Industria 4.0

Industria alimentare 4.0, campi di applicazione e vantaggi

Si possono individuare quattro aree in cui l’applicazione di un ecosistema digitale e innovativo può rivelarsi decisivo per risolvere “colli di bottiglia” e esigenze strutturali problematiche: food recall, abitudini dei consumatori, miglioramento della gestione dei dati, lotto a unità singola

Pubblicato il 06 Ago 2020

Lorenzo Roesel

operatore Fai Cisl nazionale, dottorando presso Università degli Studi di Siena

industria alimentare 4.0


La “quarta rivoluzione industriale” è ormai entrata ampiamente nel linguaggio comune: i sistemi di smart production, l’integrazione orizzontale, la virtualizzazione della catena del valore e le tecnologie esponenziali sono – se non la quotidianità – almeno temi ampiamente dibattuti sul web e sulle riviste scientifiche, nei seminari e nelle convention aziendali. Poco o nulla si sa ancora invece della sua applicazione concreta nei luoghi di lavoro, tra i lavoratori di quell’industria che promette di essere rivoluzionata in poco tempo. In particolare, ancora meno si conosce della grande differenza che l’applicazione di questa tecnologia può fare nel settore del “food and beverage“. Mai come in questo momento – in cui l’industria alimentare viene indicata tra le produzioni necessarie e indifferibili acquisendo quel primato che è suo di diritto, cioè quello di filiera essenziale per la sicurezza alimentare del paese – c’è bisogno di scoprire cosa realmente voglia dire una “Industria alimentare 4.0”.

Quattro aree dell’industria alimentare in cui applicare l’ecosistema digitale

Possiamo quindi individuare quattro aree in cui l’applicazione di un ecosistema digitale e innovativo quale Industria 4.0 può rivelarsi decisivo per risolvere con successo alcuni “colli di bottiglia” e alcune esigenze strutturali problematiche che da sempre il settore subisce.

La prima area è quella del cosiddetto “Food Recall”, la procedura di ritiro e richiamo dei lotti che per qualche motivo risultano soggetti a reclami da parte dei consumatori o danneggiati in seguito a test e audit da parte della società o della catena di approvvigionamento. Ogni giorno l’industria alimentare, per la natura del suo business, deve infatti fare i conti con la possibilità che i propri prodotti (necessariamente organici) non vadano incontro a contaminazioni microbiche che compromettano la qualità o perfino la sicurezza degli alimenti. Così come sono sempre dietro l’angolo errori di etichettatura (che possono includere una eventuale non conformità nella lista degli ingredienti o nella marcatura della data di scadenza), corpi estranei potenzialmente presenti all’interno della confezione (pezzi di metallo, di plastica o di vetro appartenenti all’infrastruttura della linea produttiva), contaminazione da olio per macchine, pesticidi, tossine biologiche naturalmente presenti in piante alimentari, funghi, prodotti aquatici oppure livelli di additivo non sicuri e difetti di imballaggio. É quindi chiaro percepire come la prima area a cui ci rifacciamo costituisca una sfida esistenziale per l’industria alimentare, per cui diviene fondamentale richiamare il più rapidamente possibili eventuali lotti danneggiati. Ciò significa innanzitutto una fondamentale esigenza di tracciabilità della materia prima, in modo da poter agilmente risalire a quale punto abbia avuto origine la contaminazione denunciata e circoscriverne la temporalità.

Industria 4.0 in questo campo può rivestire un grande e fondamentale aiuto: le tecnologie e i sistemi di identificazione sono infatti amplissimi. Innanzitutto, ci riferiamo in questo caso alle etichette RFID che possono essere attaccate agli ortaggi nel momento in cui sono raccolti per determinarne la provenienza del lotto in futuro. L’RFID è in grado infatti di contraddistinguere in modo unico il prodotto, anche in movimento e in grande numero contemporaneamente, grazie alla propagazione di onde elettro-magnetiche che l’etichetta viene stimolata a produrre dal lettore, senza la necessità di un contatto fisico tra i due.

Fantascienza? Non per la cantina di vino “Tenuta dell’Ornellaia” che attraverso la tecnologia Rfid riesce a identificare ogni singola bottiglia prodotta nelle due fasce di punta (Ornellaia e Masseto). Ogni bottiglia e ogni scatola di legno o cartone sono infatti dotate di una retro-etichetta 4.0, consentendo all’operatore di associare sempre le bottiglie alla scatola che sta confezionando, verificandone il percorso di affinamento e di vendita, prevenendone la falsificazione e consentendo il richiamo istantaneo dei lotti danneggiati.

La seconda area riguarda le nuove abitudini dei consumatori del 21esimo secolo: il cliente oggi ha un’attenzione molto più spiccata verso la qualità degli alimenti e la loro filiera. Inserirsi efficacemente all’interno di questo paradigma di valori e riuscire a comunicarlo costituisce una leva strategica indispensabile per il successo dell’industria alimentare. Per questo, è in corso di esplorazione, ad esempio, l’estensione della durata di conservazione dei prodotti freschi e la riduzione al minimo degli sprechi di alimenti e imballaggi. Su questi fronti, l’etichettatura intelligente (una combinazione di tecnologia wireless, applicazioni software e piattaforme cloud) consente un mutuo scambio di vantaggio: ai consumatori permette di poter confermare l’autenticità del prodotto scansionandone l’etichetta e ottenendovi valutazioni, recensioni, video e opportunità di fidelizzazione, all’industria alimentare fornisce ulteriori dati del cliente in tema di posizione GPS, dati anagrafici e condivisioni social. La scelta è ampia e va dalle più immediate ma molto sofisticate etichette intelligenti che misurano la temperatura di conservazione del cibo per il controllo della catena del freddo fino a etichette in sperimentazione in grado di contenere tutta la storia della filiera del prodotto.

La terza area, ne consegue, non può che essere il miglioramento della gestione dei dati che significa un efficientamento della condivione e raccolta dei dati tra le macchine lungo la catena di produzione, un’archiviazione automatica e un accesso semplificato quando necessario, oltre alla registrazione e alla disponibilità della cronologia delle modifiche. Come appare evidente, la gestione dei dati è strutturalmente la somma di molte tecnologie (dalla sensoristica avanzata fino al cloud) che si fanno ecosistema. Un esempio su tutti è il “cloud computing” che consente di analizzare i dati di un singolo prodotto o di migliaia, sistematizzandoli per l’analisi e la condivisione: indispensabile quando si gestisce un magazzino di prodotti freschi e velocemente deperibili. Grazie al cloud computing i calcoli necessari a questa analisi sono meno costosi e accessibili anche alle imprese più piccole: è questa la sfida ad esempio della startup francese Lokad che offre un sistema di previsione delle scorte progettato per l’ottimizzazione del magazzino del settore fresco sia dal punto di vista dei livelli di scorte sia dal punto di vista della distribuzione logistica ai clienti. La startup è infatti in grado di di valutare accuratamente le scorte da eliminare e regolare le quantità suggerite da riordinare tenendo in conto, nel calcolo predittivo che esegue a partire dai dati, del ciclo di vita del prodotto, della ciclicità della sua produzione (stagionalità, giorni della settimana, giorni del mese) e dei vincoli logistici di riordino e di trasporto (capacità dei camion, costi di trasporto, volumi di magazzino, perdita di peso e di valore, calendari di consegna). L’obiettivo, promettono, “non è quello di minimizzare la percentuale di errore ma il costo in euro dell’errore”. Il calcolo predittivo tramite cloud computing in questo caso è fondamentalmente un calcolo probabilistico degli scenari futuri, che consente di classificare in ordine di priorità le decisioni più redditizie per l’investimento stoccato.

La quarta area rappresenta la più avanzata e avveniristica di tutte: il “lotto a unità singola”. I trend di mercato del food&beverage indicano infatti alcune direzioni ben precise: la regionalizzazione (cioè la tendenza del cliente a ricercare e consumare prodotti locali, regionali o quantomeno nazionali), l’alimentazione light (cioè la preferenza d’acquisto per prodotti a basso contenuto calorico o alcolico) e, infine, la personalizzazione. I consumatori-clienti cercano sempre più spesso infatti prodotti personalizzati e unici: una esigenza estremamente difficile a cui rispondere per l’industria alimentare ma che alcune aziende stanno raccogliendo grazie alla tecnologia combinata di sensori intelligenti e sistemi di automazione. Il sogno da raggiungere è quello di “produrre cereali per la colazione con la ricetta del cliente, etichettata e spedita direttamente a casa sua”. Per il momento le grandi multinazionali si limitano a riuscire a convertire il packaging del prodotto a seconda delle esigenze: la decisione di Coca Cola di dare la possibilità ai consumatori di personalizzare la bottiglia con il proprio nome al posto del logo con un sovrapprezzo di 8 dollari ha generato un aumento delle vendite dell’11%. Non sembra lontano tuttavia il momento in cui la possibilità sarà estesa anche agli ingredienti del prodotto stesso, rendendo ogni prodotto unico e personalizzato.

Conclusioni

Le aree che abbiamo provato a individuare sono solo una parte di un mondo molto complesso e in continua evoluzione come è quello dell’industria 4.0, in particolare abbinata alla produzione industriale alimentare. Ashleigh Brilliant, fulminante vignettista statunitense, un giorno scrisse in una vignetta: “Alcuni cambiamenti sono così lenti che non te ne accorgi, altri sono così veloci che non si accorgono di te”. A cambiare non è e non sarà solo il modo con cui produciamo il cibo ma anche il modo con cui lo acquistiamo, lo consumiamo e lo concepiamo. Abbiamo di fronte una grande e avveniristica opportunità!

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Lorenzo Roesel
operatore Fai Cisl nazionale, dottorando presso Università degli Studi di Siena

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