L’emergenza sanitaria nazionale causata dal covid-19, dichiarata il 31 gennaio 2020 dal governo, è stata l’inizio del vero cambiamento del mondo del lavoro, ma non solo. Questa si è portata dietro avversità e innovazione: le avversità si sono evidenziate in come l’economia nazionale e mondiale ne abbiano risentito, d’altra parte l’innovazione è stata favorita dalla necessità che ogni persona ha avuto bisogno di rispondere alle nuove situazioni ed innovarsi in termini di strumenti e metodi da un giorno all’altro. Si è parlato di trasformazione digitale già da qualche anno, in decreti-legge e in particolare leggi di bilancio che da una parte obbligavano gradualmente all’adozione di nuovi strumenti e dall’altra incentivavano l’acquisto di beni per poterla attuare, ma certamente non ci si aspettava che tutto questo sarebbe dovuto avvenire in così poco tempo. Dopo l’estate, la presenza di numerosi focolai di persone positive al Covid-19, ha reso necessario l’avvio di una nuova fase di ripristino delle misure di prevenzione, che proprio qualche giorno fa sono state rafforzate con l’obbligo di utilizzo di mascherine all’aperto e nei luoghi chiusi; tra questi ultimi sono compresi gli spazi di lavoro e gli uffici qualora questi non rispettino determinate regole e procedure. Il Building Information Modelling (successivamente denominata anche metodologia di modellazione e gestione informativa) gioca un ruolo fondamentale in questo periodo storico. Questa metodologia collaborativa prevede la digitalizzazione tutte le informazioni in un unico contenitore usufruibile e interrogabile tramite piattaforme web passando quindi dall’ideazione di un prodotto, fino alla sua progettazione, alla sua costruzione e alla sua gestione fino alla sua dismissione, applicandolo così all’intero ciclo di vita dell’asset e all’intera filiera.
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Lo smart working e l’utilizzo del Building Information Modelling
Quindi, il periodo di lockdown ha obbligato le aziende all’attuazione immediata di misure di continuità lavorativa, in primis lo smart working, anche se in realtà si è trattato nella maggior parte dei casi di semplice “lavoro da remoto”, limitando il concetto di “smart” alle sole tecnologie disponibili e raramente agli aspetti organizzativi (ora in evoluzione presso le grandi aziende) .
Una ricerca dell’osservatorio di ricerca per lo smart working del Politecnico di Milano ha verificato che per il 68% dei lavoratori è stato possibile svolgere tutte l’attività da remoto, per il 29% solo una parte e per il 3% è stato dichiarato di non esser riuscito a portare avanti la maggior parte delle attività.
Chi ha fatto buon uso del lavoro da remoto è sicuramente il settore delle infrastrutture e dell’edilizia, formato prevalentemente da studi di progettazione e piccole/medie imprese, oltre che dalle grandi imprese di costruzioni. Il buon uso non vuol dire, tuttavia, che non si siano trovate molte difficoltà, anche se è già qualche anno che si parla di digitalizzazione.
La business continuity e la digitalizzazione
L’obiettivo della strategia di continuità operativa è la progettazione e l’implementazione di piani per garantire la continuità dei processi organizzativi critici in un’organizzazione in caso di crisi o interruzioni.
Nella maggioranza dei casi delle aziende più strutturate si fa riferimento a piani di business continuity strategy. Questi hanno origine certamente da una impostazione che deriva dal sistema di gestione aziendale della qualità, e sono valutati e redatti in base ad analisi dei rischi effettuate anno per anno. In rari casi le aziende hanno previsto di inserire tra i rischi prevedibili quella che è stato lo sviluppo di una pandemia.
L’esperienza di questa crisi ha quindi permesso, e permetterà, alle aziende di testare l’efficacia dei piani BC, attuando azioni negli ambiti organizzativo, informatico, umano e di comunicazione.
Nel campo organizzativo, il fatto di applicare estensivamente il lavoro da remoto consentirà di testare le modalità della sua applicabilità alle strategie della BC (finora solo simulate). Gli aspetti informatici hanno portato alla verifica delle infrastrutture e network disponibili. Il supporto nella gestione dello stress e della mobilità hanno consentito valutazioni di iniziative di supporto al team work. L’evoluzione nella gestione della comunicazione, in particolare ai dipendenti “in remoto”, stimola la ricerca di nuovi canali e modalità di informazione.
L’implementazione della metodologia BIM porta di fronte a continue scelte di ottimizzazione dei processi e, quindi, per chi ha già implementato il metodo e gli strumenti, lo sforzo in emergenza sanitaria è stato sicuramente minore rispetto a chi invece aveva deciso di rimandare questa trasformazione al futuro e continuare con strategie tradizionali.
Nel mondo AEC (Architettura – Ingegneria – Costruzioni) risultano quindi fondamentali i piani di continuità del lavoro dove il BIM gioca un ruolo fondamentale all’interno di piani specifici.
In questa ottica, sulla base del Sistema di Gestione per la Qualità UNI EN ISO 9001 è stata da poco introdotta la prassi di riferimento UNI/PdR 74 per i Sistemi di gestione BIM.
Questa prassi risulta un’ulteriore arma per poter garantire un prodotto finale che rispecchi le aspettative del cliente ma anche un sistema utile per eventuali situazioni difficili come quello che abbiamo passato.
Infatti, la modellazione informativa BIM permette di collaborare a una attività progettuale senza necessariamente essere tutti allo stesso tavolo, anzi utilizzando in forma estensiva tutti quegli strumenti innovativi e applicazioni digitali che sono attualmente sul mercato sia open che a pagamento.
Un piano di continuità operativa basato su vecchie metodologie di lavoro dovrebbe quindi essere rinfrescato e revisionato in base alle più recenti novità. Per fare questo attualmente ci sono moltissime possibilità per applicare il telelavoro e la metodologia BIM, garantendo una collaborazione piena sia interna alla società che esterna con partecipazione anche di tutti gli attori del processo.
Questo avviene principalmente all’interno di uno spazio accessibile da rete, detto Ambiente di Condivisione Dati (ACDat); vere e proprie piattaforme web-based utilizzate all’interno della squadra soggetta incaricata (ACDat Distribuito) e contenitori utilizzati dal Soggetto proponente (ACDat di commessa) utilizzato poi per la gestione del prodotto.
L’ACDat è quindi un ambiente digitale di raccolta e gestione dei dati e file per la loro: lavorazione, condivisione, divulgazione verso terzi e archiviazione finale.
Questi ambienti in cloud sono fondamentali per il lavoro in modalità remota e smart, per la raccolta e gestione sia di file documentali e file di disegno 2D e file BIM.
Ad oggi, per il settore AEC, sono moltissime le case produttrici di software che forniscono prodotti ACDat tra questi si citano: BIM360, BIMcloud, usBIM Platform, STR Vision Teamwork Suite CDE, BIMX, Trimble connect, Projectwise, BIM Plus, Aconex, Zutec e Viewpoint.
In tempi difficili, in cui le risorse economiche non sono mai sufficienti e quando il tipo di lavoro lo permetta, è possibile comunque utilizzare software di gestione documentale o sistemi di scambio e archivio dati in cloud come Dropbox, Google Drive e OneDrive integrandoli con applicazioni di Visual Analytics come Power BI o Tableau. Queste soluzioni sono sicuramente utili nel momento in cui dovessimo lavorare al di fuori del proprio server aziendale se rispettati tutti i protocolli di sicurezza richiesti per la singola attività.
Infatti, una volta scelto lo strumento adatto, bisogna comunque verificarlo in termini di sicurezza e per questo è di sicuro riferimento lo standard internazionale per la gestione della sicurezza informatica e attuale ISO 27001. È opportuno quindi fare sempre affidamento a solo quelle piattaforme che garantiscono almeno il rispetto della ISO 27001, mentre se la commessa dovesse avere valore internazionale allora ci si dovrebbe riferire anche ad altre certificazioni, come la FedRAMP nel caso degli Stati Uniti.
I livelli di maturità del Building Information Modelling
La metodologia BIM permette quindi di rispondere con forza all’emergenza portata dal covid-19, ma certamente la forza, scalata sull’Organizzazione e Azienda, con cui si risponde alla crisi dipende molto dal proprio livello di maturità BIM.
In parole semplici il livello di maturità “rappresenta la qualità, la ripetibilità e il grado di eccellenza nella produzione e gestione di modelli di dati BIM” (Succar, 2010).
Infatti, i livelli di maturità definiscono un insieme di milestone che rappresentano l’estensione della Maturità BIM all’interno di una organizzazione. Dal livello più basso al più alto, il livello di Maturità BIM indica maggior controllo attraverso la minimizzazione delle differenze tra obiettivi ed effettivi risultati, miglior prevedibilità, minor variabilità in termini di competenze prestazioni e costi e maggior efficacia nel raggiungere obiettivi prefissati e a definirne di più ambizioni.
In Italia il livello di maturità digitale viene descritto nelle UNI 11337, dove vengono definiti i seguenti livelli di maturità informativa digitale:
- Livello “0”, non digitale: trasferimento dei contenuti informativi prevalentemente effettuato attraverso supporti cartacei.
- Livello “1”, base: L’insieme di elaborati informativi digitali e non digitali costituisce un progetto digitale di base.
- Livello “2”, elementare: La prevalenza contrattuale si affida al supporto cartaceo del contenuto informativo degli elaborati, accompagnato dal supporto digitale con riferimento al modello grafico.
- Livello “3”, avanzato: La prevalenza contrattuale riguarda la riproduzione su supporto digitale dei contenuti informativi.
- Livello “4”, ottimale: L’insieme delle virtualizzazioni coordinate costituisce il modello informativo.
Come riportato sul BIM Report di ASSOBIM del 2019, che è possibile visionare al seguente link https://www.assobim.it/e-online-il-bim-report-2019 in attesa del report del 2020, in Italia si evidenzia una crescita della consapevolezza in merito alla transizione digitale necessaria verso una elevata maturità.
La maturazione digitale, però, non è fatta solo di tecnologie, seppur queste siano per certi versi indispensabili, bensì è fatta di metodi e di ideali che sarebbe bene fossero applicati da tutti, così da permettere un trasferimento delle informazioni completo e senza perdita di dati.
Si può dire, quindi, che la metodologia BIM è garante della continuità aziendale soprattutto su processi complessi dove, in tempo di lockdown, alcune case software, tra queste la più significativa è stata Autodesk con BIM360, hanno garantito l’accesso alla piattaforma di condivisione e gestione dati in maniera gratuita.
È anche vero che non solo questi software di collaborazione sono utili per la continuità aziendale, ma che è sicuramente utile integrarli attraverso nuovi canali soprattutto per garantire una comunicazione autentica tra tutti gli attori partecipanti all’attività lavorativa.
Il linguaggio della comunicazione nel processo collaborativo
Quando si parla di BIM si parla di un concetto ricercato da sempre e mai realmente raggiunto fino ad oggi, il concetto di collaborazione. Questo concetto viene applicato soprattutto nel campo AEC, e soprattutto nella progettazione multidisciplinare, ma dovrebbe essere applicato anche negli altri settori e a partire dal cliente stesso.
La collaborazione BIM si produce a diversi livelli dove si cerca sempre di integrarli tra loro. Oltre alla metodologia di scambio e gestione dati si deve perciò parlare anche di metodologia di comunicazione.
La comunicazione è quel fattore sociale che è venuto meno in maniera più sensibile durante il lockdown. La non vicinanza ai propri colleghi, l’obbligo ad avviare continuamente video call e chiamate per chiedere anche la più banale delle domande, cosa che in presenza basterebbe prendere un caffè insieme e scambiarsi idee e fare due chiacchere con i colleghi. Questa situazione ci ha messo in condizione di trovare altri modi di comunicare che potessero essere paragonabili alla semplice chiacchierata.
Già all’interno di software BIM sono presenti sistemi di messaggistica, che risultano però carenti e non troppo masticabili per l’utente medio.
Per ovviare a questo problema, si possono utilizzare sistemi e strumenti di collaborazione aziendale come Slack, utili all’invio di messaggi istantanei potendoli organizzare per canali e argomenti specifici. Questi strumenti possono poi essere integrati con altre applicazioni come servizi di cloud storage come Dropbox, servizi di per video call come Skype. Questa piattaforma permette di eliminare tutte quelle e-mail che si invierebbero nel caso di un approccio più tradizionale, mantenendo il tutto all’interno della stessa piattaforma. Questa piattaforma si presenta sia con piani free che con piani più completi a pagamento.
Si propongono anche altre alternative valide come: Mattermost, Google hangouts, Wire, Cisco Spark, Workzone, Fleep.
In ottica di collaborazione BIM le piattaforme sopra citate possono essere spesso integrate anche con servizi di Task Management come Trello, Asana, Google calendar e moltissime altre app, per centralizzare la comunicazione su un unico strumento che può essere sia scalato all’interno dell’organizzazione che in maniera trasversale su più organizzazioni.
Tutto questo, insieme, permette la flessibilità indispensabile per poter rispondere a tutte le criticità del lavorare non a stretto contatto con i propri colleghi, senza nulla togliere alla necessità di bersi un caffè insieme.
Conclusioni
Se è vero che la trasformazione digitale ci ha messo tutti alle strette, è anche vero che il mercato ci ha mostrato che sono molte e diverse le possibilità di implementare processi atti a soddisfare tutte le esigenze. Se il Building Information Modelling prevede l’utilizzo di diverse piattaforme, è anche vero che tutti possono accedere a tale metodologia attraverso applicazioni semplici che fatte interagire tra loro possono essere una vera e propria opportunità.
Il BIM è già predisposto per il lavoro da remoto, già parecchi progetti sono stati sviluppati in questi termini con persone che hanno collaborato contemporaneamente allo stesso modello informativo, chi dall’Italia e chi dal Giappone, con la sola differenza che a Milano erano le 10:00 del mattino e a Tokyo erano le 17:00, con ovvie difficoltà legate solamente all’ora nel caso di orari extra lavorativi e non alla metodologia o agli strumenti.
Il BIM è sicuramente una soluzione per migliorare la qualità del lavoro sia in termini di prodotto che in termini di processo, attraverso anche applicazioni sempre in continuo sviluppo per garantire la maggior accessibilità dei dati in tutte le fasi del processo edilizio e gestionale, oltre che da tutti i luoghi in cui ci possiamo trovare.
Il BIM è sempre pronto per sostenere il peso di un lockdown, sperando che non sia solo questo il motivo per cui venga adottato, ma anche per portare il miglioramento della qualità della vita, dei processi e dei prodotti.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ESSENZIALI
- Bew, M., & Richards, M. (2008). BIM Maturity Model. Paper presented at the Construct IT Autumn 2008 Members’ Meeting. Brighton, UK.
- UNI EN ISO 19650-1:2018 – Organization and digitization of information about buildings and civil engineering works, including building information modelling (BIM) — Information management using building information modelling — Part 1: Concepts and principles.
- UNI EN ISO 19650-2:2018 – Organization and digitization of information about buildings and civil engineering works, including building information modelling (BIM) — Information management using building information modelling — Part 2: Delivery phase of the assets.
- Succar, B. (2010). Building information modelling maturity matrix. In Handbook of research on building information modelling and construction informatics: Concepts and technologies, J. Underwood and U. Isikdag, eds., IGI Publishing, 65-103.
- Succar, B. (2015). UK BIM maturity model
- http://changeagents.blogs.com/thinkspace/
- https://bimdictionary.com/
- https://www.ingenio-web.it/24614-assobim-pubblica-le-book-analisi-dei-livelli-di-maturita-nellapproccio-bim
- UNI 11337 Parti pubblicate
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