L’innovazione digitale nel farmaceutico è una questione tecnologica, ma anche, forse soprattutto, una questione di mentalità e di competenze. È questo il messaggio che è emerso nella giornata organizzata a Milano da Messe Frankfurt Italia e ISPE, intitolata “Pharma 4.0: processi eccellenti e tecnologie abilitanti per il futuro del farmaceutico italiano”, una delle tappe del percorso di avvicinamento a SPS Italia (28-30 maggio, Parma).
Sul palco si sono alternati professori universitari, rappresentanti di aziende di riferimento del settore, come Menarini e Eli Lilly, oltre ad aziende fornitrici delle tecnologie necessarie ad abilitare l’innovazione nella produzione di farmaci.
Indice degli argomenti
Il primato europeo del farmaceutico italiano
Non tutti sanno che l’Italia è il primo produttore europeo di farmaci, con un valore della produzione che, nel 2018, ha superato i 31 miliardi di euro, 25 dei quali appannaggio dell’export (+4,7%).
Un risultato ottenuto grazie a una crescita del farmaceutico del 2,4% sull’anno precendente, “un ritmo decisamente superiore alla media del PIL”, come ha sottolineato Teresa Minero, presidente di ISPE per l’Italia e membro dello Steering Committee Pharma 4.0 di ISPE a livello globale, oltre che CEO di LifeBee.
Ma dovuto anche all’elevato livello di competenze dei 65.400 addetti del settore farmaceutico: “Oltre il 90% dei lavoratori del settore sono diplomati o laureati”, sottolinea Minero. Ed è anche un comparto che di lavoro ne genera: oltre 4.000 nuovi posti di lavoro negli ultimi due anni.
Innovazione sempre più 4.0
La manifattura farmaceutica italiana è arrivata a questa posizione grazie anche a cospicui investimenti in ricerca e sviluppo e in innovazione, che sempre di più avviene in chiave 4.0. Le aziende infatti stanno investendo soprattutto in biotecnologie e nuovi materiali, ma anche in software, big data, analytics, intelligenza artificiale e soluzioni per la simulazione: tutte tecnologie che consentono di aumentare la qualità e ridurre il “time-to-market”.
“Nel mondo 4.0 prodotto e informazione non possono fare a meno l’uno dell’altro”, spiega Minero. E il processo d’innovazione coinvolge tutti sia nella filiera che all’interno dell’azienda. Senza dimenticare che il Farmaceutico si differenzia dagli altri settori per un piccolo “dettaglio”: in fondo alla catena logistica non c’è un semplice consumatore, ma un paziente che ha le sue urgenze ed esigenze in termini di sicurezza e affidabilità. E che per questo il settore deve sottostare ai vincoli e opportunità della disciplina dettata dagli enti regolatori. Un vincolo che storicamente ha reso il settore piuttosto conservatore e che invece adesso sta favorendo l’introduzione di nuove tecnologie, per consentire ad esempio alle aziende di rispettare i requisiti imposti dalla serializzazione del farmaco in chiave anticontraffazione.
“Le tecnologie, comunque, hanno un ruolo abilitante, ma se manca l’humus culturale, una filosofia per il cambiamento, non si va da nessuna parte”, spiega Minero. “L’uomo per sua natura resiste al cambiamento ed è per questo che bisogna lavorare sulla base di un modello, come quello della Operational Excellence, che offre un approccio olistico al cambiamento”. Di qui alle competenze il passo è breve: “Oggi è importante formare i giovani, ma anche i dipendenti senior e i manager, che non sono nativi digitali: si tratta di persone che spesso hanno responsabilità decisionali su cose che non capiscono e rispetto alle quali sono talvolta spaventati”.
Come si fa un progetto 4.0? Lo spiega Menarini
“Un programma 4.0 è un viaggio e come ogni viaggio va preparato”. Ha le idee chiare Davide Smaldone, Corporate Demand Manager di Menarini, la principale azienda farmaceutica italiana.
“Per portare avanti un progetto di innovazione digitale – spiega – bisogna focalizzarsi sugli obiettivi, imparare a essere agili dove possibile e scegliere i champions”. Serve inoltre una governance che sia contemporaneamente forte ma anche flessibile.
Innovare comporta anche dei rischi e di questo bisogna essere consapevoli. “Bisogna però capire che se non si vince si impara, non esiste la sconfitta”, sottolinea Smaldone.
“Non bisogna infine dimenticare – conclude – che le persone e non la tecnologia sono la chiave del successo. Per questo è necessario lavorare sul mindset”.