Secondo alcuni report, i data center consumano il 2% dell’energia mondiale ed emettono il 3% dei gas serra, equiparandosi al settore aereo. Entro il 2040, si prevede che il settore ICT rappresenterà il 14% dell’impronta di carbonio mondiale.
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Il cloud non è abbastanza..
Gli avvertimenti sul cambiamento climatico sono chiari; l’imperativo di adottare pratiche aziendali più sostenibili è ampiamente compreso. Eppure, gli executive delle aziende, pur essendo pienamente d’accordo con l’urgente necessità di adottare pratiche aziendali sostenibili, non sono sicuri su come realizzare nel concreto ed efficacemente la promessa di ridurre l’impronta di carbonio.
E dove intervenire, se non nel cloud?
Il cloud è diventato rapidamente la piattaforma dominante per far risiedere la tecnologia dell’azienda. Molti dirigenti aziendali comprendono molto bene il potenziale di trasformazione del cloud in termini di flessibilità, agilità e scalabilità. Ma l’impatto ambientale del passaggio al cloud è tutt’altro che chiaro.
Troppo spesso i dirigenti d’azienda partono dal presupposto che passando al cloud si diventi automaticamente ecologici. Dopo tutto, perché passare da energivori data center on-premise (spesso vecchi di decenni) al cloud dovrebbe essere sicuramente meglio per il pianeta? Inoltre, alcuni dei più grandi fornitori di servizi cloud rivendicano la neutralità del carbonio attraverso crediti di energia rinnovabile e alimentando le nuove strutture con le rinnovabili.
È certamente una visione attraente, ma i fatti non sono così semplici. È indiscusso che l’infrastruttura iper-scalabile dei fornitori di servizi in cloud può essere più efficiente dal punto di vista energetico rispetto ai data center on-premise, ma i data center rappresentano circa l’1% del consumo energetico globale, e questa cifra è in aumento.
Il punto è che ogni carico di lavoro spostato nel cloud consuma energia. E alcuni carichi di lavoro sono dei veri e propri “divoratori di energia”. Uno studio recente ha dimostrato che l’addestramento di un singolo modello di machine learning produce emissioni di carbonio pari a 125 voli di andata e ritorno da New York a Pechino.
Spesso i team di sviluppo non sono consapevoli del consumo energetico dei vari carichi di lavoro, consumando involontariamente più del necessario. È qui che entra in gioco il pensiero green cloud.
Cosa significa adottare una strategia di green cloud
Una strategia di green cloud sottolinea la necessità di analisi e ottimizzazione per comprendere l’impatto ambientale del cloud computing e ridurre la crescente impronta di carbonio e la domanda di energia del cloud.
Esistono validi motivi aziendali per adottare strategie di green cloud. Queste includono:
- Ridurre i costi ottimizzando i carichi di lavoro in modo che vengano eseguiti in modo più efficiente nel cloud, utilizzando meno risorse.
- Incrementare gli sforzi di sostenibilità riducendo l’impronta di carbonio.
- Migliorare l’esperienza dei clienti creando applicazioni più reattive che consumano meno energia.
- Ridurre il time to market dei prodotti digitali eliminando le inefficienze che consumano risorse di storage o di calcolo non necessarie.
- Attirare e trattenere i talenti adottando azioni che abbiano un impatto positivo sul cambiamento climatico
- Attirare gli investitori che considerano sempre più la sostenibilità come una competenza aziendale fondamentale.
Se non si può misurare, non si può migliorare: il caso di Etsy
Il portale online Etsy è all’avanguardia nel green cloud. Ha istituito infatti una Sustainable Computing Taskforce per ridurre il proprio impatto ambientale con l’obiettivo di ridurre di un quarto l’intensità del consumo energetico entro il 2025, comprese le attività d’ufficio e l’impronta informatica.
Etsy quindi è passata da data centre fisici al cloud di Google, attratta in parte dall’efficienza energetica della sua infrastruttura cloud. Così facendo, ha perso la possibilità di misurare il consumo energetico, cosa che non è piaciuta alla società. Per questo motivo ha sviluppato una metodologia per misurare il consumo energetico basata sui dati di utilizzo e su informazioni disponibili pubblicamente, come i fattori di emissione e l’efficacia di utilizzo dell’energia di Google Cloud (PUE).
Grazie a ciò, Etsy è riuscita a compiere progressi significativi nel suo obiettivo di ridurre il consumo energetico associato ai suoi carichi di lavoro.
Perché è possibile? Uno dei motivi è che il cloud è diverso dalle attività on-premise. Se ci si limita a spostare i carichi di lavoro dall’on-premise al cloud, si perde un’opportunità. L’esecuzione di un’applicazione progettata per essere eseguita in un data center senza che questa vanga modificata per il cloud, può comportare un traffico di rete significativo.
Ottimizzandola invece per il cloud, non solo si risparmia denaro, riducendo il traffico di rete, ma si riducono anche le emissioni di carbonio associate.
Misurare il Cloud Carbon Footprint
Basandosi sulle innovazioni di leader sostenibili come Etsy, Thoughtworks e un gruppo di partner innovativi hanno sviluppato una soluzione open source, Cloud Carbon Footprint, che fornisce visibilità e strumenti per misurare, monitorare e ridurre le emissioni di carbonio del cloud. Il software converte l’utilizzo del cloud in una stima del consumo energetico e delle emissioni di carbonio, producendo metriche che possono essere condivise con dipendenti, investitori e altri stakeholder.
Cloud Carbon Footprint supporta diversi cloud pubblici, fornisce i dati sulla produzione di emissioni suddivise per zona geografica, servizio e progetto/team e aiuta i team a identificare le aree con ROI più elevato, per ridurre gli sprechi nell’utilizzo del cloud e le emissioni di carbonio. Da quando Thoughtworks ha sviluppato Cloud Carbon Footprint, altri fornitori, in particolare Microsoft e Google, hanno introdotto anche propri sistemi di calcolo delle emissioni di carbonio. Se vi sentite a vostro agio nell’affidare la vostra infrastruttura cloud ad un unico fornitore, utilizzare i loro sistemi di calcolo delle emissioni di carbonio può essere una scelta sensata.
“Strumenti come Cloud Carbon Footprint sono il tipo di infrastruttura logica aperta ed estendibile di cui abbiamo bisogno come tecnologi responsabili per costruire un’industria digitale sostenibile” – ha affermato Chris Adams, co-direttore della Green Web Foundation.
I quattro pilastri dell’ottimizzazione del green cloud
L’organizzazione IT dovrà guidare gran parte delle iniziative di green cloud. Per riuscirci, quando sceglierà i fornitori e le ubicazioni del cloud, dovrà prendere in considerazione i seguenti elementi:
Fonte energetica. Ciò significa utilizzare infrastrutture cloud alimentate da energia rinnovabile anziché da combustibili fossili, oppure utilizzare crediti di energia rinnovabile (REC) per “neutralizzare” le emissioni di combustibili fossili, facendo corrispondere ogni megawatt “sporco” di elettricità utilizzato da un data center con un megawatt “pulito” di un REC. Si sta già lavorando anche per far funzionare i data center direttamente con l’energia eolica e solare, così come si stanno compiendo progressi verso la creazione di data center basati sulla tecnologia Pausable, che sposta carichi di lavoro in momenti diversi della giornata per sfruttare i modelli meteorologici.
Efficienza energetica. Infrastruttura cloud con un’elevata efficienza energetica, misurata attraverso il PUE (power usage effectiveness). In genere, ciò si ottiene attraverso approcci innovativi al raffreddamento.
Le aziende clienti che utilizzano servizi cloud possono controllare le modalità di configurazione e utilizzo del cloud, ottimizzando:
Numero e dimensioni dei server. I server consumano fisicamente energia; riducendo il numero di server utilizzati, si riduce l’impronta di carbonio. Le aziende possono ottimizzare le prestazioni delle loro applicazioni e ridurre lo storage non necessario, ma il costo e l’utilizzo di energia rimarranno invariati, a meno che non riducano anche il numero o le dimensioni dei server che utilizzano.
Numero e dimensione delle richieste. I servizi cloud generano un notevole traffico di rete, in base alle richieste e alle risposte date. Per ridurre al minimo il traffico, è possibile utilizzare od ottimizzare la cache, in modo da ridurre la distanza per trasferire i dati da un server edge locale all’utente. Inoltre, è possibile ridurre la quantità di dati trasferiti ricaricando dinamicamente solo i componenti necessari e dando priorità alle esperienze utente mobile-first, poiché i dispositivi e le dimensioni dello schermo più piccoli richiedono meno dati.
È tempo di agire sul cloud
Come abbiamo visto, sono molte le ragioni che spingono le aziende ad adottare il green cloud, dal risparmio economico alla valorizzazione del brand. Per tutti però il successo dipende da un vero cambiamento culturale. Oggi molti team di sviluppo si misurano sulla velocità di delivery. A meno che non siate disposti a far rientrare la sostenibilità tra i loro KPI, è probabile che questi diventi un elemento secondario.
Data l’accelerazione del consumo energetico del cloud, non c’è tempo da perdere. Il business case è chiaro: gli strumenti di cui i team di sviluppo hanno bisogno stanno maturando, ora serve solo l’impegno.