Intelligenza artificiale, l’OCSE: “Serve un approccio etico che salvaguardi i diritti dei lavoratori”

L’OCSE chiama a raccolta professionisti ed esperti di Intelligenza Artificiale per valutare gli impatti delle tecnologie dell’IA sul mercato del lavoro. Al centro del dibattito le sfide poste dall’Intelligenza Artificiale e gli approcci corretti per sfruttare al meglio le sue potenzialità. Per l’OCSE serve un framework normativo che tuteli i diritti dei cittadini e dei lavoratori e un approccio responsabile e antropocentrico già dalle fasi di progettazione e sviluppo di queste soluzioni tecnologiche.

Pubblicato il 01 Feb 2021

IntelligenzaArtificiale


Nuove metriche, nuove competenze, un approccio etico che pone l’uomo al centro e regole condivise che vengano elaborate congiuntamente da tutti gli stakeholder coinvolti: sono questi gli elementi essenziali per rispondere alle sfide che emergono dall’introduzione di soluzioni di Intelligenza Artificiale nel mercato del lavoro, secondo i partecipanti alla conferenza organizzata dall’OCSE “AI in Work Innovation, Productivity and Skills”.

La conferenza, in programma dal 1 al 5 febbraio, chiama a raccolta rappresentanti ed esperti del mondo della ricerca, del business, dell’analisi dei dati, delle istituzioni, della politica e dei sindacati, per discutere su come meglio affrontare le problematiche che emergono dall‘interazione Intelligenza Artificiale – uomo nei luoghi di lavoro e su come meglio sfruttare le potenzialità di queste tecnologie.

Due lati della stessa medaglia che ormai sono chiari a tutti gli attori coinvolti, precisa Ángel Gurría, Segretario Generale dell’OCSE, secondo cui alcuni vecchi pregiudizi sull’Intelligenza Artificiale si stanno finalmente superando, ma la percezione e gli effetti (positivi o meno) di queste tecnologie dipenderanno dal modo in cui verranno sviluppate e applicate.

“Le evidenze raccolte ci indicano che si sta superando, da parte della popolazione, la paura che l’Intelligenza Artificiale sia qui per rubare il lavoro. Sta emergendo, in cambio, la consapevolezza che l’Intelligenza Artificiale integra il lavoro dell’uomo, automatizzando alcuni compiti e liberando il tempo del lavoratore per altre task più specializzate. Abbiamo bisogno, tuttavia, di un sistema di salvaguardia per assicurare la protezione dei diritti dei lavoratori, trasparenza e inclusività nell’applicazione e la presa di responsabilità da parte di chi sviluppa e applica queste soluzioni”, commenta.

Nuove metriche per nuove tecnologie

La consapevolezza diffusa sulle opportunità e sulle sfide lanciate dall’Intelligenza Artificiale di cui parla il Segretario Gurría emerge durante tutti i panel della prima giornata di lavori della conferenza; c’è un grande consenso su quali siano i punti su cui occorre ancora lavorare, anche se le priorità con cui devono essere affrontati differiscono tra gli speaker.

Tra le prime problematiche sollevate, c’è quella di trovare nuove metriche per un’analisi più completa degli effetti dell’introduzione di soluzioni di IA nel mercato del lavoro: per reagire a un cambiamento occorre misurarlo e questo non è un cambiamento che può essere rilevato attraverso le stesse metriche utilizzate per valutare l’impatto di tecnologie introdotte in passato, sottolineano diversi partecipanti alla plenaria di apertura.

Nello specifico, il Prof. Erik Brynjolfsson, Direttore del Digital Economy Lab presso lo Stanford Institute for Human-Centered AI, spiega che occorrerà del tempo (e l’introduzione di nuove metriche), per valutare i benefici derivanti dalla diffusione delle tecnologie dell’IA nel mondo del lavoro.

“Sappiamo che l’automazione dei processi comporta un aumento in produttività, al momento questo aumento non si sta rilevando. Al contrario, nonostante siano state introdotte nel mondo del lavoro diverse innovazioni tecnologiche, il dato relativo alla produttività è continuato a diminuire. Come mai? Prendiamo ad esempio il GDP, che applica zero valore ai beni che hanno un costo zero, ma molti degli strumenti che utilizziamo nel lavoro oggi ha un costo zero, come Facebook, LinkedIn, Zoom e così via. Per questo abbiamo bisogno di nuove metriche”, commenta.

Metriche che dovranno anche tenere conto dei diversi contesti regionali, visto che le evidenze raccolte finora mostrano che l’impatto dell’IA nel mercato del lavoro differisce tra i Paesi dell’OCSE. Due sono i principali effetti individuati:

  • l’AI complementa il lavoro del lavoratore, automatizzando le task più ripetitive o meno specializzate. Il lavoratore può quindi essere impegnato in task più specializzate
  • l’AI sostituisce il lavoratore, che quindi si ritrova senza un impiego.

Diversi mercati reagiscono a queste spinte in modo differente: negli Stati Uniti, osserva Frank Fossen (Professore Associato presso il Dipartimento di Economia della University of Nevada), si è rilevato come l’impatto sul lavoratore differisca a seconda di specializzazione.

“Abbiamo rilevato che i lavoratori con competenze più specializzate subiscono maggiormente gli impatti dell’Intelligenza Artificiale rispetto ai lavoratori con un più basso grado di specializzazione. Tuttavia, quando i primi si ritrovano forzati fuori dal loro impiego tendono a riqualificarsi e ad essere impiegati in altre professioni o professioni affini, oppure si mettono in proprio. I lavoratori meno qualificati, in cambio, hanno un rischio maggiore di rimanere disoccupati.

Utilizzare l’Intelligenza Artificiale: l’importanza dell’analisi dei dati in tempo reale

I cambiamenti nel mercato del lavoro introdotti dall’Intelligenza Artificiale evolvono in modo più rapido rispetto a quelli generati da altre tecnologie. Per questo, la rilevazione e l’analisi real-time dei dati gioca un ruolo importante per comprendere i trend attuali del mercato e gli scenari futuri.

L’analisi dei dati può infatti fornire informazioni come quanti lavoratori perdono il posto a causa dell’IA, quale direzione professionale scelgono di intraprendere, l’effetto dell’introduzione dell’IA sui salari dei lavoratori, le competenze richieste dalle aziende, e così via.

Dati che possono essere utilizzati, ad esempio, per individuare i percorsi di up-skilling e re-skilling necessari alla forza lavoro. Un processo da cui non deve essere escluso nessuno, sottolinea Stefano Scarpetta, Direttore del Dipartimento di Employment, Labour and Social Affairs dell’OCSE.

“C’è bisogno di una regolamentazione che spinga a un utilizzo inclusivo dell’IA, per garantire che i benefici siano fruibili a tutta la popolazione. In questo senso, importante sarà la formazione dei lavoratori, anche attraverso l’utilizzo di strumenti dell’Intelligenza Artificiale” sottolinea.

L’impatto dell’Intelligenza Artificiale sul lavoro

Altro punto chiave emerso durante questa prima giornata di discussioni, è la regolamentazione dell’utilizzo di queste tecnologie in un’ottica di rispetto dei diritti dei cittadini e dei lavoratori. Per quanto concerne i diritti del lavoratore e il suo rapporto con il datore di lavoro, i rischi individuati sono:

  • assunzione o licenziamento dei lavoratori sulla base di analisi svolte da algoritmi
  • rappresentazione errata o sottorappresentazione di lavoratori appartenenti a determinate categorie sociali come conseguenza di bias degli algoritmi (come nel caso delle donne e delle minoranze etniche e religiose)
  • poca trasparenza da parte delle imprese sulle soluzioni di IA adottate in azienda per monitorare i lavoratori e sull’utilizzo che viene fatto dei dati raccolti.

“Si tratta di sfide che vanno affrontate per definire come datori di lavoro e lavoratori possono continuare a collaborare, ma anche per garantire la trasparenza e la responsabilità delle soluzioni di Intelligenza Artificiale che vengono sviluppate e adottate all’interno delle aziende”, commenta Anna Byhovskaya, membro del Trade Advisor Committee dell’OCSE.

Anche per Mark Rotenberg, del Center for AI and Digital Policy (in rappresentanza della società civile) la sorveglianza massiva che può essere fatta attraverso le soluzioni di Intelligenza Artificiale rappresenta la sfida chiave che deve essere affrontata dai regolatori. “Per valutare l’impatto dell’Intelligenza Artificiale non bastano le metriche legate strettamente all’economia e all’aumento della produttività dei lavoratori, nell’elaborare le politiche va tenuto in conto anche l’impatto sui principi democratici e sui diritti dei cittadini”, dichiara.

Su questi punti torna anche Nicole Primmer, della divisione Business dell’OCSE. “È molto importante tenere a mente, quando si passa dai principi alle applicazioni, che occorre sviluppare soluzioni di IA che siano affidabili e inclusive. Da questo punto di vista le policy di protezione e regolamentazione dei dati avranno un ruolo principale”.

Per far si che i sistemi di Intelligenza Artificiale siano davvero incentrati sull’uomo e occorre affrontare queste sfide prima di arrivare alla fase di design, sostiene Clara Neppel, Senior Director dell’IEEE (la più grande organizzazione professionale tecnica per il progresso della tecnologia).

“La giornata di oggi è molto importante perché per affrontare queste sfide. Occorre che tutti gli attori interessati lavorino insieme e si confrontino su come meglio procedere. Quello a cui dovremo arrivare è un compromesso accettabile, che non vuol dire rinunciare alla privacy in favore di soluzioni con performance migliori, ma trovare il giusto livello di implementazione della privacy per quel determinato contesto”, commenta.

Come arrivare a questo compromesso? Anche di questo si tornerà a parlare nelle conferenze in programma nei prossimi giorni.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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