondo Taisch ci sono alcuni punti fermi da cui ripartire per costruire una risposta europea efficace.
In primo luogo, bisogna creare “ecosistemi industriali integrati, capaci di unire risorse e competenze di diversi Paesi membri, così da moltiplicare la competitività dei singoli”. Questa visione di una collaborazione transnazionale è centrale per affrontare la frammentazione del mercato europeo e sfruttare al meglio le specificità di ciascun paese.
Un secondo punto sottolineato da Taisch è la necessità di incentivare lo sviluppo delle competenze digitali e la formazione continua dei lavoratori, con particolare riferimento “a settori emergenti – anzi, emersi – come l’intelligenza artificiale, la robotica, la manifattura avanzata e le energie rinnovabili”. Investire nelle competenze significa preparare la forza lavoro europea alle sfide del futuro e garantire la leadership del continente in questi ambiti cruciali.
Terzo punto: non trascurare l’importanza della “raccolta e all’elaborazione dei dati di fabbrica”. Che non devono essere intesi solo come uno strumento per migliorare l’efficienza produttiva, ma, a un livello più strategico, come un “pilastro strategico su cui edificare le scelte aziendali e le stesse politiche industriali dei governi, possibilmente in sinergia”. La valorizzazione dei dati diventa così un elemento chiave per prendere decisioni informate e sviluppare strategie industriali efficaci.
Tutti aspetti, questi, affrontati da Draghi sia nel suo Rapporto presentato a settembre 2024 sia nell’intervento parlamentare del 18 marzo 2025.
Serve un approccio pragmatico alla transizione
Il professore sottolinea poi come i tempi attuali richiedano di “promuovere la crescita industriale con tutti i mezzi a disposizione, stimolando l’innovazione e sostenendo la transizione digitale ed ecologica con un approccio meno ideologico e più pragmatico”.
Taisch articola ulteriormente il suo pensiero attraverso due principi fondamentali.
Il primo: “in una fase dell’economia che si annuncia volatile, sarà la solidità dell’industria a segnare una linea di demarcazione tra la crescita e la recessione”. Il settore manifatturiero è motore di stabilità e crescita economica in un contesto di incertezza globale.
Il secondo principio evidenzia l’imperativo della collaborazione: “bisognerà muoversi di concerto, perché nessuno Stato europeo, da solo, avrebbe la forza di imporsi”. La cooperazione tra paesi diventa quindi non solo auspicabile, ma indispensabile per affrontare le sfide comuni.
Il sogno europeo come azione concreta attraverso la politica industriale
Taisch conclude il suo intervento con un appello alla concretezza: “Il sogno europeo non deve rimanere un ideale astratto: non può permetterselo. Deve tradursi in azione concreta, capace di unire i cittadini e di proiettare l’Europa verso un futuro di prosperità condivisa. La politica industriale è il mezzo per farlo”. Egli ribadisce che “solo una strategia che combini ricerca, uso intelligente dei dati e creazione di infrastrutture tecnologiche potrà garantire all’Europa un vantaggio competitivo duraturo”.