Forum Software Industriale

IoT, big data, robotica, smart product e servitizzazione: le nuove opportunità per il manifatturiero

In occasione del Forum Software Industriale organizzato da ANIE Automazione in collaborazione con Messe Frankfurt la tavola rotonda organizzata da Digital360 ha voluto indagare alcune delle linee di sviluppo collegate all’Industria 4.0 con la partecipazione di Luca Flecchia, Data Driven Innovation P4I, Calogero Maria Oddi, Assistant Professor di Biorobotica, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Mario Rapaccini, Professore di Ingegneria economico-gestionale Dipartimento di Ingegneria, Università di Firenze e Mauro Galano, Rappresentante WG Software Industriale, ANIE Automazione

Pubblicato il 16 Feb 2019

Forum Software Industriale


L’innovazione del manifatturiero è sempre più nel segno della convergenza. Innovazione del mondo delle operations e dell’automazione e innovazione digitale, nel rispetto delle prospettive aperte dall’Industria 4.0 e dallo smart manufacturing. L’occasione per confrontarsi e approfondire le opportunità di questa convergenza è arrivata dal Forum Software Industriale, l’evento organizzato da Anie Automazione e da Messe Frankfurt che ha richiamato l’attenzione e la partecipazione di operatori e figure di riferimento sia mondo digital sia del mondo della produzione e dell’automazione, nel segno della convergenza.

Nella realtà delle imprese più attente alle innovazione, i domini IT e OT non fanno più parte della sperimentazione, ma sono al centro di nuovi modelli organizzativi, abilitano innovazione di prodotto e di processo e permettono alle imprese di lavorare in modo più diretto e più efficace anche sul rapporto con i propri clienti, sviluppando nuovi modelli di business. Il punto di partenza è primariamente nella centralità dei dati, nella disponibilità di infrastrutture IoT e Industrial IoT, negli strumenti di analisi e di Big Data che accelerano l’innovazione sui prodotti da una parte e che consegnano a chi lavora sugli strumenti di produzione e sulla robotica in particolare nuove fonti di conoscenza per indirizzare la ricerca tenendo conto, ad esempio in modo più accurato e preciso anche dello studio dei comportamenti. Una capacità di sviluppo della conoscenza che non si ferma agli strumenti di produzione ma che coinvolge in modo sempre più profondo i clienti sulla abse di una prospettiva che cambia il rapporto prodotto-clienti e permette concretamente di ribaltare i modelli più tradizionali. La vita del prodotto inizia quando entra in possesso del cliente, è lì, con la servitizzazione che ha inizio la vera storia che è sempre più di conoscenza e di continua innovazione. Ma come ci si arriva e quali sono gli ingredienti?

Il Forum Software Industriale ha voluto dedicare la tavola rotonda “Dalle smart machine agli smart product: quali scenari per infrastrutture e soluzioni” con la partecipazione di Luca Flecchia, Data Driven Innovation P4I, Calogero Maria Oddo, Assistant Professor di Biorobotica, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Mario Rapaccini, Professore di Ingegneria economico-gestionale Dipartimento di Ingegneria, Università di Firenze e Mauro Galano, Rappresentante WG Software Industriale, ANIE Automazione.

Lo scenario dell’IoT, dell’Industrial IoT e della valorizzazione dei dati

Luca Flecchia, Data Driven Innovation P4I 

IoT, Big Data e Intelligenza Artificiale fino a pochi anni fa erano argomenti ad uso e consumo degli addetti ai lavori, del mondo digitale.  Il grande pubblico non era così avvezzo all’uso di questi termini. Oggi non è più così. Articoli e argomenti sulla stampa quotidiana e non solo specialistica parlano di queste tematiche. Questo anche grazie alla diffusione della tecnologia che usiamo quotidianamente che comprende e si basa su questo tipo di tecnologie. Gli smartphone, e più in generale i dispositivi wearable sono diventati oggetti IoT sempre più precisi nelle misurazioni, tanto da trovare ampio utilizzo in ambito militare, così come certificazioni in ambito medicale per la registrazione dei parametri vitali degli utenti. Anche l’utilizzo di queste soluzioni in ambito industriale è sempre più diffuso e pervasivo. Siamo in un trend destinato a crescere anche grazie alla diffusione degli smart object legati alla domotica come ad esempio gli assistenti casalinghi come Amazon Alexa.

Una stima di Gartner dice che nel 2020 le componenti legate alle connettività saranno più accessibili, meno costose. Uno scenario in cui potenzialmente qualunque prodotto sia connesso e sia in grado di comunicare e analizzare i dati (e non solo di raccoglierli) potrà disporre di una capacità computazionale locale grazie all’edge IoT che risolve un problema particolarmente importante per il mondo industriale: quello della latenza. Si stima poi che saranno 50 miliardi le unità di oggetti smart connessi con crescita esponenziale. Saranno sempre più numerosi i prodotti connessi e smart in tutti i campi: industriale, casalingo, della persona. Una stima del McKinsey Global Institute dice che nel 2025 l’IoT avrà un impatto globale sull’economia tra i 4 e gli 11 trilioni di dollari e il settore che le farà da traino è il manifatturiero, le fabbriche, lo smart manufacturing, la robotica collaborativa; le smart city e mondo dei device intelligenti che portiamo con noi.

Se limitiamo l’ambito all’IIoT nel 2020 vedremo un mercato da 110 miliardi di dollari e da qui al 2020 avrà un CAGR (tasso medio di crescita annuo) del 7,3%. Ci sono settori come trasporti e aeronautica, utilities, energia, robotica che hanno dichiarato in una ricerca General Electric come IoT e connettività siano le componenti chiave per lo sviluppo di applicazioni che portano vantaggio competitivo e permettano di mantenerlo rispetto ai competitor. Questo anche dovuto alla previsione che i nuovi entranti rilasceranno soluzioni tecnologiche come queste.

Se restringiamo ancora un po’ la vista, in Italia, l’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano dice come nel 2017 il mercato dell’IoT valesse 3,7 miliardi di euro con una crescita del 32% rispetto al 2016. Il primo settore è nelle utilities, con un forte bisogno IoT per gestire una rete che invecchia sempre di più e ha costi elevati di manutenzione. Altri settori significativi sono smart card, building e altri settori che crescono significativamente rispetto all’anno prima.

Non basta però raccogliere informazioni sull’utilizzo dei consumatori o sull’andamento dei prodotti o macchinari, è la nostra capacità di trasformare i dati in informazione che genera valore per il business. La capacità di correlare le informazioni permette di fare delle previsioni (dopo quanto tempo si romperà, quando devo fare manutenzione). E tutto questo è dimostrato anche dal fatto che mercati vicini all’IoT grazie alla capacità di poter usare i dati generati dall’Internet of Things come AI e Big Data si stanno muovendo in questo senso. Sempre gli Osservatori del Polimi ci dicono che al momento le app più diffuse nell’AI sono quelle dell’intelligent data processing, per analizzare in modo smart i dati raccolti e trovare correlazioni in mezzo ad una moltitudine. Il mercato dei Big Data 1 miliardo e 400 milioni di euro vale in Italia, e al di là delle banche il settore più avanzato è il manifatturiero con applicazioni come manutenzione predittiva, gestione asset e ottimizzazione delle scorte.

Il ruolo dei dati per gli strumenti di produzione, per la biorobotica e la bioingegneria applicate alla robotica e alla robotica collaborativa

Calogero Maria Oddo, Assistant Professor di Biorobotica, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa 

Sono fondamentalmente tre gli assi sui sui quali leggere le prospettive di ricerca sui dati e sui benefici della robotica e della robotica collaborativa. Prima di tutto il rapporto tra robotica e mondo del lavoro, lo stato attuale della robotica e le nuove frontiere che si stanno aprendo.

Per affrontare questi temi è necessario prima di tutto rispettare una tassonomia fondamentale per definire lo stato della robotica attuale che può essere letta su tre ambiti:

  • Robotica collaborativa
  • Robotica indossabile
  • Robotica impiantabile

La robotica negli anni 60/70, all’epoca della terza rivoluzione industriale, separava i robot dal lavoratore perché mettevano a rischio la vita dei lavoratori stessi. Introdurre dei robot in impianti industriali significava automatizzare per intero il processo. Il dibattito tanto in voga oggi sul fatto che la robotica possa togliere lavoro, andrebbe rivisto da una prospettiva diversa. La robotica di oggi, in particolare quella collaborativa, potendo interagire con il lavoratore, non rappresenta un nemico, bensì un compagno. Questa prospettiva deve essere oggetto di condivisione pubblica e riflessione. Di conseguenza, il lavoratore dovrebbe essere coinvolto con un incremento del livello formativo per interagire con le macchine.

Le tendenze del software vanno verso un de-skilling del programmatore: non è più necessario, ad esempio, saper programmare strettamente in C, linguaggio di basso livello. La programmazione va verso la programmazione grafica, l’auto-dimostrazione. Queste nuove tendenze e competenze che introducono cambiano il paradigma di chi può intervenire sulle macchine a livello industriale. Anni fa doveva essere necessariamente un ingegnere elettronico o informatico, ad oggi non deve necessariamente essere un ingegnere che “dialoga” con le macchine. Le interfacce sono sempre più user-friendly.

La robotica industriale è la nuova tendenza, l’estremo limite della robotica collaborativa: il rapporto fisico-diretto con la persona, allevia carichi e può ridurre i fattori di rischio. Bioingegneria significa soprattutto studiare il rapporto tra persona e macchina e analizzare le applicazioni industriali possibili nel contesto manifatturiero.

La robotica impiantabile è una nuova prospettiva ancora e permette ai robot di interagire con il sistema nervoso umano. Ai lavoratori o persone che hanno perso un arto e permette di recuperare funzioni di manipolazione o funzioni sensoriali raffinate. Questi studi  hanno profonde implicazioni sulla possibilità di introdurre nuovi paradigmi. Dal punto di vista dell’AI si introducono nuovi paradigmi anche grazie allo studio dell’interazione con il cervello umano.

Siamo davanti a due “mondi”: le neuroscienze e bioingegneria da una parte e le applicazioni industriali che possono adesso dialogare.

Il grande tema è che i dati devono essere al servizio del lavoro e degli strumenti di lavoro. Si tratta di un tema di tipo culturale che guida l’approccio stesso alla robotizzazione che invita a fare un salto di paradigma rispetto alla percezione del rapporto con le persone.

Dalla conoscenza del rapporto prodotto-cliente alla servitizzazione

Mario Rapaccini, Professore di Ingegneria economico-gestionale Dipartimento di Ingegneria, Università di Firenze

La servitizzazione non è un termine nuovo. E’ stato coniato nel 1988, dunque ben prima dell’Industry 4.0. Ma è una tematica di cambiamento di lungo periodo che è in corso in tanti contesti industriali. C’è chi sostiene che la trasformazione digitale nel modo di produrre e la servitizzazione sono due facce della stessa medaglia. L’IoT e la connessione dei dati consente alle aziende di “embeddare” la propria conoscenza sul prodotto portandolo sul mercato e valore nel rapporto tra il prodotto e il cliente.

La servitizzazione è lo sviluppo di un processo culturale di cambiamento di customer centricity. C’è molto lavoro da fare ma un forte movimento è già in atto come dimostra la ricerca sulla Servitizzazione realizzata in collaborazione con ANIE che ha coinvolto 55 aziende del comparto ANIE di cui 27% Grandi Imprese, 35% appartenente a gruppo internazionale. le imprese sono ancora “prodotto centriche” ma cresce il ruolo dei servizi grazie allo sviluppo del digitale con dinamiche che vedono lo sviluppo di soluzioni integrate tra prodotto e servizio, la vendita di servizi verso la propria base installata e in modo meno rilevante la vendita di servizi verso la base installata della concorrenza.

I fattori abilitanti si concentrano nelle attività di Ricerca e Sviluppo, nello sviluppo di software e soluzioni digitali e nel miglioramento delle performance a livello di elaborazione dati e controllo di gestione. Il passaggio da prodotto a servizio mette in “gioco” una ampia serie di variabili che necessitano di essere affrontate con una governance appropriata e che vanno dai servizi finanziati ai servizi legali e fiscali, dalla consulenza strategica all’audit e alle certificazioni, dall’analisi di mercato alla consulenza organizzativa, dalle attività di sviluppo alla comunicazione alla gestione del rapporto con il cliente.

Sono tanti i fattori, non solo legati alla tecnologia, ma prevalentemente culturali che impattano su questo passaggio per le industrie e sui quali si gioca la possibilità di sviluppare nuove forme di valore e di competitività.

Il ruolo del software industriale visto dalle imprese dell’automazione

Mauro Galano, Rappresentante WG Software Industriale, ANIE Automazione

Se l’hardware è la componente tradizionalmente più “visibile” del mondo dell’automazione, occorre dire che negli ultimi anni sicuramente la componente software ha registrato un grande sviluppo. L’hardware è sempre più intelligente, gli smart product e i device possono essere configurati, monitorati con diagnostica integrata per creare impianti intelligenti. E cresce con questo il bisogno di soluzioni in grado di gestire questo patrimonio di dati. Questo sviluppo ha goduto anche delle iniziative governative di industria 4.0. La spinta della parte software ha un compito: gestire questi dispositivi e queste moli di dati che fino ad oggi sono state poco utilizzate o parzialmente. Questo perché anche i software non sono mai stati così precisi dal punto di vista dell’interpretazione delle info, sono diventati anche più semplici permettendo di integrare soluzioni che al di là della raccolta dati permettono di contestualizzarli: permettono correlazioni e interpretazioni un tempo non realizzabili o non accessibili.

Dal software Scada altamente customizzato e poco adatto a interfacciarsi con con sistemi IT, ci si è mossi verso l’integrazione e la standardizzazione dello scambio di info per rendere il rapporto tra IT e automazione più semplice e accessibile. Abbiamo assistito allo sviluppo di sistemi MES più scalabili e flessibili, sistemi che permettono soluzioni sempre più performanti. Per integrare queste soluzioni di Business Intelligence, si è lavorato a livello di smart device e di software IoT, permettendo di trovare soluzioni puntuali e inserendoli in architetture esistenti. La manutenzione produttiva, l’efficienza a livello di produzione, la gestione dei “comportamenti” degli impianti rappresentano già oggi un notevole segno di sviluppo per queste piattaforme innovative che sono più facili da gestire e che possono rispondere ai nuovi bisogni che nascono nelle imprese.

La parte di IoT ad esempio si va ad integrare con soluzioni di realtà aumentata che permettono di dare vita a nuove interfacce per l’operatore che deve dialogare con la macchina o che deve agire sugli impianti senza richiedere un’eccessiva conoscenza dell’impianto stesso. Il risultato di questa evoluzione è negli strumenti che permettono una maggiore capacità di azione e un maggior supporto aumentando l’efficacia, riducendo le possibilità di errore umano e aumentando la sicurezza.

Il ruolo centrale delle nuove competenze

Luca Flecchia

Serve sicuramente un grande cambiamento nelle competenze aziendali. Per una data driven company è sempre più necessaria una nuova consapevolezza sul valore dei dati a ogni livello dell’impresa. Oggi nelle aziende i dati sono appannaggio del top management e man mano che si scende nei livelli operativi difficilmente si usano i dati. Cambiare questo paradigma significa sviluppare competenze nuove e diverse, ma anche un mix diverso di skills. Le aziende cercano data scientist, ma sul mercato ce ne sono pochi. Ma non sempre è vero che queste  competenze mancano completamente in azienda. Probabilmente le competenze necessarie ci sono, ma sono non tutte concentrate in una sola figura. Statistici, programmatori e analisti ci sono sempre stati nelle imprese. È chiaro che oggi machine learning e AI offrono opportunità nuove, per la quantità di dati elaborabili  e disponibili, di  migliorare la capacità di identificare rischi e l’accessibilità, ma le competenze c’erano anche prima. Probabilmente è necessario formare team eterogenei e lavorare sulla formazione. E’ una sfida e una opportunità che le imprese non possono perdere.

L’approccio scientifico dell’Università che produce innovazione

Calogero Maria Oddo

Ma quanto è importante l’approccio scientifico per l’Università che produce innovazione, che lavora per anticipare i tempi e portare contributi alle industrie?

Per far fronte alle sfide della produttività totale, dell’ipersensorizzazione dell’IoT, dei nuovi paradigmi di tipo event driven serve un approccio nuovo, fortemente basato su una analisi scientifica e precisa dei nuovi fenomeni. Il sistema nervoso funziona in modo asincrono (rapporto tra cervelli e sensi). La comunicazione tra sensori e cervello avviene con impulsi digitali perché sono eventi che segnalano al cervello, che lo avvisano. I sensori non mandano continuamente pacchetti di dati, ma solo quando succede un evento. Il corpo umano ci aiuta a capire come gestire queste nuove forme di interazione e come gestirle nel momento in cui sono strettamente legate loro stesse al rapporto con le persone e con i comportamenti. Sono nuove frontiere che necessitano di essere affrontate anche con lo studio attento dalle interazioni dello sviluppo “uomo-macchina” a livello di bioingegneria e di neuroscienze.

Il nuovo valore dei prodotti e il rapporto tra Università e imprese

Mario Rapaccini

L’università è parte dell’ecosistema che sta tentando di contribuendo a far partire queste dinamiche di innovazione. dall’università arriva un grande lavoro di innovazione e di creazione di competenze per sostenere la successiva implementazione e concretizzazione di queste innovazioni., Ma occorrono approcci più orientati alla lean: serve maggiore agilità per comprendere le tante dimensioni del cambiamento e per dare risposte più veloci e più vicine a ciascuna linea di sviluppo. Le imprese hanno bisogno di toccare con mano le prospettive legate a questi cambiamenti, hanno bisogno di capire vantaggi e rischi e chiedono di prepararsi in modo più veloce e più preciso. Per questo possono è importante lavorare sulla creazione e sullo sviluppo di ambienti di sperimentazione dove si lavora assieme sia sulla visione dei percorsi di innovazione sia sulla loro “messa a terra”.

Le imprese e lo sviluppo delle competenze

Mauro Galano

Il problema delle competenze è fondamentale e oltre il 50% delle aziende manifatturiere in Italia hanno impianti produttivi con apparecchiature che non sono in grado di sfruttare appieno le potenzialità a disposizione, soprattutto quando si tratta di soluzioni che uniscono i mondi IT e OT. Il fatto di passare a soluzioni connesse con macchine intelligenti richiede un importante aggiornamento delle competenze del personale in chiave di convergenza. Serve una sensibilizzazione generale sia del mondo della scuola sia nella costruzione stessa dei percorsi formativi. La convergenza che abbiamo davanti e che rappresenta una vera sfida per le imprese va sostenuta con un approccio culturale e formativo che non si limita alla creazione di corsi o percorsi di studio ma che chiede sensibilizzazione e diffusione di una nuova cultura professionale tra IT e OT.

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