Centro Studi Confindustria: “Per l’Italia sostanziale stagnazione”

L’economia italiana è appena sopra lo zero, con più occupazione, consumi in debole aumento e tassi sovrani stabili. Per la crescita mancano gli investimenti, che non ripartono, e il credito, che è in calo. L’analisi del Centro Studi Confindustria sui dati del quarto trimestre 2019

Pubblicato il 13 Gen 2020

andamento industria e servizi

L’economia italiana è appena sopra lo zero, con più occupazione, consumi in debole aumento e tassi sovrani stabili. Per la crescita mancano gli investimenti, che non ripartono, e il credito, che è in calo. L’export cresce a fatica, con i mercati extra-UE cruciali, ma aumentano i rischi. Scambi mondiali deboli, così come l’Eurozona, ma la crescita USA è solida, migliora la Cina e reggono i mercati finanziari. È questa , in breve, la fotografia dell’economia italiana secondo il Centro Studi di Confindustria che ha diffuso il rapporto congiunturale. Il centro ha inoltre elaborato un focus dedicato all’instabilità in Iran e Libia, che potrebbe causare uno shock petrolifero.

I dati resi noti da Confindustria, quindi, confermano anche nel 4 trimestre 2019 “il persistere di una sostanziale stagnazione. L’industria è ancora in difficoltà: a dicembre gli ordini sono in parziale recupero, ma il PMI (Purchasing Managers’ Index) è crollato ancor di più (46,2) e il centro studi stima una produzione in calo nel trimestre. Nei servizi, invece, il PMI è salito a dicembre, in area di debole crescita (51,1)”. É, invece, ripartita in autunno l’espansione dell’occupazione, aumentata dello 0,2 % a ottobre-novembre sul 3 trimestre. A fare da traino la componente dipendente, specie a tempo indeterminato Gli occupati in aumento a ritmi più alti del PIL implicano un calo della produttività del lavoro (-1,3% da inizio 2018)

Export cresce, ma a fatica e i consumi restano deboli

In ottobre l’export è cresciuto del 3,2%, terzo aumento consecutivo, sostenuto dalle vendite extra-UE, che sono state, però, deboli però a novembre. Giappone e Svizzera risultano i mercati più dinamici, mentre vanno male Medio Oriente, Sud America e Cina. Deboli anche le prospettive: “Gli ordini esteri sono in lieve risalita a dicembre, dai minimi – spiega la nota – ma pesano i dazi USA sull’agro-alimentare e le incertezze globali, specie per l’automobilistico”.

Dovrebbe, invece, proseguire una modesta espansione dei consumi: la fiducia delle famiglie ha recuperato in parte a dicembre, con opinioni più favorevoli sull’economia; sono risalite le immatricolazioni di auto (+2,6% nel 4 trimestre). Tuttavia: la spesa resta frenata da un risparmio elevato, gli ordini interni dei produttori di beni di consumo sono lievemente peggiorati negli ultimi mesi. Anche la spesa delle imprese per investimenti resta debole, sia nel 4° trimestre 2019 che a inizio 2020. A dicembre, infatti, gli ordini interni dei produttori di beni strumentali hanno recuperato un po’ e la fiducia nel manifatturiero è rimasta stabile, ma entrambi gli indicatori sono su livelli molto ridotti.

Stabili i tassi sovrani ma credito in calo, Eurozona resta debole

A gennaio il rendimento del BTP decennale rimane in media a 1,29%, poco sopra i minimi di ottobre. Quasi invariati i tassi anche negli altri paesi dell’Eurozona (Germania -0,25%). Perciò, lo spread dell’Italia è fermo a 154 punti base. Questi dati confermano che l’effetto degli acquisti BCE (24 miliardi di euro di bond pubblici a novembre-dicembre), è stato già scontato dai mercati. Invariato ai minimi il costo del credito per le aziende italiane (1,3% a novembre), ma il calo dei volumi di prestiti si sta ampliando pericolosamente (-1,9% annuo). L’indagine qualitativa ISTAT, infatti, indica che le condizioni di offerta sono state, al margine, ancora ristrette nel 4° trimestre. Si è ridotta solo di poco la quota di imprese che non ha ottenuto il credito richiesto (5,3% a dicembre).

Anche nell’area dell’Eurozona coesistono dinamiche settoriali opposte: all’acuirsi della fase recessiva nell’industria si contrappone, infatti, la resilienza dei servizi. Nell’industria, le aspettative per i primi mesi del 2020 restano improntate a pessimismo e l’eccesso di capacità produttiva rispetto alla debole domanda rischia di impattare negativamente sull’occupazione del settore. Al contrario nei servizi gli imprenditori si attendono un ulteriore incremento della domanda nei prossimi mesi. Scarse, invece, le ripercussioni dell’instabilità sulle Borse dei paesi avanzati, che hanno continuato a salire a dicembre-gennaio, ma a ritmi minori: +4% il listino negli USA, proseguendo il trend di rialzo, che entra nel 12° anno. L’euro ha mostrato un marginale rafforzamento da dicembre (fino a 1,12 dollari, da 1,10): se questo trend dovesse proseguire, frenerebbe l’export dell’Eurozona.

Scambi mondiali deboli, Usa in espansione e migliora la Cina

La dinamica del commercio mondiale resta fiacca (+0,4% in ottobre). Secondo il PMI globale, gli ordini esteri manifatturieri sono in risalita ma restano in area di contrazione a dicembre e l’industria mondiale rimane appena sulla soglia della stabilità (50,1). Anche la manifattura USA continua a dare segnali di cedimento: l’indice PMI a dicembre è sceso a 47,2. Tuttavia, l’economia resta in espansione, trainata dai servizi: dopo il buon 3* trimestre per il PIL, solo un lieve rallentamento è atteso nel 4°. Segnali deboli vengono dalla fiducia dei consumatori, ma la disoccupazione è tornata ai minimi (3,5%). La dinamica dei prezzi resta sotto l’obiettivo FED (+1,6% annuo al netto di energia e alimentari), ma non sono in vista mosse sui tassi.

Negli ultimi mesi del 2019 la manifattura cinese ha continuato ad espandersi. Il miglioramento dell’outlook, cosi come si desume dai PMI, è imputabile specie alla più elevata fiducia degli imprenditori, dopo la conclusione con successo del primo round di negoziati commerciali con gli USA. L’espansione cinese si accompagna a quella della manifattura indiana, che accelera ancora, sospinta soprattutto dalla domanda interna, e di quella brasiliana, seppure ad un ritmo più basso a dicembre. La Russia resta fuori dal coro: unica nota positiva è che la contrazione dell’attività si smorza

Instabilità in Iran e Libia, rischio di shock petrolifero

Il centro studi di Confindustria ha anche dedicato un focus dedicato alle possibili ripercussioni provocate dall’instabilità in Iran e Libia. “Nelle ultime settimane sono molto cresciute le tensioni geopolitiche internazionali con epicentro in Libia ed Iran, coinvolgendo l’Iraq – spiega il documento – e trattandosi di tre importanti produttori petroliferi, ciò potrebbe determinare ripercussioni sull’economia di molti paesi dipendenti dall’import di energia, compresa l’italia Il prezzo del Brent è rincarato poco, rispetto a shock petroliferi del passato, nel corso di dicembre 2019 e salito di 5 dollari al barile, a gennaio 2020 inizialmente di altri 3 dollari, arrivando fino a 69, per poi rientrare in parte Una possibile spiegazione è che da fine 2018, le importazioni di petrolio dall’Iran si sono già azzerate in vari paesi (anche in Italia) a seguito delle sanzioni USA. Inoltre, al momento, nel mercato mondiale l’offerta di greggio nimane di poco superiore alla domanda.

Un‘energia più costosa, però, sottrae risorse a famiglie e imprese nei paesi importatori, come l’italia. Perciò, tende a frenare la dinamica di consumi e investimenti Simulazioni con il modello econometrico CSC indicano che un prezzo del petrolio a 70 dollari nel 2020 (dai 63 previsti in precedenza) avrebbe un impatto sul PIL in Italia di -0,1% all’anno. Se il Brent arrivasse a 80 dollari, sulla scia di una crisi più acuta, il PIL potrebbe perdere lo 0,2%, erodendo la crescita già anemica. A ciò si potrebbe sommare l’impatto derivante da un ribasso della Borsa, sulla scia di maggiore incertezza e aspettative più negative per l’economia. Il rincaro dei prezzi energetici, oltre a frenare la spesa, avrebbe l’effetto aritmetico di alzare l’inflazione, che da tempo ha una dinamica molto bassa (in Italia +0,5% annuo a dicembre), verso l’obiettivo del 2%. Per la BCE, ciò potrebbe significare la possibilità di fermare il QE-2, iniziato a novembre, se ci fosse meno bisogno di alimentare l’inflazione.

Situazione sotto controllo ma Italia a rischio per forniture petrolifere

Per ora le conseguenze economiche sono contenute, ma in caso di escalation militare i rischi sarebbero elevati. Seri problemi potrebbero nascere se l’instabilità conducesse all’interruzione dell’estrazione di petrolio in giacimenti di Iraq, Libia e Iran. Nel 2019 rimport di greggio che prima proveniva dall’Iran è stato sostituito in Italia, in gran parte, proprio con quello iracheno, arrivato a contare il 20%: se si infiammasse anche l’Iraq sarebbe difficile trovare rapidamente altri fornitori. Lo scenario peggiore è quello del blocco delle forniture petrolifere che passano dallo stretto di Ormuz, già minacciato in passato nel 2019, il 27% del petrolio importato dall’Italia proveniva dai paesi che si affacciano su tale stretto. Ciò potrebbe creare problemi anche per i volumi di approvvigionamento di petrolio, oltre che per il prezzo. Se si considera l’intera area cosiddetta “MENA”, ovvero Medio Oriente e Nord Africa, la dipendenza petrolifera italiana è molto alta: nel 2019, il 44% del petrolio importato veniva da tali paesi (54%).

Sia riguardo alla Libia che all’Iran, oggi il vero nodo per l’Italia è dunque dato dai rischi di approvvigionamento energetico, prima che dalle opportunità inespresse per le nostre imprese esportatrici. Per l’Iran, il CSC ha stimato un export potenziale aggiuntivo pari a 1,7 miliardi di euro, che farebbe salire la nostra quota di mercato dal 3,8% al 7,3%. Per la Libia, dopo anni di conflitti, le opportunità sarebbero più legate alla ricostruzione, che all’export (1 miliardo di potenziale). L’Italia, inoltre, potrebbe essere la piattaforma logistica naturale per nuove rotte commerciali nel Mediterraneo, verso Nord Africa e Medio Oriente, a beneficio delle nostre imprese, ma solo una stabilizzazione di Iran e Libia e di altri paesi dell’area può sbloccare nuove opportunità per l’economia

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Fabrizio Cerignale

Giornalista professionista, con in tasca un vecchio diploma da perito elettronico. Free lance e mobile journalist per vocazione, collabora da oltre trent’anni con agenzie di stampa e quotidiani, televisioni e siti web, realizzando, articoli, video, reportage fotografici. Giornalista generalista ma con una grande passione per la tecnologia a 360 gradi, da quella quotidiana, che aiuta a vivere meglio, alla robotica all’automazione.

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