Innovazione industriale

Smart factory, l’evoluzione della fabbrica 4.0

Il processo di evoluzione verso la Smart factory è partito dalla creazione di singole aree di lavoro dove implementare casi di utilizzo isolati. Ora è necessario scalare la sperimentazione all’intero ciclo produttivo, minimizzando l’intervento umano attraverso sistemi cyber-fisici e network di intelligenza artificiale

Aggiornato il 03 Giu 2021

Claudio Brusatori

Partner Porsche Consulting

smart factory


La Smart factory genera un mercato che a livello mondiale crescerà fino a raggiungere i 1.500 miliardi di dollari nel 2024. Nelle sole piattaforme di produzione intelligenti ha raggiunto 4,4 miliardi di dollari nel 2020 con una crescita previsionale costante nei prossimi 5 anni. Cina, Germania e Giappone sono i primi tre paesi in termini di adozione delle Smart factory, seguiti a stretto giro da Corea del Sud, Stati Uniti e Francia.

L’Italia rientra nella “top 10” a livello mondiale per quanto riguarda molte delle tecnologie al servizio dell’Industry 4.0, come la robotica, la comunicazione macchina-macchina e l’utilizzo di tecnologie cloud.

Tutto ciò è supportato dal Nuovo Piano Nazionale Transizione 4.0 del MISE, che comprende incentivi e stimoli finalizzati all’investimento in hardware e software per l’innovazione e la trasformazione digitale. Ad esempio, crediti di imposta per investimenti in beni strumentali, quelli per ricerca, sviluppo, innovazione e design e quelli finalizzati alla formazione 4.0.

Il processo di evoluzione verso la Smart factory è partito dalla creazione di singole aree di lavoro dove implementare casi di utilizzo isolati. Il passo ora necessario è scalare la sperimentazione all’intero ciclo produttivo minimizzando l’intervento umano attraverso sistemi cyber-fisici e network di intelligenza artificiale. In futuro la Smart factory abbraccerà una visione ancora più ampia che, partendo dagli imperativi strategici aziendali, si estenderà dalla produzione a tutte le attività aziendali fino raggiungere i principali attori della catena del valore creando un vero e proprio ecosistema tra gli stabilimenti e le aziende partner, legate da una piattaforma di interscambio condivisa.

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Le ragioni  della trasformazione verso una smart factory

Sicuramente quella principale è la necessità di creare un business più solido e resiliente. Le nuove tecnologie aiutano le aziende a far fronte a una complessità sempre crescente determinata da fattori sia endogeni, legati ad esempio ai processi interni come il design dei propri prodotti, sia esogeni, quali la volatilità del mercato, la richiesta di prodotti con un ciclo di vita sempre più breve e l’estrema volatilità causata da eventi macroeconomici e socio-politici. Inoltre, la recente pandemia ha creato una forte pressione a ridurre i costi, a incrementare le performance e la flessibilità.

Oltre a ciò, le fabbriche stesse diventano showroom in cui clienti e dipendenti possono vivere l’esperienza di vedere i propri prodotti integrati nei processi operativi. Ne è un esempio lo stabilimento di Shanghai della società svizzera ABB in cui useranno i loro stessi prodotti – il robot YuMi – per costruire robot, in quella che punta a diventare la fabbrica di androidi più avanzata al mondo.

Nella Smart factory l’ambiente è collaborativo e aperto grazie a sistemi e strumenti che promuovono e facilitano la generazione di una forte cultura di innovazione e di interscambio di soluzioni attraverso una gestione agile ed efficace delle competenze. È anche possibile integrare elementi che promuovano processi di industrializzazione inclusivi e sostenibili garantendo un modello di consumo e di produzione privo di sprechi.

Come accennato, il focus attuale è la scalabilità delle soluzioni sperimentate in questi anni. Dal nostro osservatorio, al momento solo il 29% di singole soluzioni viene estesa all’intera azienda.

La realizzazione di un ecosistema industriale 4.0

L’obiettivo ideale per chi ha una rete di siti produttivi è estendere i singoli casi d’uso implementandoli in maniera sinergica a tutti gli stabilimenti, garantendo connettività tra essi attraverso l’industrial IoT.

La visione è quella di un “ecosistema industriale 4.0” che garantisca rapida scalabilità e totale trasparenza grazie a una piattaforma standard di connettività: i casi d’uso possono essere replicati velocemente all’interno del footprint produttivo con un sensibile impatto sulla riduzione dei costi e sull’incremento di efficienza e efficacia lungo l’intera catena del valore, dalla produzione alla logistica e alla supply chain. Ma non è tutto: l’ecosistema può essere aperto anche verso l’esterno generando nuovi modelli di business basati sulla vendita dei propri casi d’uso implementati e testati con successo verso il mercato esterno.

Un caso pratico nel settore dell’automotive

Tra i pionieri nell’implementazione di questa visione vi è il Gruppo Volkswagen che ha creato in collaborazione con partner tecnologici come Amazon Web Services, ABB e Siemens, l’Industrial cloud, una piattaforma aperta e interconnessa che ha l’ambizione di consentire alle aziende di concentrare le proprie risorse sull’ottimizzazione della produzione, creando nuove opportunità di business per prodotti smart e migliorando l’efficienza operativa lungo l’intera catena del valore. Il tutto senza la necessità di costruire e gestire per conto proprio le infrastrutture. Questo ecosistema industriale si compone di tre elementi principali:

  • il primo è la piattaforma aperta costruita secondo un’architettura che connette la produzione nel cloud e standardizza la condivisione e lo scambio di dati per abilitare lo sviluppo di nuove soluzioni digitali;
  • il secondo è la comunità di partner che mettono a disposizione e utilizzano nuovi servizi e soluzioni per rispondere a una ampia varietà di casi d’uso nel manifatturiero e di opportunità di business più in generale;
  • terzo, un marketplace, ovvero un ambiente completamente sicuro e protetto per condividere e vendere e acquisire applicazioni collaudate per il manufacturing e la catena di fornitura. Tutto ciò deve essere sostenuto da contributori tecnologici come system integrator, costruttori di linee produttive o fornitori di automazione che abilitano e sostengono la creazione dell’architettura stessa dell’ecosistema.
Video: Smart factory – Bossard (in inglese)

L’ecosistema creato da Volkswagen è in grado di supportare la gestione di 125 stabilimenti, oltre 8.500 fornitori, 18.000 mezzi di trasporto e 7.700 navi di materiali al giorno per una produzione annua mondiale di 11 milioni di veicoli riducendo contemporaneamente i costi nelle fabbriche, quelli di supply chain del Gruppo, e offrendo anche soluzioni alle aziende esterne.

Il cloud industriale, inoltre, abilita le future funzionalità di supporto al business. Ad esempio, i servizi generali, l’assistenza alle vendite, le infrastrutture dati e gli strumenti di comunicazione e di connettività. In futuro anche aziende esterne legate a business diversi potranno entrare a far parte dell’ecosistema, secondo modalità molto simili a quelle di un App-Store.

In una visione ancor più futuristica, assisteremo alla formazione di ecosistemi che porterà a un ulteriore potenziamento degli effetti di connettività con un impatto esponenziale sulla generazione del valore.

Articolo originariamente pubblicato il 03 Giu 2021

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Claudio Brusatori
Partner Porsche Consulting

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