L’Italia spende il 2,4% in più per l’ICT, trainano il cloud e le reti ad alta velocità

Pubblicato il 15 Nov 2017

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Nel 2017 in Italia aumenta il giro d’affari dell’industria dell’informatica e delle comunicazioni. Con una crescita del 2,4% rispetto al 2016, il settore ICT raggiunge i 55,1 miliardi di euro di ricavi. Lo ha stimato nel suo ultimo rapporto, Digital Italy 2017, The Innovation group (TIG), società di consulenza indipendente. Secondo lo studio la crescita maggiore è dell’informatica (+3,8%) e delle telecomunicazioni (+1,6%). Nel primo caso il cloud computing traina l’accelerata, con un incremento in un anno del 16,4% e un risultato finale di 1,8 miliardi. Nelle telecomunicazioni, invece, le reti NGA (Next Generation Access) spingono l’intero comparto, compensando il calo della spesa per i servizi voce e dati, sia sul fisso sia sul mobile.

Aziende più mature

La società di analisi ha riscontrato che le imprese italiane hanno sviluppato una maggiore consapevolezza degli investimenti nel digitale. Non è più un fenomeno da subire, ma da cavalcare e gestire secondo le proprie esigenze. La manifattura intelligente, ad esempio, ha permesso all’industria più caratteristica del sistema produttivo italiano di recuperare quota, dopo che il peso del settore nella creazione di valore aggiunto dal 2007 al 2013 è passato dal 17,7% al 15,5% del totale.

Per questo anche le imprese italiane hanno sciolto gli indugi e deciso di abbracciare tecnologie più di frontiera, come l’analisi dei big data, l’internet delle cose, l’offerta al cliente su più canali. Innovazioni all’ordine del giorno fuori dall’Italia. Il 41% di 295 medie e grandi imprese italiane interpellate da TIG ha risposto di essere al lavoro su progetti di internet delle cose, specie in ambito industriale.

Cambio di visione

“Il digitale abilita una nuova visione e un nuovo modello di Italia, più efficiente, più competitivo, più vicino ai cittadini e ai loro bisogni”, spiega Roberto Masiero, presidente di TIG. Per il numero uno della società “occorre sviluppare un “modello di politica per l’innovazione digitale” che sia orizzontale rispetto alle esigenze del Paese nel suo complesso, che riesca a tenere conto della complessità e del potenziale di scelte che l’innovazione digitale offre al Paese, alle sue istituzioni, alle imprese e ai cittadini”.

I nodi da sciogliere

Per Masiero “vi sono ancora alcuni ostacoli all’attuazione di un’Italia digitale”. Perciò, incalza, occorre “ affermare la centralità del cittadino nel processo di trasformazione digitale del Paese e nelle sue tre dimensioni produttiva, sociale e pubblica”, “ definire un sistema di governance dell’innovazione” e “valorizzare i nativi digitali e al tempo stesso facilitare il riallineamento delle professionalità ormai obsolete”.

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Luca Zorloni

Cronaca ed economia mi sono sembrate per anni mondi distanti dal mio futuro. E poi mi sono ritrovato cronista economico. Prima i fatti, poi le opinioni. Collaboro con Il Giorno e Wired e, da qualche mese, con Innovation Post.

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