La situazione delle imprese manifatturiere, i trend della tecnologia, ma anche le problematiche e le preoccupazioni delle imprese: un check-up dell’industria 4.0, anche in vista del World Manufacturing Forum, che si terrà per la seconda volta a Cernobbio, in provincia di Como, dal 25 al 27 settembre 2019, e che avrà come tema principale quello delle competenze.
Sono questi i temi al centro della puntata di Italia 4.0 la trasmissione di Class Cnbc in onda mercoledì 24 luglio (potete rivederla quirivederla qui). In studio Marco Bonometti, presidente di Confindustria Lombardia, Marco Taisch, scientific chairman del World Manufacturing Forum, Paolo Del Nevo, vice president South Europe di PTC, grande azienda americana specializzata in software e IoT e, in collegamento dalla Cina, Carlo Ferro, il Presidente dell’Ice.
Indice degli argomenti
Industria in frenata e calo della produzione
A dare il primo quadro di un contesto non certo positivo il presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti, che ricorda come “da settembre l’industria è in frenata e la produzione cala, con un un forte rallentamento a fine 2018 che è continuato nei primi mesi di quest’anno. Abbiamo avuto alcuni momenti in cui sembrava ci fosse una ripresa ma, in realtà, l’industria è rimasta al palo”.
La colpa, secondo Bonometti, è da ricercarsi nella mancanza di quella fiducia e di quelle certezze necessarie per prendere decisioni: “anche gli altri paesi stanno rallentando – spiega – ma noi rallentiamo più di paesi come Germania, Spagna, Francia”.
Un segnale di fiducia arriva dall’export che, secondo il Presidente di Ice, nel periodo gennaio-aprile è cresciuto moderatamente, dello 0,8%. A fare la differenza il settore dell’automotive che si è contratto del 14%. “Se estrapoliamo questo elemento – spiega – siamo a +1,8%. L’export italiano, quindi, anche se riflette questa situazione di incertezza con la sfida tra Cina e Stati Uniti e le incognite della Brexit, resta, comunque, ancora su un dato di crescita”.
Taisch: rischio “dimenticanza” per Industria 4.0
In un’intervista a Innovation Post Marco Calabrò, dirigente del Ministero dello Sviluppo Economico, ha detto che l’effetto shock del piano 4.0 è terminato. Sul punto torna Taisch: “Se lo shock sono i 10 miliardi di investimenti in asset produttivi e 3 miliardi in software prodotti dall’iperammortamento, non ci aspettiamo che questo tasso perduri anche nel 2019. Ma in un momento in cui l’economia rallenta e la produzione frena, le imprese investono internamente alla ricerca di ottimizzazione“.
A crescere ancora sono gli investimenti legati al software, connettività e IoT. Secondo l’Osservatorio Industria 4.0 della School of Management del Politecnico di Milano sono aumentati nel 2018 e seguiranno questo trend anche nel 2019.
Il problema riguarda, però, la comunicazione che, a differenza del 2017 e 2018, attualmente è abbastanza scarsa: “Possiamo anche mettere gli incentivi – sottolinea – ma se sui giornali non spieghiamo agli imprenditori che cosa succede nel resto del mondo e non ricordiamo la necessità di migliorare le prestazioni dei propri sistemi produttivi su cui investire, paghiamo una sorta di effetto dimenticanza. La comunicazione è fondamentale e la creazione di un awareness, che era uno dei pilastri del piano 4.0, deve proseguire. Il fatto che oggi sui giornali quasi non si parli più di 4.0 e che questo tema non sa più nell’agenda del governo ha sicuramente un effetto negativo”.
Ferro: “Italia diventi il partner ideale per lo sviluppo tecnologico smart”
Dall’osservatorio internazionale rappresentato dall’Istituto del Commercio Estero, comunque, si segnalano grande attenzione e interesse per il nostro paese. “Tra i messaggi che stiamo portando avanti per presentare il sistema Italia – spiega Ferro – abbiamo lanciato quello del nostro paese come partner per lo sviluppo tecnologico nella manifattura verso il comparto smart. C’è grande apprezzamento da questo punto di vista e posso dire che su 10 paesi visitati in questi mesi almeno 4 hanno manifestato interesse, e sono Russia, Vietnam, Cina e Stati Uniti”.
La vera sfida per l’Italia oggi, secondo Ferro, sembra essere quella legata al riposizionamento sui grandi megatrend di trasformazione che sono il modello delle smart industries e l’economia circolare. “Questo significa non solo produttività ma anche un nuovo paradigma di modelli produttivi e di progetti industriali, e poi la circolarità che vuole dire sostenibilità e basso consumo di carbonio. Queste sono le aree in cui si sta spostando la domanda e devo dire che in Italia abbiamo alcuni punti di eccellenza e tante opportunità in un sistema di piccole e medie imprese che devono crescere ed emergere. Purtroppo mi pare che, in generale, in Europa sia mancata una politica industriale di sviluppo di questi verticali e quindi serve una politica che deve interessare tutti i nodi, dai componenti all’hardware, al software, dalla cybersecurity all’ingegneria del sistema”.
Attenzione ai “piccoli” affinché non si perdano nella digitalizzazione
Il rischio, però, è quello di un processo di digitalizzazione che rischia di mettere all’angolo le imprese più piccole. A lanciare l’allarme il vice presidente di PTC, Paolo Del Nevo. “Come azienda di software siamo ogni giorno a contatto con piccole e medie imprese – spiega – e quello che cambia tra una piccola e una grande impresa è il coordinamento nell’andare verso la digitalizzazione. Rendere digitale un’azienda significa avere ben chiaro il beneficio di business che uno vuole portarsi a casa e, non a caso. Le grandi aziende hanno figure nuove, che vengono definite Chiefs digital office. Bisogna capire quali sono le esigenze e quali o servizi addizionali si possono offrire – sottolinea – e come trasformare l’azienda attraverso la digitalizzazione. Sulle piccole quello che stiamo vedendo è che, molto spesso, le iniziative sono sporadiche, poco collegate tra loro e quindi il rischio è che muoiano”.
“Confindustria Lombardia ha lanciato il suo Digital Innovation Hub proprio per dare una risposta sopratutto alle piccole imprese – spiega Bonometti – che in questa rivoluzione rischiano di rimanere tagliate fuori. L’economia è forte quando lo è tutto il settore industriale e dobbiamo sfruttare le tecnologie e l’innovazione per collegarle. Oggi abbiamo la possibilità di avere le conoscenze e le tecnologie migliori al mondo, aver ridotto largamente i tempi, ci permette di diventare più competitivi e inventare prodotti nuovi. Anche di economia circolare si parla da troppo tempo ma se non facciamo delle leggi per cui le aziende sanno che cosa fare e hanno la certezza di sapere dove investire, ci riempiremo la bocca di parole nuove ma non daremo mai il via alle opportunità per le imprese e per il paese”.
Industria 4.0 da vantaggio competitivo a prerequisito per l’accesso al mercato
“Sicuramente la nostra azienda, che è di Boston, vede in Italia la seconda potenza manifatturiera europea – ricorda Del Nevo – e quindi, nei piani che ci vengono comunicati l’Italia resta per noi un riferimento. Considerate che il manifatturiero è il nostro core business e il paradigma che viene alla luce è questa convergenza totale tra il mondo fisico e quello digitale. L’obiettivo è quello di aiutare le aziende in questo percorso, ma il rischio che vedo è quello della non scelta, ovvero del pensare che la digitalizzazione possa essere una scelta. Quando vedo imprenditori che non credono in questo mi preoccupo perché questa trasformazione cambierà i modelli di business e cancellerà le aziende che non si adeguano”.
Sulla stessa linea anche Marco Taisch che ricorda come lo quarta rivoluzione industriale prima ancora che tecnologica sia stata sociale e culturale. “Noi abbiamo prima connesso le persone e poi le macchine nelle fabbriche e il processo di diffusione della tecnologia digitale è stato molto diverso rispetto a quelli che hanno caratterizzato le altre rivoluzioni industriali. Industria 4.0 non è più un vantaggio competitivo ma un prerequisito di accesso al mercato. È questo è il messaggio che dobbiamo dare alle imprese per stimolarle. O sei digitale, e hai usato in maniera corretta le tecnologie che servono per il tuo business, oppure il business non lo farai più perché non esisterai più come impresa”.
Verso il World Manufacturing Forum, ecco i temi centrali
Ad affrontare questi temi, sviluppando principalmente quello della formazione e delle skill necessarie per Industria 4.0, sarà l’edizione 2019 del World Manufacturing Forum che si terrà dal 25 al 27 settembre a Cernobbio. Quest’anno ci saranno oltre 30 speaker che arriveranno da 20 paesi di tutto il mondo.
“Il WMF si propone di aggregare gli stakeholder, che sono le imprese, le associazioni, i sindacati e le grandi organizzazioni per parlare del futuro del manifatturiero e generare ogni anno un report che, attraverso alcune raccomandazioni possa tracciare la strada ai policy maker”, spiega Taisch, che del WMF è Scientific chairman.
Confindustria Lombardia, assieme al Politecnico di Milano, ha creduto fino dall’inizio a questo progetto, tanto da fare in modo di averla nella regione per i prossimi 4 anni. “Questo perché testimonia la vocazione per il manifatturiero dell’industria lombarda – sottolinea Bonometti – e il forum è l’occasione per mettere a confronto le imprese di tutto il mondo e, quindi, capire le tecnologie, i processi, i prodotti ma soprattutto le tendenze prima degli altri. Avere una visione che ci permetta di orientare le scelte aziendali nei vari settori. Quest’anno è dedicato alla formazione, alle persone, perché non basta fare investimenti e collegare macchine ma serve l’uomo, che è l’attore principale di processi e collegamenti, ma che deve essere formato adeguatamente”.
A parlare di “persona al centro” anche Del Nevo che ricorda come in questi anni di digital trasformation: “ci si è concentrati principalmente sui prodotti e sui processi. Ma la digitalizzazione non serve solo per avere un vantaggio competitivo ma anche per mantenerlo, e le persone devono essere al centro. Noi crediamo che, con alcune tecnologie, come l’augmented reality, di andare a indirizzare almeno due delle sfide: la carenza di talenti digitali e il fatto che, con l’invecchiamento di una classe di lavoratori, si rischia di perdere le competenze che, al momento, sono nella manualità o nella testa dei lavoratori stessi. La realtà aumentata consente di trasferire le competenze da un lavoratore all’altro”.
La sfida della formazione e il ruolo dei Competence Center
Il tema centrale, da cui emergeranno le raccomandazioni che saranno contenute nel Report che sarà presentato a Cernobbio il 26 settembre, sarà proprio quello delle competenze a supporto della competitività.
Nel report saranno presentate le 10 skill più importanti per il manifatturiero. Anche perché, senza un adeguato investimento sulla formazione, risulta difficile pensare allo sviluppo.
“Gli imprenditori fanno fatica a trovare le professionalità che servono”, spiega Bonometti. “Persone che siano in grado di gestire un sistema complesso che vede macchine che parlano con altre macchine, robot, produzioni flessibili e necessità di gestire i dati. O formiamo persone adeguate o siamo tagliati fuori. E se le aziende più grandi le persone se le formano da sole, per le più piccole la situazione resta complessa. Non critichiamo il sistema formativo ma dobbiamo dialogare di più con la scuola, dire quali sono le figure professionali che ci servono, perché altrimenti non andiamo da nessuna parte”.
In questo contesto nascono nuovi strumenti, capaci di fare la differenza e di aiutare le imprese, anche quelle più piccole che hanno meno risorse da dedicare a queste azioni, fondamentali per lo sviluppo.
“Molte aziende sono passate al ‘fai da te’ per la formazione – spiega Taisch – ma, da domani, ci saranno i centri di competenza a fornire soluzioni. Centri che sono stati creati proprio per aiutare le imprese più piccole, che da sole non possono creare una academy interna, per la quale servono risorse significative. Le piccole e medie imprese potranno rivolgersi alla rete dei competence center. L’obiettivo di Made 4.0, che è il competence center della Lombardia, per fare un esempio, è quello di riuscire a erogare in tre anni 45 mila ore uomo di formazione”.