Per un’azienda, di qualunque dimensione e a prescindere dal settore verticale in cui opera, saper prevedere la domanda che arriva dal mercato è un valore aggiunto in grado di fornire un grande vantaggio competitivo in termini di contenimento dei costi e di miglioramento dei livelli di servizio. Ma riuscire in quest’intento non è così semplice, perché richiede un insieme di competenze specifiche maturate sul campo e di tecnologie utili a indirizzare e semplificare le analisi. Siamo nel campo del cosiddetto “S&OP”, Sales and Operations Planning, uno dei terreni di gioco in cui è specializzata Quin, società che si pone l’obiettivo di affiancare le aziende nel loro percorso verso l’innovazione grazie alla propria gamma di competenze integrate, organizzative, direzionali e informatiche. A illustrare in un’intervista a Industry4Business la vision di Quin nel campo del Sales and Operations Planning è Stefano Rigonat, Head of Operations Consulting dell’azienda.
Indice degli argomenti
Rigonat, cosa vuol dire oggi per un’azienda mettere a punto un piano di Sales and Operations Planning?
È un cambio di paradigma, significa passare dalla pianificazione di brevissimo periodo alla pianificazione di medio periodo. Il primo passo è quello di sedersi intorno a un tavolo e parlare, condividendo le esperienze che vengono dalle diverse funzioni e che possono essere utili per individuare un approccio comune che abbia conseguenze positive per l’intera azienda. Da una previsione nasce uno scenario e, se lo scenario è configurato nel modo giusto, questo porterà a ottenere risultati positivi. Il nostro impegno iniziale è quello di accompagnare i clienti in un confronto interno costruttivo e aperto, che consenta di gettare le basi per guardare avanti e affrontare al meglio le nuove sfide. Un approccio che porta con sé due principali conseguenze logiche: la necessità di prevedere la domanda con attenzione ai risultati che si vogliono ottenere, e quella di organizzare al meglio, e quindi per tempo, le proprie risorse, siano esse produttive, umane o finanziarie.
Partiamo dalla previsione della domanda
La metafora giusta potrebbe essere quella del mondo dello sport: un atleta deve sapere per quale sport si sta allenando, perché non tutti i tipi di training sono efficaci per ogni sport. Una volta stabilito l’obiettivo a cui si punta, allora lo si deve perseguire con previsioni accurate. Tenendo sempre ben presente la frase che a suo tempo pronunciò Niels Bohr, premio Nobel per la Fisica nel 1922: “È difficile fare previsioni, soprattutto sul futuro”. Di fatto però oggi, nell’epoca della digital transformation e dell’industria 4.0, prevedere è una necessità assoluta per un’azienda. Nessuno può farne a meno se non vuole inesorabilmente perdere quote di mercato.
Quali sono gli elementi che portano alla miglior previsione possibile?
Il primo passo per fare una previsione attendibile è guardare ai dati storici, estraendo dal passato tutto quello che può essere utile. Ma la statistica, secondo la nostra esperienza, aiuta soltanto per metà. L’altra metà, altrettanto importante, è il forecast qualitativo, che ha una forte componente soggettiva, quella di chi conosce il mercato e i prodotti e sa anche farsi guidare dall’intuito. Naturalmente le imprecisioni sono sempre dietro l’angolo, ma mixare il dato storico e gli aspetti qualitativi e soggettivi è la ricetta migliore per avvicinarsi a uno scenario attendibile.
A giocare un ruolo centrale è poi l’organizzazione: deve essere ben chiaro chi è chiamato a fare cosa, dal marketing sui nuovi prodotti al lavoro degli agenti, dall’interpretazione del mood del mercato alla messa a punto delle promozioni. Questo vuol dire anche supportare le persone, mettere i professionisti nelle condizioni di esprimere al meglio il proprio potenziale. E poi gli strumenti informatici, che possono dare un grande contributo per la realizzazione delle analisi statistiche. Se dovessimo riassumere gli elementi della previsione di mercato in tre parole, queste sarebbero persone, organizzazione e strumenti.
Quando parliamo di previsioni che livello di elasticità contempliamo in questa definizione?
Soprattutto in tempi di incertezza dovuta a fattori esterni, come sta succedendo oggi, è bene prevedere la possibilità di prefigurare diversi scenari di domanda, ad esempio con un best case, un medium case e un worst case. A confermare verso quali di questi tre ci si debba poi indirizzare saranno i dati: il vantaggio è che l’azienda non si farà trovare impreparata qualunque cosa accada, e saprà trarre il meglio da qualunque situazione senza essere costretta a improvvisare. Questo perché ha già preventivamente confrontato gli scenari con la propria capacità di risorse, la propria manodopera, i propri spazi di magazzino, le proprie capacità logistiche e le proprie possibilità finanziarie. Proiettare i piani sulle reali condizioni inoltre fornisce un chiaro indicatore dei problemi che si potrebbero creare, in termini di risorse o di investimenti.
Passiamo alla “questione tempo”: qual è il suo peso nel S&OP?
Di certo non ci si può preparare un giorno per un altro: serve un game plan che consenta di soppesare tutti i dati e tutte le informazioni. Un piano aggregato deve, infatti, poter spingersi nel futuro, in un territorio in cui i vincoli che abbiamo nel breve periodo diventano leve operative, oggetto di decisione, ognuna delle quali comporta un costo e un beneficio. Se spostiamo l’obiettivo della nostra previsione alla primavera 2021, ad esempio, i manager possono già capire quali decisioni prendere in termini di personale o di macchinari: assumere, prevedere la cassa integrazione, programmare ferie, aggiungere nuovi strumenti, senza essere pressati dall’urgenza dell’oggi per il domani.
Quali sono i risultati che provengono da questo approccio?
Tra i primi vantaggi che vengono dalla programmazione ci sono in generale i costi minori da sostenere rispetto a una decisione presa in real time: non si fanno spedizioni urgenti, non si devono chiedere straordinari, ho meno costi variabili di cui farmi carico. Più in generale il vantaggio della programmazione è quello che viene dal mantenere o dal migliorare il livello del servizio al minor costo possibile, garantendo quindi puntualità, precisione e affidabilità.
Quanto contano le tecnologie digitali in questo scenario?
Digitalizzare il processo è un fattore abilitante per accedere a un tesoro non ancora sfruttato. Se il processo diventa più organico e strutturato, supportato in digitale, si può accedere a una sacca di inefficienze da recuperare che è assolutamente a portata di mano, una fetta della torta per prendere la quale basterebbe soltanto allungare la mano. Il digitale è l’ingrediente giusto che può mixare processi, strumenti tecnici, liberando il business da un peso che porta sulla schiena. Tutto questo senza ancora scomodare la frontiera del machine learning, dell’IoT e dei dati in real time dai punti di vendita, che sono alla fine di un percorso a cui è giusto tendere: per arrivare a quello, però, si devono prima cogliere le opportunità che sono più a portata di mano.
Il S&OP può essere la entry strategy giusta per chi sceglie la digitalizzazione?
È di sicuro l’approccio più consigliabile in questo momento storico. Chiedendo ancora una volta aiuto a una metafora, è come scegliere, in partenza per un lungo viaggio, se avvalersi del navigatore digitale o di un indicatore in real time che sia in grado di calcolare nel dettaglio i consumi di carburante. Di certo è preferibile la prima soluzione, anche se la seconda è più all’avanguardia dal punto di vista tecnologico. Ecco, avere il S&OP vuol dire guidare con il navigatore e con i fari accesi. Si può anche andare senza, e non è detto che non si arrivi a destinazione. Ma di sicuro con il navigatore e con i fari è tutto più semplice.
Che tipo di sensibilità e di resistenze incontrate nei vostri clienti?
Quando iniziamo un’interlocuzione con un potenziale cliente, non facciamo mai fatica a trovarci d’accordo sul fatto che il S&OP sia un percorso a valore. Ma c’è sempre da fare i conti con una naturale resistenza al cambiamento, ad esempio per il fatto che almeno all’inizio, a fronte di alcuni costi certi, i risparmi sono previsti ma da verificare in futuro sul campo. E poi c’è la variabile dovuta al fatto che questo approccio non funziona da solo, ma soltanto se riesce a coinvolgere a pieno l’organizzazione aziendale: le persone devono accettare di mettersi in gioco e di collaborare, con momenti di sintesi in cui sia chiaro che il bene comune è da preferire al bene di un proprio orticello più piccolo. Il nostro obiettivo non è di portare ai nostri clienti un “pezzo di software” o un insieme di slide, ma di metterci a lavorare al loro fianco sull’organizzazione, sul change management, adattando il vestito che proponiamo alle persone e all’organizzazione.
Ci sono dei verticali specifici a cui vi rivolgete?
In realtà ogni azienda opera su un mercato che chiede puntualità, affidabilità, livelli di servizio. Tutti i nostri clienti hanno aspettative da soddisfare e stakeholder che chiedono di centrare gli obiettivi mantenendo i costi a un livello che consenta al business di rimanere redditizio, al di là del settore verticale in cui operano. La risposta è in una progettualità calata su misura – che si tratti di piccole, medie o grandi imprese – e in progetti che durino 4,6 o 8 mesi. E i primi risultati si possono raccogliere già nei primi mesi di progetto con variazioni mirate ai processi, i cosiddetti “Quick-Win”.
Quanto può incidere l’emergenza Covid-19 in questo contesto?
È proprio in questi momenti di incertezza che si può beneficiare maggiormente di un buon piano di Sales and Operations Planning, che consentirebbe una maggiore resilienza e una programmazione in grado di affrontare con più elasticità i diversi scenari che potrebbero presentarsi da qui ai prossimi mesi. Da una ripartenza impetuosa fino a una stagnazione prolungata, è possibile adattare le strategie agli scenari più probabili, con un aumento dei livelli di servizio e una diminuzione dei costi.