Smart manufacturing

Cloud robotics: cos’è, come funziona, esempi e applicazioni

Si tratta di uno dei temi più importanti della quarta rivoluzione industriale, nel quale convergono la robotica, le tecnologie cloud e le reti cellulari di nuova generazione industry grade. Alcuni casi pratici di applicazione

Pubblicato il 21 Apr 2020

Giulio Bottari

Master researcher ICT applications for industries Ericsson



Con il processo di digitalizzazione, l’industria manifatturiera ha iniziato la sua trasformazione verso una nuova era nota come Industria 4.0, nella quale la ricerca di una maggiore efficienza nella produzione si accompagna alla capacità di offrire ai propri clienti un mix più ampio di prodotti personalizzati. In questo contesto, l’industria può rimanere competitiva solo integrando e adattando i processi operativi e le linee di produzione per consentire rapidi cambi di configurazione e ridurre i tempi di consegna. Tutto ciò senza compromettere sicurezza e qualità. Spesso si fa riferimento a questo scenario con il termine di smart manufacturing: una produzione “intelligente” che trova i suoi spazi di evoluzione nei nuovi casi d’uso abilitati dall’introduzione di tecnologie cloud e dall’aumento del livello di connettività che le nuove reti wireless “industry-grade” sono in grado di offrire.

Cos’è la cloud robotics: Bracci robotici e robot collaborativi

L’automazione dei processi produttivi è oggi largamente basata sui robot poiché le loro possibilità di applicazione vengono costantemente ampliate e i vantaggi operativi ripagano largamente l’investimento iniziale di acquisto, installazione e programmazione.

Osservando la linea di un impianto di produzione, ad esempio nel settore automotive, l’attenzione è catturata dalla combinazione di forza, velocità, sincronismo, ed estrema precisione che caratterizza i cosiddetti “bracci robotici”. Essi hanno la funzione di manipolare oggetti o svolgere altre funzioni quali ad esempio la saldatura. Altri casi d’uso coinvolgono robot di dimensioni e capacità più limitate come modelli rapidi pick-and-place, detti anche robot “spider” o “delta” o modelli Scara, bracci robotici con movimento limitato al solo piano orizzontale.

Negli ultimi anni sono cresciuti di importanza i robot “collaborativi”, o cobot, che consentono una più facile integrazione negli impianti manifatturieri. I cobot sono progettati per lavorare senza bisogno di gabbie perimetrali operando fianco a fianco con i loro “colleghi” umani, con i quali si spartiscono i compiti da eseguire. Il termine collaborativo è talvolta equivocato con il termine “cooperativo” che, nel campo dell’automazione, fa invece riferimento a un team di soli robot che lavorano insieme alla stessa mansione, in assenza dell’elemento umano.

Robot industriali mobili

Infine, assumono un’importanza crescente i robot industriali “mobili” progettati per spostarsi spazialmente. Essi trovano oggi impiego nella logistica indoor di magazzino e nelle linee di produzione, con funzioni di kitting o come alternativa ai nastri trasportatori.

I robot mobili al momento più diffusi sono gli Automated Guided Vehicles (AGV), carrelli automatici con intelligenza di bordo minima e capacità di eseguire istruzioni limitate e predefinite. La navigazione degli AGV, che segue percorsi prepianificati, è tipicamente guidata da strisce magnetiche o binari. La riconfigurazione del compito assegnato ad un AGV richiede quindi costi aggiuntivi e interruzioni di impianto. Sebbene un AGV sia in grado di rilevare ostacoli davanti a sé, esso non è in grado di aggirarli, e dunque si ferma semplicemente sul suo percorso fino a quando l’ostacolo non viene rimosso.

Gli Autonomous Mobile Robots (AMR) costituiscono una significativa evoluzione degli AGV. Gli AMR sono infatti svincolati da un percorso predefinito e navigano tramite mappe precaricate oppure mappe che essi stessi sono in grado di costruirsi ”on-the-fly” utilizzando i dati di telecamere, sensori integrati, scanner laser. Gli AMR utilizzano software in grado di elaborare questi dati e scegliere il percorso migliore verso la destinazione, percependo l’ambiente in maniera dinamica. Eventuali ostacoli sono rilevati e aggirati tramine una ripianificazione automatica del percorso. Ciò ottimizza la produttività garantendo che il flusso di materiale rimanga nei tempi previsti.

Abbiamo visto una breve, non esaustiva, casistica di tipi di robot. Ciò che li accomuna è la presenza di tre principali elementi costituenti: il controllore, gli attuatori, i sensori. Uno degli ambiti di ricerca ed evoluzione robotica più promettenti è quello della “cloud robotics” nella quale le funzioni del controllore sono in larga parte trasferite su una piattaforma cloud remota che viene raggiunta tramite reti di comunicazione ad alte prestazioni.

Breve storia della cloud robotics

L’idea di collegare un robot a un computer esterno risale agli anni ’90, quando Masayuki Inaba[1] dell’Università di Tokyo introdusse per i robot il concetto di “cervello remoto” (remote-brained robot) intendendo la separazione “fisica” dei sensori e degli attuatori rispetto al software di “ragionamento di alto livello”. Occorrerà tuttavia attendere vent’anni affinchè la visione di Inaba si trasformi in una realtà concretamente sviluppabile grazie alla disponibilità a minor costo di potenza computazionale e alle tecnologie di rete ad alte prestazioni, sia cablate che wireless. Nel 2010 il progetto europeo RoboEarth per primo delinea un modello di robot in grado di delegare a un server remoto l’esecuzione di alcuni “servizi” come il riconoscimento di oggetti e la localizzazione. È tuttavia James J. Kuffner, della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Pennsylvania, che conia nello stesso anno la definizione di “cloud robotics”[2] intendendo “un sistema di automazione che utilizza, per il suo funzionamento, una infrastruttura cloud remota che ne esegue il codice e ne processa i dati”.

Lo scenario attuale della cloud robotics in Italia e nel mondo

Nello scenario cloud robotics odierno, al robot è offerta una potenza computazionale in cloud “praticamente illimitata” rispetto alle sue reali necessità. Un evidente vantaggio rispetto alla capacità che possono offrire le risorse di elaborazione e memorizzazione a bordo della macchina. Come conseguenza, importanti funzionalità possono essere svolte con un livello di accuratezza e con una velocità di esecuzione decisamente superiori.

Uno scenario meno sfidante è quello di una linea di produzione in cui la logica di controllo di basso livello rimane a bordo dei robot ma le funzioni di coordinamento (task control) dell’intera cella robotica, oggi affidate a un PLC “fisico”, vengono virtualizzate nella forma di un microservizio “soft PLC” ed eseguite in una piattaforma cloud tipicamente on-premises. In questo scenario, si parla più propriamente di “cloud automation”.

L’accesso a risorse cloud introduce una serie di vantaggi che esploriamo nel seguito.

Molte applicazioni della robotica, come la localizzazione e mappatura simultanee (SLAM) e altri sistemi di percezione, generano rapidamente enormi quantità di dati acquisiti dai sensori, dati che sono difficili da memorizzare ed elaborare con la limitate capacità di archiviazione e calcolo integrate sulla maggior parte dei robot riducendo di fatto le prestazioni operative della macchina. La potenza di elaborazione aggiuntiva offerta dal cloud offre capacità estese al robot, a condizione che la rete di comunicazione non costituisca un collo di bottiglia.

In alcuni casi d’uso, la cloud robotics beneficia di capacità di apprendimento cooperativo attraverso la condivisione di conoscenze tra macchine. I dati acquisiti da un robot possono essere trasferiti nel cloud ad esempio per la costruzione di una mappa che verrà poi condivisa con gli altri robot operanti nella stessa struttura. Robot distribuiti geograficamente possono condividere informazioni su come risolvere un compito o come manipolare un certo oggetto. A livello più esteso, i big data rendono disponibili mappe globali per la localizzazione, modelli di oggetti, algoritmi, codice open source, metodi basati sull’intelligenza artificiale indipendenti dall’hardware e impiegabili su robot di tipo eterogeneo.

Un ulteriore vantaggio della cloud robotics è la possibilità di eseguire un failover, a partire da un backup aggiornato nel cloud, nel caso in cui un robot subisca un guasto. Inoltre, l’affidabilità delle funzioni può essere migliorata eseguendo più istanze in cloud, in modalità di hot stand-by, in modo tale che un’anomalia in una funzione primaria sia immediatamente rilevata e gestita senza interruzione di operatività. Infine, operazioni di aggiornamento software, modifica di configurazione, monitoraggio, sono facilitate poiché viene ridotta la necessità di accedere direttamente alla macchina.

Il ricorso alle tecnologie wireless (e in cloud)

Come anticipato, la connessione del robot alla sua logica di controllo in cloud richiede una tecnologia di comunicazione estremamente performante. Un robot “fisso” può sfruttare tecnologie cloud robotics anche con un collegamento Ethernet industriale, riuscendo ad ottenere la maggior parte dei vantaggi sopra elencati. Tuttavia, la tendenza a realizzare impianti industriali altamente riconfigurabili e l’utilizzo, in essi, di robot “mobili” (AGV/AMR) richiede necessariamente il ricorso a tecnologie wireless. Inoltre, l’aggiunta di sensori a elementi in movimento risulta facilitata se tali sensori sono di tipo wireless in quanto meno soggetti alla possibile usura di cavi di collegamento.

In questo scenario, le tecnologie cellulari costituiscono la scelta migliore poichè hanno un elevato livello di standardizzazione, un’ecosistema globale molto ampio, sistemi di autenticazione collaudati. L’utilizzo di uno spettro radio licenziato mette al riparo da contese sull’accesso alla rete wireless e dunque assicura prestazioni deterministiche prive di interferenze. Tecnologie 4G possono servire molti casi d’uso industriali, soprattutto quelli legati al monitoraggio, la telemetria, la cloud automation. Tuttavia il ricorso alle tecnologie 5G si impone per abilitare e supportare i casi d’uso più sfidanti, come appunto quello della cloud robotics.

Le reti 5G consentono, tramite il paradigma del “network slicing” l’accensione di reti logiche virtualizzate e indipendenti sulla stessa infrastruttura di rete fisica. Ogni “slice” è, di fatto, una rete end-to-end isolata in grado di soddisfare i requisiti richiesti per una specifica applicazione.

Nel contesto della robotica, il profilo di comunicazione più importante è quello assicurato dalle slices di tipo Critical Machine Type Communication (cMTC). Esse assicurano una connessione con una latenza che può raggiungere il millisecondo, estremamente stabile e affidabile. Ciò permette il trasporto via radio di protocolli industriali sensibili al ritardo quali ad esempio ProfiNet (Process Field Net) oppure Ethernet/IP (Ethernet Industrial Protocol). Grazie a prestazioni di qualità cMTC, è possibile spostare in cloud anche le funzioni di controllo robotico di più basso livello quali trajectory planning e inverse kinematics. In prospettiva, requisiti di latenza sotto il millisecondo saranno resi possibili da futuri aggiornamenti delle tecnologie 5G e, in maniera ancora più spinta, dalle tecnologie 6G attese attorno al 2030. Questo permetterà di virtualizzare in cloud funzioni che richiedono latenze sotto il millisecondo e, in particolare, il controllo di velocità, accelerazione, positione degli attuatori (control loop).

Al contempo, sulla stessa rete fisica 5G, è possible attivare slices di tipo Massive Machine Type Communication (mMTC). Esse consentono la connettività di milioni di dispositivi, ciascuno dei quali trasmette un volume relativamente basso di dati, non particolarmente sensibili al ritardo. Questi dispositivi sono di solito a basso costo e hanno una durata della batteria molto lunga. In applicazioni di cloud robotics, questo profilo trasmissivo permette di catturare dati da una grande quantità di sensori distribuiti nell’impianto per una loro successiva correlazione ed elaborazione in cloud. Lo stesso profilo mMTC, abilitando una raccolta estremamente granulare di parametri dal campo (vibrazione, pressione, temperatura), permette di implementare strategie di manutenzione predittiva. Un’attenzione particolare deve essere prestata alla sicurezza dei dispositivi connessi al profilo mMTC. Essi infatti hanno una minore complessità, rispetto a quelli connessi al profilo cMTC, risultando dunque meno adeguati al supporto di tecnologie di sicurezza avanzate.

Infine, su una rete 5G è possibile attivare slices di tipo eMBB (enhanced Mobile BroadBand) in grado di assicurare un data rate che può raggiungere i 20 Gbit/s in downlink con un’ottima scalabilità sul numero di dispositivi connessi e prestazioni di latenza molto contenute. Questo tipo di profilo trasmissivo permette ad esempio di collegare telecamere ad altissima risoluzione che, in applicazioni di cloud robotics, abilitano funzionalità di navigazione visiva. Lo stesso profilo eMBB supporta applicazioni di realtà aumentata nell’impianto.

Per quanto attiene ai robot mobili (AGV/AMR), per essi non è praticabile la connessione cablata che porrebbe un limite evidente alla loro mobilità. Di conseguenza la connessione 5G emerge come un fattore abilitante per casi d’uso maggiormente flessibili legati a flotte molto numerose. Chiariamo questo aspetto con un esempio concreto.

Cloud robotics, alcuni esempi pratici e ambiti applicativi

Una flotta di oltre mille AMRs è utilizzata per la movimentazione di pacchi all’interno del polo logistico di una grande piattaforma di e-commerce. Questi piccoli veicoli automatici si muovono a una velocità di alcuni metri al secondo in perfetta sincronia tra loro. Ciascuno di essi invia dati “dal campo” verso il cloud sfruttando profili 5G di tipo mMTC ed eMBB: si tratta di parametri acquisiti da sensori di prossimità e sistemi Lidar, immagini e video acquisiti in real time, informazioni di posizione rilevate con sistemi di positioning indoor. Il flusso di dati, originato dai mille AMRs viene elaborato in cloud ai fini della assegnazione dei tasks individuali, del calcolo del percorso ottimo per ciascuna macchina, della safety (anche in relazione alla presenza umana nello stesso ambiente operativo). Dal cloud le “istruzioni” di controllo tornano verso gli AMR grazie a un profilo di comunicazione a bassa latenza cMTC. Per quanto possa essere grande il magazzino, le funzionalità di handover della rete cellulare rendono del tutto trasparente il passaggio da un’antenna alla successiva. L’operatività del magazzino è ottimizzata nel suo insieme. Inoltre, la centralizzazione del controllo in un unico “punto” comune a tutti i veicoli ne facilità il mutuo coordinamento abilitando funzionalità di “platooning” (plotone di robots) e “swarming” (sciame di robots). L’operatore umano diviene l’elemento più alto della gerarchia di controllo in uno scenario di autonomia supervisionata. Solo la potenza computazionale assicurata delle piattaforme cloud permette un tale di livello di performance operativa per un insieme così numeroso di macchine in rapido movimento, di fatto abilitando l’intero caso d’uso. Al tempo stesso, solo una rete radio 5G permette la raccolta di una tale quantità di dati e il simultaneo invio di istruzioni di controllo in tempo reale verso l’intera flotta di AMR.

Tra i casi concreti di utilizzo del 5G in fabbrica, vale la pena di citare il caso d’uso implementato presso gli Audi’s P-Labs a Gaimersheim, Germany. Dopo aver avviato un progetto di collaborazione riguardante le reti 5G nel 2018, Audi ed Ericsson hanno fatto un ulteriore step nell’interazione uomo-robot nelle linee di produzione, resa sicura dalla correlazione in cloud di dati acquisiti dal campo e dalla disponibilità di un profilo trasmissivo cMTC in grado di inviare comandi tempestivi ai robot. Un caso d’uso prevede la manovra d’installazione di un modulo airbag nel volante di un auto, all’interno di una cella robotica protetta da sensori di sicurezza collegati in 5G. Non appena una mano umana attraversa la barriera fotoelettrica che avvolge la cella, al robot giunge via 5G un comando di arresto immediato con tempi di trasmissione nell’ordine del millisecondo.

Cloud robotics, elementi di criticità

Come si è detto, la cloud robotics si è evoluta enormemente negli ultimi dieci anni trovando nel paradigma dell’Industria 4.0 il suo più promettente orizzonte di applicazione.  Tuttavia, esistono ancora sfide e problemi aperti sui quali si intende brevemente soffermarci.

Una delle determinanti cruciali delle prestazioni dei sistemi robotici basati su cloud è il livello di “ripartizione” tra le funzionalità eseguite in cloud e quelle elaborate utilizzando risorse a bordo dei robot. La determinazione di questo livello dipende da vari aspetti.

Il primo attiene all’effettivo vantaggio operativo di avere una certa funzionalità eseguita in cloud rispetto alla sua esecuzione locale. Funzionalità data intensive beneficeranno di una gestione in cloud mentre, ad esempio, funzionalità safety critical, come la gestione radida delle collisioni, troveranno in un processamento locale alla macchina la necessaria tempestività di reazione. Inoltre, la possibilità seppure remota di problemi di connessione robot-cloud o di ritardi di processamento richiedono l’implementazione di algoritmi di distribuzione del carico e di meccanismi di backup che “riportino in locale” parte del processamento in caso di problemi, riducendo al minimo il ritardo nell’esecuzione delle operazioni da parte del robot.

Un secondo aspetto critico riguarda la posizione geografica dei server dove il controllo dei robot viene accentrato. Industrie di dimensioni maggiori possono preferire sistemi cloud “on-premises”, ad esempio collocati in una server room all’interno del magazzino in cui opera una flotta di AMR. Altre realtà produttive possono privilegiare un cloud condiviso, ospitato ad esempio in un piccolo data center a cui affluiscono più impianti di uno stesso distretto industriale.

Il contributo alla sostenibilità dei sistemi cloud robotics è inoltre oggetto di indagine poichè diversi schemi di offload dei dati potrebbero ridurre il consumo di energia del robot e sfruttare strategie di multiplexing statistico sia nella trasmissione sia nella elaborazione dei dati in cloud.

Infine l’utilizzo accresciuto delle tecnologie di robotica basate su cloud introduce problemi di protezione dei dati e sicurezza poichè esse implicano la trasmissione e l’archiviazione di dati sensibili e l’esecuzione di processi su server remoti. Ciò può comportare l’accesso, la manipolazione e la cancellazione di dati vitali ad opera di hacker, potendo persino alterare il comportamento dei singoli robots. Una considerazione importante per lo sviluppo di sistemi cloud robotics sicuri è dunque l’integrazione di misure di sicurezza robuste come la comunicazione e il processamento crittografati.

Cloud robotics, la ricerca oggi (2020)

Al livello di ricerca internazionale è utile citare alcuni progetti H2020 che stanno affrontanto problemi di cloud robotics. Tra essi il progetto H2020 5GTransformer ha realizzato un dimostratore di un veicolo AMR in grado di interagire con robot fissi per la movimentazione di oggetti. Il progetto ha in particolare affrontato la sinergia tra reti radio 5G, reti di trasporto, sistemi cloud finalizzata a raggiungere prestazioni end-to-end adeguate al caso d’uso. Tra i partner del progetto vi sono Ericsson, Nokia, NEC, Telefonica, Scuola Superiore Sant’Anna. I principali partner di questo consorzio, a cui si sono aggiunti attori di primo piano come TIM e COMAU (FCA), sono attivi anche nel progetto H2020 5Growth che porta avanti importanti use cases nell’ambito del manufacturing, relazionati a tecnologie cloud quali digital twin, controllo remoto dei robot, elaborazione in cloud della linea produttiva con applicazioni in augmented reality. Infine, nel contesto del progetto H2020 5G EVE Ericsson ha realizzato nei suoi laboratori di Pisa, in collaborazione con l’operatore greco Cosmote, un proof-of-concept basato su un AMR destinato alla logistica indoor connesso in 5G con elaborazione in cloud delle funzioni di navigazione visiva e azzeramento del rischio di collisione.

Conclusioni su cloud robotics e la quarta rivoluzione industriale

In conclusione si può affermare che la cloud robotics emerge come uno dei temi più importanti della quarta rivoluzione industriale. È un tema nel quale convergono la robotica, le tecnologie cloud e le reti cellulari di nuova generazione. La piena integrazione di questi tre ambiti tecnologici, che fino ad oggi sono progrediti su binari sostanzialmente separati, permetterà in un futuro prossimo di sfruttare la cloud robotics al massimo delle sue potenzialità.

  1. M Inaba – “Remote-brained robotics: Interfacing ai with real world behaviors” Proc. of 6th International Symposium of Robotics, 1993
  2. J. Kuffner, ‘‘Cloud-enabled robots,’’ in Proc. IEEE-RAS Int. Conf. Humanoid Robot., Nashville, TN, USA, Nov. 2010, pp. 176–181.

Valuta la qualità di questo articolo

B
Giulio Bottari
Master researcher ICT applications for industries Ericsson

Articoli correlati

Articolo 1 di 3