Alle imprese è sempre più richiesta una trasformazione di tipo digitale: questo significa, nel concreto, utilizzare al meglio le tecnologie ICT di nuova e vecchia concezione per mettere a punto soluzioni e servizi capaci di servire al meglio i propri clienti e mercato di riferimento. Per affrontare il cambiamento, insomma, serve dotarsi di un certo numero di risorse infrastrutturali, come storage, server, networking, in modalità on premise oppure in cloud. Senza contare che quando un’organizzazione tende alla crescita dimensionale e alla moltiplicazione dei servizi, cresce di pari passo anche la sua esigenza di potenza di elaborazione e di memoria, ossia di risorse infrastrutturali. Il grande problema che si pone davanti al team IT aziendale – ma anche a quello amministrativo – è dunque: di quanto IT abbiamo davvero bisogno per affrontare il nostro mercato? Agendo in un modo anziché in un altro non rischiamo di sottostimare o sovrastimare le nostre necessità infrastrutturali?
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Che cos’è il Capacity Planning
Rispondere a queste e altre domande è compito dell’IT Capacity Planning: dietro questo termine si cela la necessità di gestire le risorse IT a disposizione – sia quelle ospitate nei data center proprietari che quelle in cloud – per fare in modo che le applicazioni utilizzate dispongano sempre (anche in futuro a medio termine) della necessaria capacità per funzionare correttamente, così da assicurare la necessaria scalabilità e l’ottimale esecuzione dei progetti IT. Messa in altri termini, il Capacity Planning è un processo che cerca di soddisfare le esigenze aziendali tramite un approccio che garantisca che l’infrastruttura abbia le dimensioni giuste per soddisfare gli obiettivi presenti e futuri.
Prima del Capacity Planning: il Performance Management
Ma come si può realizzare nel concreto il Capacity Planning? Prima di affrontare nel dettaglio questo tema, è opportuno fare un passo indietro e parlare di Performance Management: secondo la definizione di Accenture si tratta di un processo attraverso il quale le organizzazioni allineano le loro risorse rispetto agli obiettivi strategici e alle loro priorità. Attraverso il Performance management, insomma, un’azienda cerca di assicurare che gli obiettivi stabiliti siano costantemente raggiunti in modo efficace ed efficiente. Da un punto di vista IT, il Performance Management aiuta a intraprendere le opportune azioni correttive prima che i processi di business siano impattati negativamente, grazie a un’analisi delle performance delle infrastrutture sia in tempo reale che predittiva.
Tale analisi è resa possibile, a sua volta, da un’attività di misurazione e monitoraggio degli oggetti interessati (rete, sistemi, storage, ecc.), che ha l’obiettivo di rilevare tutte le attività in essere e l’impatto che le stesse hanno sull’infrastruttura, analizzandone le capacità, i volumi, l’utilizzo medio e ricercando la presenza di eventuali punti di failure e/o colli di bottiglia. Per realizzare queste stime occorre affidarsi alle soluzioni di performance management presenti sul mercato, progettate appositamente per restituire un quadro fedele della situazione infrastrutturale in azienda.
Come elaborare un Capacity Plan
Soltanto con questi numeri e statistiche in mano è possibile pensare di mettere in atto un’efficace attività di Capacity Planning (altrimenti detta di Capacity management) che, a sua volta può essere distinta in quattro fasi principali:
- Sviluppo di un Capacity Plan
- Dimensionamento delle risorse
- Monitoring dell’utilizzo e delle prestazioni dell’infrastruttura IT
- Gestione delle eventuali azioni correttive
Questi passaggi devono però andare oltre la situazione esistente. Se avere la conoscenza della situazione di un sistema informativo a un dato momento è infatti indispensabile, è altrettanto vero che nel futuro i fabbisogni IT potrebbero andare incontro a cambiamenti anche considerevoli, dunque il Capacity Planning deve essere in grado di prenderli in considerazione. Evitando così anche il rischio di un sovradimensionamento dell’infrastruttura, che impatterebbe negativamente sui budget aziendali, sottraendo così preziose risorse alle attività core. Concentriamoci in particolare sull’ideazione del Capacity Plan vero e proprio, che deve essere redatto tenendo in considerazione diversi scenari di andamento del business e le relative stime dei costi, in maniera tale da fornire i livelli di servizio concordati e, internamente, assicurare la giusta produttività a dipendenti e collaboratori. Per mettere a punto un Capacity Plan occorre insomma riuscire a rispondere a domande del tipo: quali saranno le esigenze del mio sistema informativo nei prossimi X mesi con una determinata percentuale di crescita del fatturato aziendale? Quali saranno le percentuali di risorse IT impegnate nelle ore di punta? Quali saranno le esigenze infrastrutturali in caso di acquisizione di un dato numero di clienti di grandi dimensioni? Un buon Capacity Plan, dunque, deve contenere la previsione di performance e di utilizzo del servizio/delle risorse IT, ma anche vere e proprie proposte di modifiche che permettano di adeguare la capacità IT aziendale ai cambiamenti tecnologici e alle esigenze emergenti di utenti e clienti. Un compito che, come è facile da comprendere, non è affatto semplice, dal momento che le variabili da analizzare sono davvero tantissime e, soprattutto, cambiano di giorno in giorno. Le moderne tecnologie digitali, però, possono offrire un contributo importante: in particolare, il Capacity Planning sta passando sempre di più per l’utilizzo di soluzioni di intelligenza artificiale, ovvero di algoritmi capaci di analizzare lo stato della capacità e prevedere – con un elevato tasso di affidabilità – i possibili problemi che potrebbero presentarsi nelle infrastrutture IT aziendali. In particolare, nel prossimo futuro – prevede Gartner – assisteremo a un progressivo successo delle piattaforme definite come AIOps Algorithmic IT Operations, ovvero sistemi capaci di combinare la raccolta dati e le fasi successive di memorizzazione, analisi e visualizzazione, dialogando con i normali strumenti IT e con qualunque tipo di applicazione.
La pianificazione continua nel Capacity Planning
Un approccio alternativo che si sta facendo strada anche in ambito Capacity Planning è anche quello della pianificazione continua: piuttosto che stilare annualmente o semestralmente un nuovo Capacity Plan, che magari rischia di nascere già vecchio per dei cambiamenti intercorsi durante la sua stesura, l’alternativa è quella di un approccio agile alla gestione della capacità IT, caratterizzato dalla pianificazione continua dei cambiamenti necessari. Il vantaggio principale è quello di offrire maggiore visibilità sulle capacità e sulle risorse disponibili, consentendo alle aziende di soddisfare le nuove esigenze in tempo reale invece di aspettare la successiva sessione di pianificazione. In questo modo le imprese possono assegnare in maniera più efficiente le priorità alle attività, operando in maniera ottimale da un punto di vista infrastrutturale.
In ogni caso, una volta stilato il Capacity Plan, le altre tre fasi del Capacity Planning sono consequenziali: le risorse IT vanno effettivamente dimensionate secondo gli assunti alla base del piano, così da garantire il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Una volta raggiunta la capacità ritenuta ottimale, le prestazioni dell’infrastruttura IT devono comunque essere monitorate nel corso del tempo con l’impiego di appositi software, così da effettuare successivi aggiustamenti (ossia le eventuali azioni correttive) nel caso di mutate condizioni.
L’importanza e i benefici del Capacity Planning
Ma quali sono effettivamente i vantaggi legati all’adozione di un’efficace strategia di IT Capacity Planning? Innanzitutto, la possibilità di ottenere un maggiore equilibrio tra costi e capacità IT. In un periodo in cui l’attenzione verso i budget IT è estrema, la possibilità che le capacità infrastrutturali siano ottimizzate per gli obiettivi aziendali, senza pesare sui costi, rappresenta senz’altro un valore aggiunto per qualsiasi organizzazione. In particolare, il principale beneficio diretto è legato alla riduzione delle spese e degli acquisti non pianificati: in assenza di un rigoroso Capacity Plan, la “naturale” tendenza dei reparti IT è quella di sovrastimare le esigenze delle proprie aziende, portando così a una spesa eccessiva, che invece potrebbe essere destinata ad altre attività più coerenti con il business aziendale. Più raro, ma comunque non impossibile – specialmente in fasi di trasformazione o crescita – è il tema del sottodimensionamento, che può essere causa di notevoli problemi operativi. Impedendo alle applicazioni aziendali o ai servizi rivolti verso l’esterno di funzionare nella maniera ottimale. Senza considerare che l’assenza improvvisa di una capacità adeguata rende necessari degli “acquisti di emergenza” a costi elevati, vista l’impossibilità di negoziare e valutare alternative con più fornitori IT.
Un altro vantaggio cruciale legato al Capacity Planning riguarda la migliore gestione dei momenti di picco: quasi tutte le organizzazioni, infatti, nel corso di un anno solare tendono a sperimentare alcuni limitati momenti di picco nell’utilizzo delle risorse IT, che di norma sono strettamente dipendenti alle dinamiche del mercato di riferimento. Le conseguenze di una carente pianificazione dei momenti di picco può comportare disservizi di varia natura, impendendo a utenti interni ed esterni di utilizzare servizi e applicazioni nella maniera ottimale, proprio nel momento in cui invece dovrebbero funzionare al meglio, con possibili ripercussioni anche dal punto di vista della reputation. Al contrario, una coerente ed efficace strategia di Capacity Planning assicura un miglioramento dell’esperienza utente: la pianificazione abilita l’accessibilità a sistemi e applicazioni in qualsiasi momento, senza fastidiosi rallentamenti di sorta. Sul fronte interno, invece, un ulteriore beneficio è individuabile nel miglioramento della produttività: una impropria pianificazione delle risorse, in particolare il sottodimensionamento, porta inevitabilmente a un degrado delle prestazioni delle applicazioni aziendali utilizzate da dipendenti e collaboratori. Che, nel medio-lungo termine, provoca a sua volta delle ripercussioni negative dal punto di vista della produttività individuale.
L’approccio al Capacity Planning di Uno Informatica
Insomma, quando un’azienda affronta con serietà il Capacity Planning diventa in grado di gestire la sua infrastruttura IT in modo che funzioni al massimo delle prestazioni, utilizzando il minor numero di risorse in modo più efficiente, con un risparmio sui costi. L’importanza di questo processo è perfettamente nota a un system integrator come Uno Informatica, che ha messo a punto una esclusiva metodologia di Capacity Planning ribattezzata “UNO HyperSurf”, che consente di individuare le aree critiche dell’infrastruttura dei clienti finali e fornire preziose indicazioni sugli ambiti di miglioramento. In particolare, rispetto ad altre soluzioni disponibili sul mercato, Uno HyperSurf permette non soltanto di avere un’idea precisa sugli interventi da effettuare sull’infrastruttura in base alle criticità osservate, ma anche di individuare i colli di bottiglia delle diverse applicazioni. La logica è che il miglioramento delle prestazioni hardware sia relativamente semplice da ottenere, in primis attraverso un aggiornamento tecnologico, mentre invece risulta di norma più complicato comprendere per quale motivo certe applicazioni non rispondono come dovrebbero. Un problema che si è fatto rilevante soprattutto in tempi di architetture aperte, in cui lo scambio di dati tra applicazione è richiesto molto frequentemente. Grazie a Uno HyperSurf (costruito attorno a strumenti specifici di IBM di Application Performance Management ma arricchito da algoritmi di statistica descrittiva, inferenziale, parametrica e non parametrica sviluppati da Uno Informatica) diventa possibile far emergere correlazioni tra cause e effetti non altrimenti rilevabili e misurare anche i benefici ottenibili con specifiche azioni correttive identificando chiaramente le aree di intervento (p.e. DB, applicazioni, risorse elaborative e/o storage, connettività, …). Oltre ai suoi algoritmi proprietari, in questo tipo di progetti Uno Informatica ricorre spesso anche a IBM Spectrum Control, un tool software che consente il monitoraggio, l’automazione e l’analisi di ambienti di storage e server di più fornitori.