Industria 4.0, la fabbrica oltre la digitalizzazione

Industria 4.0 non significa solo processi intelligenti e fabbrica intelligente, ma anche prodotti intelligenti, filiera intelligente, strategia e organizzazione e nuovi servizi abilitati dalla digitalizzazione. La pensa così Alfonso Fuggetta, intervenuto ieri a un interessante convegno organizzato da Ucimu e Anima.

Pubblicato il 23 Mar 2018

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“Industria 4.0 significa prodotti intelligenti, processi intelligenti, fabbrica intelligente, filiera intelligente, strategia e organizzazione e nuovi servizi abilitati dalla digitalizzazione. Di tutti questi aspetti oggi si pensa solo al secondo e al terzo, cioè a rendere i processi e la fabbrica più efficienti e smart. Questo è un chiaro segno che siamo ancora nella fase di automazione della fabbrica, che non è ancora Industria 4.0“. La pensa così, senza mezzi termini, il prof. Alfonso Fuggetta, CEO del Cefriel, intervenuto ieri al convegno “Da Industria a Impresa 4.0: digitalizzazione, sicurezza e competenze” organizzato da Ucimu – Sistemi per Produrre e Anima – Confindustria Meccanica Varia.

“Pensiamo all’evoluzione di un trattore: prima è stato inserito un cockpit digitale, poi è stato connesso alle altre macchine presenti nell’ambiente circostante e infine ai servizi basati su cloud. È stata una rivoluzione perché ha cambiato radicalmente il modo di progettare, costruire e utilizzare i trattori”, prosegue Fuggetta. “Oppure alle automobili: oggi l’esperienza di acquisto non finisce nel momento in cui si scelgono gli accessori in concessionaria, ma è possibile abbonarsi a servizi dal proprio smartphone. Per farla breve, credo che occorra un ripensamento complessivo dell’azienda, se vogliamo sfruttare appieno le opportunità offerte da Industria 4.0, perché oggi le aziende le stanno ampiamente sottovalutando”.

Fuggetta punta il dito anche su un aspetto culturale e organizzativo: “Quando c’è da autorizzare una spesa i CFO sono abituati a decidere sulla base del ROI, il ritorno dell’investimento. Ma in una fase come questa come si fa a prendere decisioni strategiche, come per esempio quella di finanziare uno studio di fattibilità, con logiche di questo tipo? Sono scelte che devono fare gli imprenditori, non i manager”, conclude applaudito.

Machindustry: promuovere lo sviluppo dei beni strumentali

Critico anche l’intervento di Francesco Jovane, professore emerito del Politecnico di Milano, che nel ripercorrere la genesi di Industria 4.0 e della quarta rivoluzione industriale, ha sottolineato come si tratti di un paradigma “che fonde mondo fisico, digitale e biologico, mentre oggi in Italia il focus è solo sulla parte digitale”. Per questo, ha detto il professore, sarà a breve lanciata dal Politecnico l’iniziativa MachIndustry, che vuole promuovere lo sviluppo della componente fisica dei beni strumentali.

Impresa 4.0? La fine del “catenaccio”

Usa una metafora calcistica Pietro Almici, Vice Presidente di Anima, per spiegare il suo punto di vista sugli effetti del piano industria-impresa 4.0: “Per dieci anni le nostre imprese hanno fatto il “catenaccio”, chiudendosi in difesa per non subire goal. L’arrivo del Piano Industria 4.0 è stato per il nostro settore come l’ingresso in campo di uno splendido regista che ha fatto un lancio, ci ha mandato in porta e ci ha fatto vincere la partita. Ma attenzione, il campionato non è ancora finito: non si può pensare di vincere tutte le partite così, bisogna giocare in un modo diverso, servono calciatori con caratteristiche diverse”, ha spiegato. Almici si è detto comunque felice del fatto che “tra gli imprenditori è tornato l’entusiasmo dopo dieci anni di frustrazioni”. E sul tema automazione-occupazione: “Non è vero che i robot ruberanno il lavoro, è vero però che i collaboratori dovranno imparare a lavorare diversamente. Dal mio punto di visto i lavoratori oggi si sentono meno precari e si incuriosiscono rispetto alle macchine nuove. Dobbiamo volare sulle ali di questo entusiasmo”.

La security? Questione di value chain

Durante il convegno, moderato da Enrico Annacondia di Ucimu-Sistemi per produrre, si è parlato molto anche di security, considerato ormai il ventre molle della digital transformation. Ne hanno parlato, con diversi punti di vista, tanti relatori, tra cui Francesco Teodonno, security unit leaderì di IBM, che ha sottolineato come oggi occorrano in media “205 giorni per accorgersi di una violazione” e che gli hacker non sono più solo persone, ma aziende organizzate. Ma soprattutto mettendo l’accento sul fatto che non basta proteggere solo l’azienda, ma occorre spostare il focus sull’intera value chain.

Nel corso della giornata sono stati toccati tantissimi aspetti di grande interesse per le aziende manifatturiere, dai Digital Innovation Hub, spiegati da Valentina Carlini di Confindustria, agli incentivi per la ricerca e sviluppo, illustrati da Roberta Mellorella e Elena Romagnoli di Noverim; dagli aspetti finanziari, con l’intervento di Manuela Montagna di Intesa San Paolo, a quelli assicurativi, con Niccolò Magnani di Marsh; da quelli organizzativi, con Gabriele Caragnano di PwC, a quelli relativi alla certificazione, con Paolo Gianoglio di ICIM; dalla formazione 4.0, oggetto dell’intervento di Davide Della Bella di Ècole agli aspetti di normativi affrontati da Ruggiero Lensi dell’UNI, Domenico Squillace eLuciano Quartarone di Uninfo. Raccontate anche le esperienze di Ansaldo Energia e Toyota Material Handling.

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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